Dalle aule di scuola agli ambulatori di medici di famiglia e pediatri: a che punto siamo con i test rapidi?

Con la nuova ondata di contagi, strumenti diagnostici in grado di dare risultati in tempi brevi possono snellire il lavoro del personale sanitario ed evitare ingolfamenti nel sistema. Dalla Lombardia alla Sicilia, diverse amministrazioni regionali stanno acquistando kit da destinare ai medici di medicina generale e ai pediatri, nel frattempo il Governo ha pronti 5 milioni di test rapidi da distribuire soprattutto alle scuole.
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Kevin Ben Alì Zinati 15 Ottobre 2020
* ultima modifica il 04/08/2021

I test rapidi sono tra i protagonisti di questa seconda fase della pandemia. Quella, cioè, della convivenza con il virus e della nuova ondata di contagi da limitare e circoscrivere il più possibile. Ti abbiamo già raccontato cosa sono e come funzionano i test rapidi: si tratta di strumenti diagnostici molto simili agli ormai stranoti tamponi naso-faringei ma che, al contrario, possono dare risultati nel giro di pochi minuti anziché in giorni.

Avrai quindi intuito la loro portata: nonostante una precisione intorno all’80% riconosciuta dal Ministero della Salute, avere risultati veloci vuol dire evitare code ai drive through o le congestioni del sistema e allo stesso tempo significa aiutare anche le famiglie nella gestione degli isolamenti dei bambini e degli studenti (e dei genitori stessi) nel caso di un positivo tra i banchi.

La scuola è diventato uno dei potenziali regni dei test rapidi e nel frattempo diverse amministrazioni regionali ne stanno facendo richiesta. Se il copione pare dunque scritto, oggi abbiamo provato a chiederci come sta andando la realizzazione del film: fuor di metafora, abbiamo provato a capire a che punto siamo con i test rapidi.

Dallo Stato 

Nei giorni scorsi, durate la trasmissione “Mezz’ora in più” in onda su Rai3, il commissario per l’emergenza Domenico Arcuri ha spiegato che il Governo ha chiuso la gara per acquisire "5 milioni di test rapidi antigenici” che, secondo Arcuri, sarebbero stati acquistati al più tardi in dieci giorni: era l’11 ottobre, quindi entro il 20-21 qualcosa potrebbe muoversi. Il commissario aveva anche aggiunto che 39 imprese hanno risposto alla richiesta di offerta” e che quindi “oltre 100 milioni di test antigenici sono potenzialmente in condizione di essere acquisiti”. Numeri importanti che, secondo Arcuri, verranno messi a disposizione soprattutto dei medici di medicina generale.

Anche il nuovo Dpcm di ottobre aveva di fatto reso i test una realtà anche per gli ambulatori dei medici di famiglia e dei pediatri.

Le regioni 

Passando dal grande al piccolo, abbiamo provato a dare un’occhiata a come si stanno attrezzando le diverse regioni in fatto di test rapidi. Il Veneto del governatore Luca Zaia è l'apripista, fin dai mesi di aprile e maggio. La Regione ha infatti presentato un nuovo test rapido “dotato di procedure estremamente semplici, di pressochè nulla invasività, di altissima attendibilità, in grado di dare l’esito in dieci minuti, senza dover processare il tutto in laboratorio, ma operando con un tampone e un piccolo apparato in qualsiasi ambiente, compreso, in prospettiva, anche l’utilizzo in autosomministrazionesi legge nella nota.

Il test funzionerebbe così: si inserisce un tampone di piccole dimensioni nella fossa nasale (senza quindi doversi spingere fino ai dieci o dodici centimetri del tampone classico) e dopo averlo roteato brevemente in entrambe le narici viene inserito in una provetta, qui si scioglie l’antigene e il contenuto viene analizzato da un apparecchio, “del costo di circa mille euro”, che processa il tampone e ne dà l’esito in dieci minuti.

Il Veneto ha presentato un nuovo test rapido praticamente non invasivo e in grado di dare un esito in dieci minuti

Nel comunicato della regione veneta si legge l’intenzione di dotare del nuovo kit “i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta” che lo riceveranno gratuitamente. In questa direzione, lo scorso 6 ottobre, poi, il presidente Zaia ha anche presentato un accordo sulla base del  quale cinque Medicine di Gruppo Integrate eseguiranno i tamponi rapidi nei loro ambulatori.

