Immunoterapia: contro il tumore al colon-retto potrebbe arrivare il nuovo metodo Predator

Come un aereo militare telecomandato controlla i territori ostili, senza l’aiuto di un pilota a bordo, così anche i linfociti T dovranno essere educati per riconoscere e contenere il tumore. Questo è lo scopo di un lavoro di ricerca che durerà tre anni e che sarà portato avanti dal biologo Carmine Carbone al Policlinico Gemelli di Roma.
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Giulia Dallagiovanna 22 Agosto 2019
* ultima modifica il 22/09/2020

Solo nel 2018 sono stati diagnosticati circa 51mila nuovi casi e ogni anno sono in media 53mila le persone che si ammalano di cancro al colon-retto. Questa neoplasia, per la quale al momento non esiste ancora una cura definitiva, è la seconda più comune nelle donne dopo il tumore al seno e la terza negli uomini, dove l'incidenza è inferiore solo a quella di carcinoma al polmone e alla prostata. Al momento, le speranze di sopravvivenza sono strettamente legate ai tempi impiegati per arrivare a una diagnosi. Su Ohga ti avevamo già parlato di un nuovo esame basato sui batteri del tuo intestino.  Al Policlinico Gemelli di Roma, però, il biologo molecolare Carmine Carbone potrebbe aver imboccato la strada giusta per formulare una terapia efficace. La ricerca vera e propria deve ancora essere approfondita e nel complesso si prevedono tre anni di lavoro, ma il mondo della medicina guarda con fiducia e interesse questa scoperta.

Una scoperta che ha anche un nome originale: si chiama Predator, e se sei un appassionato di aerei militari, avrai probabilmente afferrato al volo il concetto. Così come questi mezze teleguidati e senza pilota a bordo vengono impiegati per ricognizioni e controlli nei territori ostili, Carbone pensa di utilizzare i linfociti T per riconoscere e contenere il tumore. Di nuovo, siamo nel campo dell'immunoterapia, della quale ti abbiamo parlato diverse volte.  Si cerca cioè di educare e potenziare gli anticorpi già presenti nel corpo umano affinché siano loro stessi a combattere il cancro.

Verrà creato un database con miniature in 3d

Per arrivare a sviluppare una vera e propria terapia, verrà creata una piattaforma, che si chiamerà Avatar, dove saranno catalogate e analizzate le caratteristiche anatomiche e genetiche di tutti i sottotipi di cancro al colon-retto. Un gigantesco database dove saranno presenti anche miniature in 3d con e stesse proprietà dei campioni di tessuti prelevati ai pazienti. Su questi frammenti verranno testati i linfociti T potenziati, per capire se e come reagiscano alle cellule maligne.

Si capirà quindi come devono essere educati questi globuli bianchi affinché risultino efficaci contro una massa tumorale. Il materiale sul quale lavorare arriverà direttamente dal Policlinico Gemelli, dove ogni anno vengono trattati circa mille casi di neoplasia al colon retto e dove, quindi, è più facile individuare tutte le possibili forme in cui si esplicita questa patologia. Si aspettano dunque i risultati di una ricerca che, grazie a premi e borse di studio, si riesce a portare avanti anche in Italia.

Fonte| Policlinico Gemelli

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