
Nella prima prova di italiano della maturità 2023, una riflessione sull'articolo di Marco Belpoliti sul valore dell'attesa. Un tema tanto attuale quanto insolito perché, nonostante ci coinvolga da vicino, non è mai oggetto dei nostri pensieri.
La noia è uno degli stati d'animo che meno siamo abituati a provare. La preveniamo, facciamo in modo di non sperimentarla mai. Se mandi una email, pretendi immediatamente una risposta, se così non avviene, ti spazientisci e chiami la persona al telefono. Se mandi un messaggio, ti irriti se devi attendere. La pazienza non è più una nostra virtù e ne è sintomo la cronofagia, la sensazione di sentirsi divorati dal tempo.
Siamo abituati al botta e risposta, all'immediato, perché la tecnologia ci ha abituato a questo, a evitare il più possibile le attese. E quando siamo costretti a farlo, il tempo sembra non passare mai. D'altra parte, è partire dall'inizio del XIX secolo che tutto è andato sempre più in fretta. Il capitalismo, la produzione a catena, la smania di guadagno ci hanno insegnato che l'efficienza compulsiva poteva rappresentare una caratteristica ricercata sul mondo del lavoro ed è poi diventata parte integrante della psicologia degli individui.
Eppure, forse non te ne renderai conto, ma la vita è un'attesa continua. Da adolescenti attendiamo il compimento dei 18 anni, da adulti attendiamo il lavoro perfetto, il vero amore e una nostra completa realizzazione personale. Attendiamo sempre qualcosa, a volte non sappiamo nemmeno cosa, ma ci aspettiamo accada quell'evento eccezionale che ci renderà più felici e soddisfatti di noi stessi.
"Desiderare", dal latino "de" e "sideràre" significa "togliere lo sguardo dalle stelle", quindi, sentire la mancanza di qualcosa. Ma ha un'accezione negativa? É proprio la mancanza di qualcosa che ci fa muovere, che ci dà quella spinta vitale necessaria per compiere sia le azioni quotidiane che i grandi passi di cui poi andiamo fieri.
Quando, per ammazzare il tempo, prendiamo in mano il telefono e scorriamo svogliatamente le home dei social, proviamo una soddisfazione semplice, effimera e immediata, ma non è nulla di costruttivo. "Attendere", dal latino, significa "rivolgere l'animo verso qualcosa" e nel farlo sogniamo, immaginiamo come potrebbe cambiarci la vita e renderci quella persona che abbiamo sempre desiderato essere. Perché privarci di questa sensazione?
Il vuoto, il nulla sono il preludio del tutto, del compimento, come la tristezza e i momenti negativi sono il passo necessario da compiere per arrivare alla felicità. Se smettessimo di concepire l'attesa come un'imposizione e iniziassimo a viverla come l'inizio della nascita e della realizzazione di un desiderio troveremmo il senso di ogni momento vuoto. E lasceremmo in borsa lo smartphone.