L’antibiotico-resistenza è una falla da arginare con urgenza, il dottor Rizzardini: “Serve un cambio di cultura su questi farmaci, da parte di tutti”

Secondo il direttore del reparto di Malattie Infettive dell’ospedale Sacco di Milano, la sempre maggior resistenza dei batteri ai farmaci mirati alla loro distruzione è un fenomeno che non possiamo più permetterci di sottovalutare.
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Kevin Ben Alì Zinati 14 Aprile 2022
* ultima modifica il 14/04/2022
In collaborazione con il Dott. Giuliano Rizzardini Direttore del reparto di Malattie Infettive 1 dell'ospedale Luigi Sacco di Milano.

Se visualizzassi il sistema sanitario globale come una grande e solida diga, l’antibiotico-resistenza avrebbe le sembianze di un crepa. Una spaccatura nel duro cemento che negli anni, sotto la pressione martellante dell’acqua dall’altra parte, si è allargata fino a diventare quello che è oggi: una falla che urge tappare.

Ciò che potrebbe concretamente fuoriuscire da quel muro, in caso non riuscissimo a rappezzarlo, non ci piacerà affatto. “Oggi l’antibiotico resistenza provoca 700mila morti all’anno nel mondo ma la prospettiva è ancora più drammatica perché entro il 2050 potremmo arrivare a 10 milioni di decessi all’anno. Più di quanti non ne facciano i tumori”.

Le parole del dottor Giuliano Rizzardini, direttore del reparto di Malattie Infettive 1 dell’ospedale Luigi Sacco di Milano, non vogliono spaventare né allarmare. Questi mesi di convivenza con Sars-CoV-2, come già il Climate Change, ci hanno insegnato (o avrebbero dovuto farlo, perlomeno) che il terrore non è lo strumento giusto per sensibilizzare e portare le persone verso atteggiamenti più virtuosi.

Servono piuttosto la condivisione delle informazioni e la consapevolezza dell’esistenza di un problema, dei suoi contorni, delle sue origini e di cosa ciascuno di noi può fare per contrastarlo. Parlando dell’antibiotico-resistenza come quella che “secondo molti, potrebbe diventare la prossima pandemia”, il dottor Rizzardini vuole quindi innescare quella presa di coscienza che possa evitarci quanto accaduto con Sars-CoV-2, quando seppur consapevoli ci siamo comunque fatti trovare impreparati.

I 700mila morti annui dell'antibiotico-resistenza potrebbero diventare 10 milioni entro il 2050: più di quelli per tumore

Dott. Giuliano Rizzardini, direttore Malattie Infettive Sacco di Milano

Certo: l’antibiotico resistenza è un fenomeno naturale, una strategia di difesa e sopravvivenza che ogni microrganismo innesca di fronte ad agenti esterni mirati al solo scopo di distruggerli e con cui dobbiamo inevitabilmente fare i conti.

Se ci rifletti, però, la capacità dei batteri di resistere all’azione degli antibiotici ha anche una forte matrice antropica e rappresenta un altro esempio di come l’immane difficoltà che affrontiamo nel conquistare un traguardo (sanitario, in questo caso) sia pari soltanto alla facilità con cui rischiamo di annullarlo.

A partire dalla seconda metà del XX, secolo la scoperta degli antibiotici ha infatti rivoluzionato la cura e la prevenzione delle infezioni e delle malattie infettive. Insieme al controllo dell’acqua potabile e alle vaccinazioni, è stato uno dei pilastri su cui abbiamo eretto la medicina moderna, la nostra diga, e quindi il nostro futuro.

Ad un certo punto però abbiamo cominciato a farne un cattivo uso, contribuendo così alla diffusione dell’antibiotico-resistenza. “Basti pensare a tutte le volte che in totale autonomia scegliamo di utilizzare un antibiotico anche quando non serve, come nel caso dell’influenza che è una malattia virale. E in Italia siamo tra i paesi peggiori in tutta Europa a farlo”. 

