Farmaci equivalenti: cosa sono, quanto costano e in cosa si differenziano dagli altri

Sono uguali a quelli che conosciamo ma costano molto meno. Hanno lo stesso principio attivo ma nomi diversi. Possono essere messi in vendita molto tardi ma fanno risparmiare molti soldi al Servizio Sanitario Nazionale. Si chiamano generici o equivalenti, e sono quei medicinali che possono entrare in commercio soltanto dopo che il brevetto del principio attivo è scaduto.
Entra nel nuovo canale WhatsApp di Ohga
Sara Del Dot 17 Febbraio 2019
* ultima modifica il 09/09/2020

A volte, dopo aver fatto una visita medica, può capitare che ti venga prescritto un farmaco definito come “equivalente”. Se non sai di cosa si tratta non allarmarti, perché è qualcosa che sicuramente conosci già. Chiamati anche “generici”, gli equivalenti sono dei farmaci “fotocopia” di quelli che siamo abituati a conoscere, con la differenza che possono essere messi in commercio soltanto dopo che è scaduto il brevetto degli originali. E no, questo non significa che siano farmaci “tarocchi”.

Mi spiego meglio. Secondo la legge che li regola, il decreto legislativo 219/2006, si tratta di medicinali che hanno lo stesso identico principio attivo di quelli “classici” (chiamati originators), con la stessa concentrazione, la stessa forma farmaceutica e le stesse indicazioni. In pratica, sono identici al farmaco di riferimento e dal punto di vista terapeutico vengono utilizzati allo stesso modo. L’unico problema è che possono essere commercializzati, quindi venduti e acquistati, soltanto dal momento in cui gli originators non sono più coperti da brevetto. Inoltre, non posso portare lo stesso nome del farmaco originale ma devono utilizzare il nome del principio attivo. Un esempio potrebbe essere il paracetamolo. Ma capiamo meglio questo passaggio.

Questione di brevetto

Il brevetto del principio attivo è ciò che impedisce a un farmaco equivalente (o generico) di essere messo in commercio. Quando un principio attivo viene scoperto per la prima volta da un’azienda farmaceutica, gli viene dato un nome e viene subito brevettato. Finché coperto da brevetto, questo principio attivo non può essere replicato, e quindi un medicinale identico  (bioequivalente) a quello originale non può essere venduto. Una volta che il brevetto scade, l’equivalente prodotto da qualunque altra azienda, naturalmente autorizzata e certificata dall’Agenzia italiana del Farmaco con i dovuti controlli, può entrare in commercio ed essere venduto e acquistato con tutti i vantaggi che ne conseguono. E quali sono questi vantaggi?

Differenze tra farmaci originali e farmaci equivalenti

Dal punto di vista farmacologico e terapeutico, tra i farmaci originali e i loro equivalenti non c’è nessuna differenza. L’Agenzia italiana del Farmaco, una volta che ne autorizza la vendita, si occupa anche di garantirne la sicurezza e le caratteristiche, che sono le stesse di quello da cui derivano. Le differenze che possono esserci nella composizione del medicinale possono riguardare gli eccipienti, ovvero quegli additivi necessari a indirizzare meglio la funzione del principio attivo, oppure la tecnologia farmaceutica utilizzata.

Tuttavia, l’unica distinzione sostanziale tra le due versioni riguarda, senza dubbio, il costo. Rispetto a quello di marca, infatti, se acquisti l’equivalente spenderai come minimo il 20% in meno, dal momento che la sua vendita non deve compensare i costi di ricerca (che è già stata fatta per l’originator e non va replicata) o di promozione (che non è necessaria perché il nome del principio attivo è già noto a tutti). La conseguenza di questa situazione è, solitamente, un abbassamento generale anche del prezzo dell’originator, che deve quindi allinearsi con la competitività del suo nuovo, identico rivale. Non a caso, la messa in commercio degli equivalenti ha permesso al Ministero della Salute di risparmiare più di un miliardo di euro.

Fonte| Camera dei deputati

Le informazioni fornite su www.ohga.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.