Le parole sono pesanti: sui vaccini l’informazione ha fallito

Leggerezza nell’uso delle parole. Una tentazione alla quale non bisogna cedere. Ema e Aifa ancora non si sono pronunciate sui casi di trombosi e di decesso, ma i termini “AstraZeneca”, “paura” e “morte” sono stati accostati sui titoli di tantissimi quotidiani. E hanno prodotto danni.
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Giulia Dallagiovanna 18 Marzo 2021

"AstraZeneca, paura in Europa", "Scoppia il caso AstraZeneca", "Morti sospette, stop AstraZeneca". Questi titoli li hai letti sicuramente. Stavano proprio lì, nella prima pagina dei più importanti quotidiani nazionali. Ema e Aifa ancora non si sono pronunciate sui casi di trombosi e di decesso, ma i sostantivi "AstraZeneca", "morte" e "paura" sono stati accostati con leggerezza. Senza pensare al loro valore. Al punto dallo sfiorare il ridicolo: "Taranto, donna investita dopo aver ricevuto il vaccino".

Qual è il lavoro di un giornalista? Informare, utilizzando le parole. Se non si maneggia quest'arma nel modo corretto, non si sta facendo bene il proprio lavoro. Giusto dare la notizia del blocco all'utilizzo dei vaccini di AstraZeneca. Sbagliato cavalcare o, peggio ancora, fomentare l'onda emotiva. In ambito scientifico, le emozioni non sono un dato statisticamente rilevante.

Ma fanno danni. In diverse regioni decine di migliaia di prenotazioni sono state cancellate. Per la "paura" di "morire" per colpa del vaccino di "AstraZeneca". E questa è la misura del valore delle parole. Va detto che i due comunicati discordanti che l'Aifa ha emanato nel giro di poche ore hanno contribuito senza dubbio all'aumento del panico.

Non sappiamo ancora nulla della relazione tra vaccino e trombosi. E se si fosse trattato di tragiche coincidenze? Chi farà tornare la fiducia nella popolazione? I giornali? A ottobre i titoli recitavano "Brasile, persona morta: era un volontario nella sperimentazione di AstraZeneca". Salvo poi scoprire che non aveva mai ricevuto nessuna dose. Siamo nel mezzo di una pandemia, non possiamo permetterci il lusso di creare allarmismi sull'unico strumento che abbiamo per uscirne.

Siamo tutti sfiniti da un anno di pandemia e lockdown: non possiamo accettare questa leggerezza

Anche noi ci siamo preoccupati. Per questo motivo abbiamo preferito chiedere al professor Abrignani, immunologo e neoeletto membro del Cts, di aiutarci a capire cosa stesse accadendo. E abbiamo poi raccolto con calma i dati a disposizione per cercare di mettere ordine nello smarrimento che si era generato. Fonti autorevoli, non emozioni.

Dopo quest'ultimo anno siamo sfiniti, ognuno per ragioni diverse. Non possiamo cedere alla tentazione della leggerezza e i nostri lettori non lo possono accettare. Durante il primo lockdown, le edicole erano rimaste aperte. L'informazione è un servizio essenziale, si era detto. Noi ci eravamo guardati in faccia e ci eravamo fatti una promessa "dobbiamo meritarcelo". La domanda è: l'abbiamo rispettata?

Sono Laureata in Lingue e letterature straniere e ho frequentato la Scuola di giornalismo “Walter Tobagi” di Milano. Mi occupo principalmente altro…