Lo spazio ci insegna anche come proteggere la nostra acqua: la risorsa più preziosa dell’Universo

L’esplorazione dello spazio e le tecnologie pensate per risolvere i problemi degli astronauti lassù rappresentano spesso la soluzione per le sfide che riguardano la tutela dell’acqua sulla Terra. Alcune di queste hanno infatti contribuito a migliorare la vita di milioni di persone nel mondo trovando ampio utilizzo nelle case, nelle bottiglie, negli ambienti industriali e in luoghi remoti dove l’acqua pulita oggi purtroppo ancora manca.
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Rubrica a cura di Kevin Ben Alì Zinati
16 Gennaio 2024

Esistono altre forme di vita nell’Universo oltre all’uomo? Bella domanda. Finché non avremo prove provate, però, possiamo affermare con una discreta certezza che la risorsa più importante per l’unica specie vivente di cui abbiamo conoscenza là fuori è l’acqua.

Non l’adamantio degli artigli di Wolverine o il vibranio wakandiano di Black Panther. L’acqua, ovvero il maggior ingrediente di cui è composta la maggior parte di ogni essere vivente.

Insomma: l’acqua è vita, in ogni sua forma. È per questo che va protetta, centellinata, risparmiata. Perché di acqua si può anche rimanere senza. Sembra impossibile visto che anche più del 70% del nostro Pianeta è costituito da acqua, eppure è un rischio è reale.

In testa avrai quel tarlo: perché l’Universo? Perché ti ho fatto alzare gli occhi al cielo?

Perché forse non sapevi che alcune di queste soluzioni possono anche apparire semplici ma più che terra-terra sono Spazio-terra. Esatto: ancora una volta traggono origine da lassù.

L'acqua è vita

Oggi sai benissimo che l’uomo vive in un ecosistema dove tutti gli elementi – animalivegetali e funghi– sono interconnessi tra loro ma se ci limitiamo a riflettere solo su di “noi”, capisci in fretta quanto questo liquido trasparente sia imprescindibile.

Permette ai nostri organi di funzionare, compreso il cervello; ci garantisce di coltivare i campi e dunque nutrirci; ci consente di lavarci e proteggerci da agenti patogeni esterni.

Ci aiuta anche a sognare un mondo interstellare. Sì, perché l’acqua è la risorsa che i rover stanno cercando sulla e sotto la superficie di Marte: è ciò che ci permetterebbe di incontrare potenziali forme di vita aliene e sondare la possibilità di vita umana su un altro pianeta.

Ti dicevo, però, che l'acqua non è infinita. Ti basti pensare ai grandi periodi di siccità a cui l’uomo ha sempre fatto fronte e che con i cambiamenti climatici stanno diventando familiari: ricordi i campi bruciati in Lombardia?

Pensa anche a cosa succede durante conseguenti eventi climatici estremi come le alluvioni, quando le case vengono spazzate via e la popolazione resta senz’acqua potabile perché le reti idriche sono bloccate da fango duro come il cemento e detriti (ovvero animali morti, piante, rifiuti): ricordi cosa è successo in Emilia-Romagna?

alluvione

Il diritto all’acqua – da bere o per i servizi igienico sanitari – è un diritto fondamentale per l’uomo. L’ha riconosciuto l’assemblea generale dell’Onu nel 2010, equiparandolo di fatto a un diritto alla vita: senza acqua, non esisterebbero esseri viventi.

Non avere acqua non significa solo non avere cibo ma anche esporsi a un maggior rischio di contrarre malattie, infezioni spesso anche letali. Come il colera, che oggi sta prendendo piede in paesi che non avevano avuto epidemie da decenni.

Oggi abbiamo sviluppato tanti modi per tutelare la nostra risorsa più preziosa, così come tecnologie sofisticatissime per fornirla a quei cittadini del mondo che ancora oggi ne sono sprovvisti. Una massa enorme, che secondo l’ultimo report dell’Unicef ammonta a più di 2 miliardi di persone.

L’esplorazione del cosmo in cui fluttuiamo e le tecnologie pensate per risolvere i problemi che incontrano gli astronauti una volta sparati nello spazio rappresentano le soluzioni per molte di queste sfide che affrontiamo tutti i giorni qui sulla Terra, come quelle che riguardano la tutela dell’acqua.

Bere nello spazio

Le agenzie spaziali lo sanno fin dagli anni ’60 che lassù l’acqua avrebbe rappresentato un problema. Sì, perché zavorrare le navicelle spaziali con litri e litri di liquidi non è un’operazione così semplice e conveniente.

