La storia di Alaa Abdel-Fattah: il suo sciopero della fame mostra come l’Egitto non rispetti i diritti umani

L’uomo è in sciopero della fame da oltre 200 giorni e dall’inizio della Cop27 ha smesso anche di assumere liquidi: sta protestando per le migliaia di persone detenute ingiustamente (come lui).
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Gianluca Cedolin 15 Novembre 2022

In attesa (speriamo) di qualche risultato concreto sul fronte della lotta globale alla crisi climatica, una delle storie per cui ricorderemo questa Cop27 di Sharm el-Sheikh è molto amara, e riguarda l'attivista egiziano-britannico Alaa Abdel-Fattah, che dall'inizio della Conferenza ha intensificato il suo lungo sciopero della fame.

Da oltre 200 giorni Fattah, 40 anni (la foto di copertina risale a prima dello sciopero), assumeva solo 100 calorie al giorno, il necessario per restare in vita ma portare avanti la sua protesta contro il regime del dittatore egiziano Al Sisi, ma dall'inizio della Cop27 ha deciso di interrompere anche quell'alimentazione, arrivando al digiuno più estremo, quello senza liquidi.

Secondo Repubblica, è diventato famoso come attivista durante la rivolta che nel 2011 ha portato alla caduta di Mubarak, e negli ultimi dieci anni è stato quasi sempre in prigione. In particolare, ora sta scontando una condanna a cinque anni con l'accusa di aver diffuso notizie false per avere ritwittato nel 2019 la notizia della morte di un altro detenuto in custodia.

In Egitto decine di migliaia di persone sono detenute con motivazioni pretestuose, a fini politici, e la prigionia di Alaa Abdel-Fattah è diventata uno dei simboli della repressione autocratica di Al Sisi.

Nonostante un'immensa forza d'animo stia continuando a sostenerlo, le sue condizioni di salute sono peggiorate negli ultimi giorni. Le autorità nei giorni scorsi lo hanno messo sotto intervento medico, come ha detto la sorella Sanaa Seif (al centro nella foto che vedi sotto) durante la Cop27, che ha riportato le parole dette dagli agenti penitenziari del carcere vicino al Cairo dov'è detenuto (senza che i parenti possano vederlo).

Questo intervento medico purtroppo non è un atto umanitario del regime egiziano, anzi. Si tratta di un'alimentazione forzata che sì mantiene in vita l'attivista, ma è stata definita da Human Right Watch un «trattamento crudele, disumano e degradante», scrive sempre Repubblica.

La procura del Cairo dice che Fattah è in buona salute, ma nel frattempo il ministro dell'Interno ha proibito all'avvocato di far lui visita, appigliandosi a un cavillo sulla data del permesso di visita. La sorella Sanaa Seif è arrivata alla Cop27 di Sharm el-Sheikh da Londra, dove vive (entrambi sono cittadini sia egiziani sia britannici) per cercare di far pressione sui leader del mondo affinché chiedano la liberazione del fratello, accusandoli di avere le mani sporche di sangue perché non stanno facendo niente per spingere l'Egitto a fare passi avanti (nonostante in molti ne abbiano chiesto pubblicamente la liberazione).

In tutta risposta la donna ha ricevuto una denuncia da parte di un avvocato filogovernativo, che la accusa, tra le altre cose, di cospirazione contro lo Stato. Se la procura del Cairo accoglierà la denuncia, anche lei rischierebbe l'arresto. Ma d'altronde in Egitto, il paese che sta ospitando l'importantissima conferenza sul clima, ogni minimo dissenso socio-politico viene represso con la forza, e sappiamo bene come non possa esistere giustizia climatica senza libertà e giustizia sociale.