Allargando l’orizzonte abbiamo scoperto che in Lazio sono arrivati a quota 92 i laboratori privati autorizzati ad eseguire il tampone rapido antigenico per rilevare i potenziali contagiati mentre in Puglia la Protezione civile avrebbe messo a punto l’acquisto e la distribuzione a diverse Asl di circa 60 macchinari per effettuare i test rapidi nelle scuole.

La Lombardia del governatore Attilio Fontana sarebbe pronta a mettere in campo in via sperimentale i test rapidi anche nelle scuole e nei pronto soccorso; la regione Sicilia, nelle ultime ore, attraverso il Policlinico Gaetano Martino ha emesso un bando per reperire personale sanitario, “medici specialisti, specializzandi, laureati abilitati, infermieri, biologi e biotecnologici ma anche operatori socio-sanitari”, per effettuare una campagna di screening regionale proprio con i test rapidi antigenici; in Liguria, invece, la possibilità dei test rapidi anche ai medici è al vaglio delle autorità sanitarie anche se dopo il primo incontro l’orientamento sembra voler escludere gli ambulatori in favore invece di spazi pubblici messi dove poter effettuare il test in totale sicurezza.

A scuola

Già lo scorso 30 settembre il Ministero della Salute aveva autorizzato l’utilizzo dei test rapidi come strumento di prevenzione nelle scuole. La strada per diventare realtà sembra lunga e quantomeno in salita perché vanno ancora strutturati protocolli che regolarizzino le procedure: chi, insomma, dovrà effettuare i test, in quali spazi e dove e come verranno elaborato i tamponi.

Prime prove e progetti pilota sono stati avviati in Veneto (ancora lui). All’Istituto Einstein di Piove di Sacco, in provincia di Padova, il personale della Ulss Euganea 6 ha sottoposto a indagine epidemiologica quattro classi di studenti con i tamponi rapidi individuando, su un totale di 93 studenti, ben 15 positivi.

Il diverse regioni i test rapidi antigenici sono pronti ad entrare direttamente nelle scuole

Da lunedì 26 ottobre, invece, in Emilia Romagna oltre 2 milioni di test rapidi verranno messi a disposizione delle scuole e negli ambiti lavorativi pubblici e privati a maggior rischio. L’obiettivo, si legge nella nota della Regione, è di aumentare ancora di più la capacità di screening e “poter svolgere velocemente verifiche estese (per esempio a un’intera classe) in presenza di positività e quindi ridurre al minimo possibili quarantene o i tempi di avvio di qualsiasi misura di tutela”.

In Toscana il governatore Eugenio Giani nella giornata di lunedì 12 ottobre ha firmato un’ordinanza che porterà di fatto i test rapidi tra i banchi di scuola: in caso di sospetto Covid-19, l’esito di un tampone o del test rapido sarà necessario poter effettuare l’attestato di rientro a scuola o al servizio educativo. Nell’ordinanza di Giani si leggono anche le indicazioni operative da seguire nei casi sospetti e che “se le condizioni cliniche lo consentono il tampone/test è effettuato presso i drive through, altrimenti è effettuato a livello domiciliare dalle USCA. Sulla base dell’evoluzione delle disposizioni nazionali sarà valutata la possibilità di eseguire i tamponi/test antigenici anche presso gli ambulatori dei Pediatri e dei Medici di Medicina Generale”.

In Friuli Venezia Giulia, invece, nei prossimi giorni è previsto l’arrivo di una dotazione di 40mila test rapidi. Lo hanno annunciato il vicegovernatore con delega alla Salute Riccardo Riccardi e dall'assessore all’Istruzione Alessia Rosolen. Se già i primi 5mila test erano stati messi a disposizione solo per le scuole, secondo le autorità anche l’ulteriore dotazione sembra indirizzata al comparto scolastico “in modo esclusivo”.

Una novità importante arriva invece dal Trentino Alto Adige. Grazie ad un accordo firmato nella giornata di mercoledì 14 ottobre con i rappresentanti sindacali di categoria, a breve i medici di medicina generale potranno eseguire tamponi rapidi antigenici nei propri studi e, in più, potrà prescrivere il test gratuitamente agli alunni e al personale scolastico delle scuole di ogni ordine e grado (inclusi nidi e materne), che presentano sintomi da almeno 1 giorno e da non più di 7 giorni.

Per ritornare dentro alla metafora con cui abbiamo iniziato, speriamo che il film sia un successo.

Fonti | Governo; Ministero della Salute

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