È morta Anna: è la prima cittadina italiana ad aver avuto accesso al suicidio assistito con il supporto del SSN

Anna è morta grazie al suicidio assistito ed è la prima volta in Italia che una donna completa la procedura grazie all’assistenza totale e diretta del Servizio sanitario nazionale, che le ha fornito la strumentazione, il farmaco letale e anche il medico che, su base volontaria, ha supervisionato il procedimento.
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Kevin Ben Alì Zinati 12 Dicembre 2023
* ultima modifica il 12/12/2023

È passato un anno ma alla fine Anna ce l’ha fatta: lo scorso 28 novembre è morta dove voleva, a casa sua, a Trieste, e come voleva, con l’autosomministrazione di un farmaco letale.

Anna è quindi la prima cittadina italiana ad aver completato la procedura prevista dalla Consulta con la sentenza Cappato/Antoniani per il suicidio assistito grazie all’assistenza totale e diretta del Servizio sanitario nazionale.

La strumentazione e il farmaco letale le sono stati forniti dal SSN, così come il medico – individuato dall’azienda sanitaria triestina – che su base volontaria ha provveduto a darle tutto il supporto necessario: dunque senza intervenire direttamente nella somministrazione della sostanza.

suicidio assistito

Dietro al suo nome, di fantasia per tutelare la sua privacy, c’era una donna di 55 anni affetta da sclerosi multipla secondariamente progressiva dal 2010 che il 4 novembre del 2022 aveva fatto richiesta di verifica delle sue condizioni per accedere al suicidio assistito.

A distanza di 12 mesi, la sua volontà è stata accolta e rispettata. E la sua storia è destinata a cambiarne tante altre, di storie, perché Anna è anche la prima italiana malata che ha visto riconoscere l’assistenza continua alla persona come assistenza vitale, così come la dipendenza meccanica non esclusiva garantita attraverso l’impiego di supporto ventilatorio (CPAP) nelle ore di sonno notturno.

L’Associazione Luca Coscioni, che come sempre in questi casi ha seguito da dentro la vicenda, ha sottolineato dunque come risulti “non fondato e paradossale” il rifiuto riservato, invece, a Sibilla Barbieri, anch’essa dipendente da trattamenti vitali ma costretta a recarsi in Svizzera per accedere al suicidio assistito.

“Per la prima volta inoltre in Italia una persona ha avuto accesso all’aiuto alla morte volontaria interamente nell’ambito del Servizio sanitario pubblico a seguito dell’ordine di un Giudice”, ha spiegato Filomena Gallo, avvocata e Segretaria dell’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica, che coordina il collegio legale di studio e difesa.

Gallo infatti ha spiegato che per ottenere il rispetto della sua volontà e l’applicazione della sentenza Cappato Anna ha dovuto rivolgersi alla giustizia civile e penale, depistando personalmente e quindi con grande fatica l’esposto contro l’Asugi ai Carabinieri e partecipando in persona alla prima udienza civile in Tribunale a Trieste.

Prima che le sue volontà venissero rispettate, Anna ha voluto lasciare un messaggio:

“Anna” è il nome che avevo scelto e, per il rispetto della privacy della mia famiglia, resterò “Anna”. Ho amato con tutta me stessa la vita, i miei cari e con la stessa intensità ho resistito in un corpo non più mio. Ho però deciso di porre fine alle sofferenze che provo perché oramai sono davvero intollerabili. Voglio ringraziare chi mi ha aiutata a fare rispettare la mia volontà, la mia famiglia che mi è stata vicina fino all’ultimo. Io oggi sono libera, sarebbe stata una vera tortura non avere la libertà di poter scegliere.

Anna è la terza persona seguita dall'associazione Coscioni ad accedere al suicidio assistita in Italia, la quinta ad aver avuto il via libera e la prima in Friuli Venezia-Giulia.

Fonte | Associazione Luca Coscioni

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