L’FDA potrebbe approvare l’uso dell’ecstasy in terapia entro la fine del 2023: a quali domande bisogna rispondere prima

L’impiego di MDMA sarebbe destinato ai pazienti con disturbo da stress post-traumatico, sulla base dei risultati di due trial clinici. In Australia, questa sostanza ha già ricevuto l’ok assieme all’uso di psilocibina per la depressione farmaco resistente. Gli allucinogeni rappresentano una speranza concreta nel trattamento dei disturbi ansioso-depressivi, ma restano ancora diverse questioni aperte.
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Giulia Dallagiovanna 30 Maggio 2023
* ultima modifica il 30/05/2023

Potrebbe essere questione di mesi, non più di anni. L'FDA potrebbe presto approvare l'uso di MDMA per il trattamento del disturbo da stress post-traumatico. E gli Stati Uniti non sarebbero nemmeno il primo Paese a includere gli allucinogeni tra le terapie psichiatriche: la Tga australiana aveva dato il suo ok già lo scorso febbraio e a luglio dovrebbero partire le prime prescrizioni. C'è anche chi teme che l'accelerata dell'Australia abbia aumentato la pressione attorno all'autorità sanitaria americana. Insomma, cosa sta succedendo? La Multidisciplinary Association for Psychedelic Studies (MAPS), organizzazione no-profit di ricerca fondata nel 1986, ha annunciato di aver concluso il secondo trial clinico e di poter presentare la richiesta di via libera all'FDA già il prossimo ottobre. Questo significa che un responso potrebbe arrivare addirittura entro la fine del 2023.

Stanno insomma vedendo la luce i risultati di quel Rinascimento psichedelico iniziato verso la metà degli anni '90 ed esploso, almeno a livello di studi e ricerche, a partire dal 2020. Le premesse ci sono e sono molto buone: sostanze come la psilocibina (principio attivo dei funghetti allucinogeni), l'LSD, l'MDMA (l'ecstasy) e la ketamina hanno dimostrato di avere un impatto rilevante sul cervello dei pazienti che soffrono di disturbi ansioso-depressivi e non solo. Rimangono però ancora diversi punti da chiarire prima di poter dare il benvenuto definitivo a queste molecole, come ha sottolineato anche un articolo di Nature.

I trial clinici della MAPS

La MAPS è stata fondata alla fine degli anni '80 in Massachusetts da Rick Doblin proprio allo scopo di fare ricerca e aumentare la conoscenza attorno alle sostanze psichedeliche. Da allora si è concentrata soprattutto sullo studio degli effetti dell'MDMA sul cervello umano e, in particolare, su quello di pazienti con diagnosi di PTSD.

Quarant'anni di ricerche, raccolta dati e ostacoli: studiare una sostanza dichiarata illegale significa dover ottenere tutta una serie di approvazioni e, in generale, far fatica a reperirla. Così, è solo nel 2021 che la MAPS annuncia la conclusione del suo primo studio clinico di fase 3, per il quale erano stati arruolati 90 volontari. Un trial in doppio cieco che dimostra come il gruppo di pazienti che aveva ricevuto l'allucinogeno avesse il doppio delle possibilità di riprendersi dal disturbo rispetto a chi aveva invece assunto il placebo.

A distanza di poco più di un anno, è stato concluso anche il secondo trial clinico, più ampio. I risultati non sono ancora stati pubblicati, ma la MAPS ha dichiarato che confermano i precedenti e, soprattutto, che questi due lavori gli permetteranno di presentare la richiesta all'FDA per l'approvazione dell'MDMA come terapia per il disturbo post traumatico da stress. E quello sarebbe davvero un punto di svolta, perché l'FDA è stata diverse volte la porta d'ingresso per l'EMA, in Unione europea. Doblin ha inoltre parlato di "ottimi risultati" e aggiunto di non vedere alcuna criticità per l'ok definitivo.

I problemi dei trial

Già al momento di iniziare un trial, però, c'è un problema che deve essere affrontato dagli autori dello studio, prima, e dai regolatori, poi. È un problema che deriva proprio dal tipo di esperienza che gli allucinogeni, come appunto l'MDMA, provocano: non è così semplice impostare studi randomizzati in doppio cieco. In altre parole, come "mascherare" la sostanza che si utilizza come placebo a pazienti e terapisti se questa non dà allucinazioni?

D'altra parte, gli studi devono servirsi di un gruppo di controllo, altrimenti il rischio è che i dati finali risultino positivi a prescindere. I pazienti infatti potrebbero affermare che la molecola funziona perché condizionati dal loro desiderio di percepire un cambiamento e un miglioramento. La soluzione individuata dalla MAPS è un protocollo speciale: alla fine del trattamento, i sintomi e le reazioni dei partecipanti vengono valutate da terapisti che non hanno somministrato le sostanze e quindi non possono avere alcuna idea di chi abbia assunto cosa. Un iter che la FDA ha giudicato sufficientemente affidabile per poter basare le proprie decisioni.