Secondo molti, la resistenza dei batteri agli antibiotici potrebbe diventare la prossima pandemia

Dott. Giuliano Rizzardini, direttore Malattie Infettive Sacco di Milano

Secondo il dottor Rizzardini, l’uso sbagliato di questi farmaci non riguarda soltanto la gente comune, in minima parte «giustificata» dalla mancanza di una cultura medico-scientifica: “Coinvolge anche i medici stessi. Ne fanno un uso incongruo sia alcuni medici di medicina generale, che per l’influenza danno l’antibiotico ai pazienti, sia da parte degli ospedalieri, che ne utilizzano in quantità eccessive”. 

Per non parlare poi dell’ambito veterinario, delle pratiche di zootecnia e di agricoltura il cui abuso sfrenato favorisce l’emergere, la proliferazione e la diffusione dei ceppi batterici sempre più resistenti ai farmaci.

Il paradosso, sulla stessa farla riga di quanto vediamo con il cambiamento climatico, è che l’antibiotico-resistenza nata dalla nostra voglia di prosperità e sviluppo si traduce in conseguenze pesanti, pesantissime per l’uomo. “Nel momento in cui abbiamo un paziente che si presenta con un’infezione causata da un germe multiresistente lo sottoponiamo a cicli di cure antibiotiche ma molto spesso capita che non siano i farmaci più efficaci. Quindi il paziente continua a progredire con la sua situazione finché, purtroppo, in molti casi muore”. 

In Italia siamo tra i paesi peggiori in tutta Europa per un utilizzo improprio dei farmaci antibiotici

Prof. Giuliano Rizzardini, direttore Malattie Infettive Sacco di Milano

Quei molti casi te li ho riassunti prima: 700mila decessi annui legati solo alla resistenza dei batteri agli antibiotici. “In un recente rapporto, la Banca Mondiale mostrava che questi decessi potrebbero facilmente aumentare sfondare quarta 10 milioni arrivando, nella migliore delle ipotesi, all’1-1,1% di perdita del prodotto interno lordo mondiale che però potrebbe anche salire fino quasi al 4%. Quindi un aspetto drammatico ha continuato il direttore del reparto di Malattie Infettive 1 del Sacco di Milano.

Che fare, dunque? Di certo non possiamo prescindere dalla ricerca scientifica e dalla scoperta di nuovi farmaci in grado di bypassare le strategie difensive dei batteri più resistenti. Una strada necessaria, seppur difficile e impervia visto che secondo il dottor Rizzardini sarebbe rimasta bloccata per diversi anni. “È molto più facile per le aziende farmaceutiche concentrarsi sulla ricerca di farmaci per le patologie croniche, anche perché quelle causate dai microbi sono limitate nel tempo e quindi non è molto vantaggioso sviluppare farmaci di questo tipo”.

I comportamenti virtuosi tuttavia possono (e devono) arrivare anche «dal basso». Da noi, per esempio: lavandoci più spesso le mani, perché “molti dei germi resistenti vengono trasportati fuori dall’ospedale dalle mani sporche o dei parenti che toccano il congiunto e poi toccano qualcun altro”, cercando di acquistare prodotti che arrivano da "animali non trattati pesantemente con antibiotici ma da filiere più protette e controllate e limitando l’uso ingiustificato di questi farmaci.

L’antibiotico-resistenza però, ha concluso il dottor Rizzardini, si combatte (e si vince) anche con un cambio di cultura. “Devono ragionare per l'uomo e l'ambiente sia i veterinari quando utilizzano gli antibiotici sui loro animali sia noi medici, che siamo chiamati a somministrarlo quando serve e non il contrario. In fondo l’antibiotico non è un antipiretico, è un farmaco con un’indicazione d’uso precisa. Bisogna usare l’antibiotico giusto per il paziente giusto una volta che è stata fatta la diagnosi giusta”.

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