Emanuela e quel tumore al seno che le ha permesso di realizzare un sogno

Il tumore al seno entra all’improvviso nella sua vita, quando Emanuela ha solo 28 anni. Lei lo affronta con coraggio, con un intervento di mastectomia radicale e una cura sperimentale. Oggi ringrazia i ricercatori Airc, che le hanno permesso di vivere di nuovo (e nel modo migliore).
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Gaia Cortese 12 Settembre 2019

Avere la possibilità di scegliere il proprio futuro, non è una cosa così scontata. Può esserlo per chi gode di ottima salute e può “fare progetti”, per chi ha da mangiare ogni giorno, per chi è nato e cresciuto in una parte del mondo in cui i diritti umani come l’istruzione e la sanità sono garantiti. No, non è così scontato poter scegliere il proprio futuro. E probabilmente la vita decide un po’ per noi. Ti mette i bastoni tra le ruote, ti sfida, per poi permetterti di superare le difficoltà che ti ha presentato. E forse, se non fosse stato per quella diagnosi di tumore al seno, Emanuela non avrebbe cambiato radicalmente la sua vita per fondare una onlus impegnata a promuovere l’istruzione e la tutela dei diritti delle donne e dei bambini in India.

Incontro Emanuela Sabbatini a Milano, in occasione della presentazione della Breast Cancer Campaign proposta da The Estée Lauder Companies, in partnership con Airc. Rientrata da qualche ora dall’India, Emanuela è infatti qui nel ruolo di testimonial per Airc.

Ha 42 anni e dedica tutta la sua vita alla Onlus da lei fondata nel 2012, l’AFLIN (Filo di Luce India Onlus). Ma non è stato sempre così. Quando Emanuela aveva 28 anni lavorava in una multinazionale americana e tutto sembrava filare liscio, finché un giorno non le viene diagnosticato il tumore al seno.

“Una diagnosi di tumore al seno è qualcosa di difficile da accettare, soprattutto se hai soltanto 28 anni. E comunque non si è mai preparati, semplicemente perché non te lo aspetti – racconta Emanuela -. Era un tumore molto raro. Ho preso la decisione di sottopormi ad una mastectomia radicale, perché non accettavo e non volevo più quella parte di me che si era ammalata. Così, dopo un intervento chirurgico tempestivo, è stato solo grazie al lavoro dei ricercatori se ho avuto la possibilità di sottopormi a una cura sperimentale, che fosse adatta al mio caso”.

Il tumore al seno che ha colpito Emanuela oggi fa ormai parte del suo passato. Le chiedo quali siano state le più grandi difficoltà da superare, i momenti più critici; lei mi risponde, ma mentre racconta ciò che le è accaduto, riesce a sorridere sempre e anche a riderci sopra.

“La verità è che non sono mai stata veramente male. Ero come scissa in due persone. C’era Emanuela che era malata, ed io dovevo aiutarla. Posso solo spiegarlo così. Ero completamente distaccata dalla malattia. Avevo dei capelli lunghissimi e quando ho iniziato a perderli, ho deciso di rasarmi completamente: mi sono creata un look nuovo, anche nell’abbigliamento, e mi piacevo anche molto!".

Lo yoga, la famiglia e quelle cene a sorpresa

"In quei mesi di cure, lo yoga mi ha aiutato moltissimo. È stato un compagno di avventura. Praticavo ogni giorno e farlo mi aiutava ad affrontare la malattia. E poi c’erano, gli amici e la famiglia. A casa mi preparavano delle cene a sorpresa, ogni sera. Insomma, impossibile perdere l’appetito, anche se poi c’erano dei sapori che non sopportavo proprio come l’origano e il rosmarino, che tra l’altro non mangio neppure più!”

"Dovevo in qualche modo restituire, quello che mi era stato dato".

"Ero però consapevole che quell’esperienza “speciale” potesse cambiare qualcosa nella mia vita, e così è stato – spiega Emanuela -. Dovevo in qualche modo restituire, quello che mi era stato dato. Il percorso della terapia e poi la guarigione avevano reso possibile la mia vita".

Un nuovo obiettivo in India

"La passione per lo yoga e per l’Oriente mi hanno portato nel 2009 in India – continua Emanuela -. Ho ho sentito fin da subito che quella terra mi apparteneva e che dovevo fare qualcosa in più. Arrivata a Pushkar, la mia insegnante di filosofia Indiana mi ha presentato una Fondazione per l’istruzione delle bambine indiane e da quel momento ho iniziato a collaborare con loro. Nel 2013 ho coinvolto quattro amici ed è nata l'Onlus AFLIN".

"La malattia cambia la vita. Ne comprendi inevitabilmente il valore e comprendi l’importanza di dare supporto a chi ne ha bisogno – conclude Emanuela -. Oggi trascorro almeno sei mesi all’anno in India con l'unico scopo di garantire l’istruzione alle bambine e alle donne di questa parte del mondo, che vivono in contesti familiari difficili, che non hanno diritto alla scuola e che non hanno accesso a condizioni sanitarie assolutamente necessarie, come dei normalissimi servizi igienici.