Sono insorti poi anche problemi di sicurezza che non avevano a che fare direttamente con gli psichedelici. Nel 2015, ad esempio, una donna aveva dichiarato di essere stata aggredita dai terapisti che l'assistevano. Un video, in effetti, sembrava confermare la sua versione della storia, tanto che la vicenda era finita in tribunale. L'accusa era quella di aver consumato un rapporto sessuale senza consenso. Il tutto però si è risolto in un nulla di fatto, con le dichiarazioni di uno dei terapisti che affermava invece la natura consensuale della relazione.

I terapisti sono stati licenziati e MAPS ha aggiornato i documenti per il consenso informato e i controlli. Il rischio, però, rimane.

Un cambio di prospettiva

È insomma un cambio di prospettiva, che prosegue lungo la strada già tracciata dall'FDA nel 1992 quando era stato stabilito di trattare le sostanze psichedeliche al pari di ogni altro farmaco. All'ecstasy potrebbe seguire la psilocibina, già approvata in diversi Stati come l'Oregon e il Colorado per il contrasto alla depressione resistente. E poi l'LSD con uno specifico impiego contro l'ansia cronica. Secondo alcune analisi, il mercato degli allucinogeni potrebbe valere più di 8 miliardi di dollari nel 2028.

Ma tra le domande che necessitano risposta, ve ne sono alcune urgenti: da chi verrebbe somministrata l'MDMA? E in quale formulazione? Il protocollo elaborato da MAPS durante i suoi trial prevede l'affiancamento della psicoterapia alla terapia psichedelica, anche di ottica di gestire meglio di effetti collaterali come le allucinazioni o i potenziali crolli psicotropi. Questo, però, non è il terreno dell'FDA che si occupa solo di regolare l'entrata in commercio e l'uso dei prodotti farmacologici.

L'ecstasy inoltre non è un farmaco vero e proprio. Al momento, è una molecola, peraltro già brevettata nel 1912 e che quindi, di per sè, non può generare molto profitto. Bisognerà quindi capire chi effettivamente intenderà investire per sviluppare dei medicinali.

Chi è a favore dell'approvazione

Il governo degli Stati Uniti, intanto, sembrerebbe appoggiare l'eventuale approvazione dell'MDMA. Nel 2022, è stata pubblicata una lettera di un membro del US Department of Health and Human Services dove già si anticipava che l'approvazione dell'ecstasy per il trattamento del PTSD sarebbe arrivata entro il 2024. Mentre risale al 2017 lo status di "breakthrough therapy" a MDMA e psilocibina da parte dell'FDA, che ha velocizzato di fatto la strada verso l'approvazione definitiva.

Pur con diverse cautele, anche l'American Psychological Association supporta la ricerca in quest'ambito. L'autorità ha comunque voluto ribadire che le sostanze devono essere approvate secondo i criteri delle autorità regolatrici e non sulla spinta emotiva di una campagna o dell'opinione pubblica.

Chi è scettico

Dall'altro lato c'è chi teme che un'approvazione prematura degli psichedelici possa inficiare i reali progressi scientifici. In Australia, ad esempio, la Tga ha dato l'ok per l'uso di MDMA per il trattamento del PTSD e della psilocibina per i pazienti con depressione farmaco resistente. Non ha, però, fornito dettagli su quale tipo di formazione sarà necessaria, ad esempio, per gli specialisti prima di poter prescrivere gli alluncinogeni.

Secondo alcuni esperti, l'approvazione precoce potrebbe inoltre finire per danneggiare i trial: non volendo rischiare di finire nel gruppo di controllo e di ricevere un placebo, nessun paziente vorrà più partecipare ai trial. Ad oggi però l'MDMA non ha ancora superato tutti gli step necessari a un farmaco per un'approvazione definitiva. Insomma, si rischia di lasciare il percorso a metà. E che dopo l'ok a ecstasy e psilocibina, si apra la strada a tutti gli altri psichedelici.

O forse no, considerando che già nel 2018 era stato approvato un farmaco per il trattamento dell'epilessia a base di cannabis, l'Epidiolex, ma questo non ha permesso a tutti gli altri preparati cannabinoidi di superare il veto dell'illegalità.

Quando parliamo dell'impiego di sostanze psichedeliche in psichiatria stiamo parlando di una possibilità che potrebbe aiutare soprattutto quel 30% di pazienti che non rispondono ai farmaci già in uso. Non stiamo invece parlando di una cura miracolosa o di un trattamento senza rischi. L'approvazione da parte dell'FDA potrebbe dunque essere un'ottima notizia, ma solo se arriva dopo aver risposto a tutte le questioni ancora aperte.

Fonte| "US could soon approve MDMA therapy — opening an era of psychedelic medicine" pubblicato su Nature il 19 aprile 2023

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