L’acqua, per esempio, è più pesante dell’idrogeno liquido o dell’ossigeno utilizzato come carburante dei missili e cercare di garantire abbondanti risorse idriche agli equipaggi è una sfida complicata, e pure costosa. Al punto da rappresentare un vero grattacapo.

Nel tempo, perciò, la Nasa ha capito che in orbita ogni goccia d’acqua è oro e che nulla poteva essere sprecato: non il sudore, non l’urina e nemmeno l’umidità del respiro degli astronauti.

Ha intuito insomma che bisognava trovare il modo di filtrare e purificare i liquidi spaziali conservati, in modo da restituire agli astronauti una nuova forma di acqua potabile e sicura per nuovi utilizzi.

Qui di seguito te ne racconto un paio, mostrandoti come queste tecnologie spaziali siano poi ricadute sulla Terra. A differenza di qualche detrito, però, non hanno fatto paura né hanno distrutto case o fabbricati.

Tutto l’opposto: il loro impatto ha contribuito a migliorare la vita di milioni di persone nel mondo trovando ampio utilizzo nelle case, nelle bottiglie, negli ambienti industriali e in luoghi remoti dove l’acqua potabile oggi ancora manca.

Le membrane e le proteine

Per esempio. Nel 2007, un gruppo di scienziati incontrò colleghi della Nasa per proporre una prima, potenziale, soluzione al problema dell’acqua.

Il loro segreto risiedeva nelle acquaporine, proteine che tutte le cellule viventi utilizzano per trasferire l’acqua attraverso le loro membrane.

Considera che le acquaporine sono ciò che permette alle radici delle piante di assorbire l’acqua dal suolo o ai reni di un corpo umano di filtrare qualcosa come 45 litri di liquidi al giorno.

Le acquaporine sono proteine presenti nelle membrane delle cellule viventi. La maggior parte consente all’acqua di passare attraverso la membrana ed è in gradi di trattenere tutti gli altri elementi presenti al suo interno. Le acquaporine sono in grado, poi, di condurre le molecole d’acqua da un lato all’altro rapidamente ma in fila indiana. La prima immagine di un’acquaporina è stata scattata nel 1999. Photo credit: Nasa, Vossman, CC BY–SA 3.0

In più, le membrane costituito da acquaporine hanno una capacità selettiva così alta che permette loro di trattenere gli elementi contaminanti rilasciando un liquido “purificato”.

Le premesse, insomma, erano estremamente interessanti e così, dopo tre anni di lavoro, il team arrivò a un’idea. Anzi: a un prototipo basato sul processo di osmosi diretta.

La membrana che realizzarono, in sostanza, era in grado di funzionare come una sorta di spugna, filtrando liquidi senza l’utilizzo di energia ma attraverso il processo fisico dell’entropia e trattenendo solamente le sostanze inquinanti.

La Nasa prese appunti, comprò qualche brevetto e comincio a studiare il modo di applicarle sulle proprie astronavi.

La doccia marziana

Qualche anno più tardi, poi, un altro gruppo di scienziati e ingegneri si mise al lavoro guardando al futuro e alla potenziale conquista di Marte. “Una volta che saremo lassù, vorremo pure farci una doccia no?” deve aver pensato qualcuno.

Così, radunati dentro a un laboratorio, i migliori cervelli della Nasa pensarono a come costruire una doccia “marziana” in grado di funzionare riciclando le limitate quantità d’acqua che gli astronauti avrebbero avuto a disposizione.

Il sistema realizzato purifica e riutilizza rapidamente l’acqua attraverso una tecnologia basata su micropori abbastanza piccoli da filtrare fisicamente batteri e persino virus.

Questa è la foto della prima doccia al mondo a ricircolo d’acqua. L’idea nasce dalla partnership di un’università con la NASA ed è reso possibile da una tecnologia di filtro che la NASA ha contribuito a finanziare con l’obiettivo di migliorare i sistemi di supporto vitale degli astronauti. Photo credit: Nasa, Orbital Systems.

Al sistema hanno poi unito un materiale derivato da fibre di alluminio caricate positivamente, in modo da attrarre e intrappolare microrganismi e altri contaminanti, che generalmente portano una carica negativa, rimuovendo quindi qualsiasi componente all’interno del liquido.

