famiglia di cinghiali

La Regione Lombardia vuole pagare chi uccide le femmine di cinghiale

Che la peste suina africana sia un problema è un dato di fatto; che la soluzione sia quella di premiare chi uccide i cinghiali, come ha stabilito la Regione Lombardia, sembra, però, più un regalo alla lobby venatoria che un concreto passo in avanti.
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Roberto Russo 8 Marzo 2023

Cento euro per ogni femmina di cinghiale "adulta e subadulta" abbattuta nei territori dell'Oltrepò pavese e 50 euro per ogni femmina uccisa nei restanti comuni della provincia di Pavia. Regione Lombardia, con una delibera della Direzione Generale del Welfare, ha messo una taglia sui cinghiali, allo scopo, sostiene, di ridurre il rischio di diffusione della peste suina africana. Risulta “prioritario definire azioni sanitarie per ridurre il rischio di diffusione della peste suina africana nelle popolazioni di cinghiali”. Questo per “limitare la possibilità che l’infezione si propaghi nelle zone lombarde della Pianura Padana ad altissima vocazione suinicola”. Ma è davvero questo l'unico modo per scongiurare l'epidemia?

Cosa è la peste suina africana

Ora, che la peste suina africana sia un problema è un dato di fatto. Come abbiamo già avuto modo di spiegare, questa malattia “è una infezione virale che colpisce i suini domestici e selvatici, non trasmissibile all’uomo”.

Lo bene spiega il Ministero della Salute: “È una malattia altamente infettiva e spesso mortale per gli animali colpiti, sostenuta da un virus della famiglia Asfaviridae, genere Asfivirus. Questo virus è incapace di stimolare la formazione di anticorpi neutralizzanti, fattore che rende estremamente complicata la preparazione di un vaccino”.

Il problema, però, è soprattutto economico: se la peste raggiunge gli allevamenti di suini, gli animali non potranno più essere utilizzati per produrre reddito. E nei sistemi intensivi le infezioni si diffondono molto più rapidamente.

La caccia non è la soluzione

Ma siamo certi che favorire l'uccisione delle femmine di cinghiale sia la soluzione? Come fa giustamente notare Piera Rosati, presidente di Lega Nazionale per la Difesa del Cane Animal Protection, la decisione della Lombardia sembra più un ulteriore regalo ai cacciatori che una misura seria.

Tra l'altro, grazie proprio all'uccisione delle femmine, la situazione potrebbe addirittura peggiorare e lo spiega la stessa Rosati: ‘“Numerosi studi scientifici attestano che l’uccisione della matriarca può far aumentare esponenzialmente la popolazione di cinghiali”. Questo perché la matriarca, attraverso una serie di messaggi ormonali, può regolare la sincronizzazione dell'estro delle giovani femmine. Venendo a mancare lei, si avrebbe una “destrutturazione del branco, con la conseguente dispersione dei giovani e la formazione di nuovi branchi con l’ulteriore conseguenza dell’anticipazione del periodo fertile dei soggetti giovani”. Per dirla in altre parole: si va ad aumentare il tasso riproduttivo dei cinghiali.

Del resto è sotto gli occhi di tutti la realtà: i cinghiali vengono cacciati da decenni ma continuano a proliferare, proprio perché come specie si adatta in modo da aumentare il proprio tasso di riproduzione per contrastare lo sterminio che l’uomo cerca di attuare. E invece di trovare nuove soluzioni, che si fa? Li si uccide! Come sostiene Piera Rosati “sarebbe il caso che le istituzioni trovassero soluzioni alternative per convivere pacificamente con questi e tutti gli altri animali selvatici”. Ma è forse più facile trovare palliativi e assecondare la logica del profitto, invece che lavorare per una soluzione che faccia bene a tutti.