
Attendere l’arrivo di qualcuno o di qualcosa è sempre molto emozionante. Che sia un amore o il treno per raggiungere una destinazione di vacanza, l’ansia dell’attesa l’abbiamo provata un po’ tutti. Non esiste una parola in italiano, ma anche in inglese, che descriva questa emozione. C’è però in Inuit, lingue eschimo-aleutine, parlate dalla “gente” della Groenlandia (si può dire anche yuit in siberiano e in alcuni dialetti dell'Alaska) e in particolare dagli eschimesi.
Iktsuarpok significa la frustrazione di aspettare che qualcuno si presenti. Fisicamente si traduce con il controllare spesso la porta e agitarsi mentre si aspetta che qualcuno arrivi a casa o guardare l’orologio, per verificare l’ora, dopo aver ordinato una pizza e si ha tanta fame.
Questo termine, così particolare, è particolarmente significativo in una società altamente tecnologica. Internet ha completamente azzerato i tempi di attesa. Una volta le persone erano abituate ad aspettare per esempio l’appuntamento settimanale per vedere il proprio programma preferito, che la radio desse la canzone del cuore o di incontrare l’amico, dopo aver fissato un appuntamento sentendosi con il telefono fisso, una volta, la settimana prima. Oggi tutto questo non ha più senso: è normale saltare la coda, con i fast track o i pagamenti digitali, saltare la pubblicità o i riassunti dei programmi della paytv e continuare a mantenersi in contatto con gli sms e i social.
È possibile provare un'emozione del genere in un'epoca di comunicazione elettronica ? Forse una manifestazione di iktsuarpok si prova quando scrolliamo il nostro smartphone più e più volte, controllando una notifica che non è ancora arrivata.
Questa forma "buona" di ansia si sposa con FOMO, termine nato come abbreviazione di fear of missing out (paura di perdersi qualcosa), che non è propriamente una paura. Non è un'anticipazione nervosa che qualcosa sta per succedere, come con Iktsuarpok. Al contrario, è la sensazione che qualcosa, da qualche parte, potrebbe non accaderti.
È culturalmente significativo che questo acronimo sia diventato un termine emozionale a sé stante negli anni dei social media. Con la creazione di una nuova aspettativa di performance sociale, affinché gli altri possano essere spettatori di vite perfette in realtà costruite a favore di smartphone, la FOMO è diventata una corsa disperata e infelice per trovare il posto felice dove tutti sembrano esserlo.
Questo castello di carta sta iniziando a crollare e sono sempre più frequenti le store di coppie apparentemente solide che chiedono il divorzio, di madri con account Instagram pieni di foto meravigliose delle loro splendide famiglie arrestate per abusi sui minori, di suicidi di giovani noti per i loro flussi di foto in cui si divertivano con gli amici.