Incorporato all’interno di una doccia, il sistema funziona con meno di un litro d’acqua e la fa circolare a una velocità di tre o quattro litri al minuto, un flusso maggiore di quello fornito dalla maggior parte delle docce convenzionali.

La qualità dell’acqua viene poi controllata 20 volte al secondo e quella più altamente inquinata, come quella del risciacquo con shampoo, viene scaricata e sostituita.

I futuri abitanti di Marte possono dunque stare tranquilli che una doccia, prima o poi, potranno farsela.

Le ricadute sulla Terra 

I più cospirazionisti storceranno il naso, ma il bello delle tecnologie sviluppate dalla Nasa o da altre agenzie spaziali per affrontare i problemi lassù è che costituiscono una fonte di ispirazione per dirimere diverse questioni quaggiù.

Le soluzioni pensate per sopperire alla mancanza di acqua nelle proprie missioni nel cosmo hanno presto varcato i confini del mondo terrestre per arrivare nelle nostre industrie, nei nostri allevamenti e, in qualche caso, anche nelle nostre case.

La membrana basata sull’osmosi diretta, per esempio, ha trovato terreno estremamente fertile in Cina, dove viene utilizzata per filtrare l’acqua dei rubinetti delle case o nei distributori pubblici.

Il mercato sembra estremamente interessato a queste tecnologie non solo perché, secondo gli esperti, sarebbe in grado di depurare l’acqua circa due volte più velocemente di altri sistemi esistenti ma anche perché ne raddoppierebbe il tasso di recupero. Considera che ogni giorno sprechiamo milioni, anzi no, miliardi di litri d’acqua.

A livello industriale, l’osmosi diretta torna utile per il trattamento delle acque reflue nei settori del petrolio e del gas, degli alimenti e delle bevande, dell’allevamento lattiero-caseario e delle industrie tessili, tra le altre attività che generano grandi quantità di acque reflue altamente inquinate.

Lo stesso discorso vale anche per gli allevamenti animali, dove l’elevata selettività delle membrane permette di recuperare l’urea dalle acque reflue per trasformarla in fertilizzante.

Nell’industria farmaceutica, invece, queste membrane possono intrappolare principi attivi che altri sistemi non riescono a catturare così come raccogliere particelle virali per i vaccini.

Non sprecare vuol dire anche riutilizzare

Come ti ho raccontato prima, sulla Terra l’acqua non è infinita.

La sua disponibilità sta diventando sempre più scarsa per colpa di diversi fattori, dalla crisi climatica alle infrastrutture idriche urbane vecchie e in pessime condizioni da cui dipende una percentuale di acqua persa durante il trasporto che fa rabbrividire.

Una volta che si tutelano le risorse idriche e se ne creano di nuove, purificando acque reflue o altri liquidi non potabili, il passo in più è trovare il modo per riutilizzarla, innescando una circolarità che accarezza la sostenibilità e magari trovando modi per portarla là dove oggi ancora resta inaccessibile.

Detto, fatto. Da tempo abbiamo declinato sistemi di purificazione e riutilizzo delle acque reflue a vari scopi. Alcuni estremamente preziosi, come supporto al settore agricolo. Le acque reflue urbane depurate, e arricchite di nutrienti, rappresentano infatti una risorsa preziosissima per l’irrigazione dei campi quando a causa della siccità rimarrebbero letteralmente asciutti.

Queste risorse possono tornare estremamente utili anche nel settore industriale come acque di raffreddamento, per l’alimentazione delle caldaie o nell’edilizia.

Ci sono poi anche impieghi più inusuali ma altrettanti importanti per le acque reflue depurate, come la creazione di birra.

C’è un’azienda americana, per esempio, che ha fatto dell’acqua delle docce, dei lavandini e delle lavatrici di un condominio di San Francisco – fatto di qualcosa come 40 piani e 550 appartamenti – la propria, pregiatissima, materia prima.

Trattandola attraverso l’utilizzo di batteri, filtri e disinfezione a luce ultravioletta ne restituisce una buona parte ai condomini, che possono riutilizzarla per gli scarichi dei bagni o per l’irrigazione delle piante. L’avanzo, invece, viene utilizzato per produrre un particolare tipo di birra.

Che cosa ci andiamo a fare nello spazio, quindi? A salvare la nostra acqua. E, magari, anche qualche birra in più.

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Giornalista fin dalla prima volta che ho dovuto rispondere alla domanda “Cosa vuoi fare da grande”. Sulla carta, sono pubblicista dal altro…