Perché lavoriamo 40 ore a settimana? Da cosa dipende e se è possibile un’alternativa

In futuro potremmo lavorare meno di 40 ore a settimana. La settimana lavorativa corta potrebbe avere effetti benefici non solo a livello psicologico ma anche per l’ambiente.
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Annatina Fanigliulo 15 Dicembre 2023

In Italia, le ore lavorative settimanali sono generalmente 40 per un contratto full time. Tuttavia, con lo stop temporale a cui ci ha sottoposti la pandemia, in moltissimi si sono resi conto dell’insostenibilità di questo modello e una spiegazione potrebbe essere proprio la necessità di un diverso equilibrio tra vita privata e professionale.

La produttività del lavoro

Alla base del modello delle 40 ore settimanali c’è la “produttività del lavoro”, cioè la quantità di beni e servizi che un dipendente, un’azienda o un team riesce a produrre in rapporto al tempo e alle risorse utilizzate.

Negli anni la sua natura è cambiata a causa dell’evoluzione tecnologica. Se durante la seconda rivoluzione industriale per produrre una bicicletta occorrevano dalle 20 alle 30 ore, oggi ne sono sufficienti 2-3. Quindi, è aumentata la produttività del lavoro.

L’equilibrio nel mercato del lavoro

Il mercato del lavoro dipende da 3 elementi: la produttività, il salario e il progresso tecnologico.
Si ha un equilibrio quando il numero di persone disposte a lavorare per una determinata retribuzione è uguale al numero di posti di lavoro disponibili per quella retribuzione.

In questo contesto i lavoratori rappresentano la domanda di lavoro, mentre le imprese l’offerta.

Un’ultima variabile da considerare è il tempo libero, fondamentale per il benessere individuale che però, molto spesso, entra in contrasto con le altre componenti.

Keynes e le prospettive del lavoro al 2030

Keynes, un economista britannico, credeva che grazie al progresso tecnologico ci sarebbe stata una riduzione della domanda di lavoro.

Questo perché con macchine più avanzate e migliori processi industriali, si sarebbe ottenuto lo stesso livello di produzione richiesto dalle imprese e in minor tempo. Quindi, le imprese avrebbero chiesto nel tempo ai lavoratori di lavorare meno ore a parità di salario. In questo modo immaginava che nel 2030 si sarebbe lavorato un massimo di 15 ore a settimana con turni da 3 ore.

Facendo i suoi calcoli, però, non ha preso in considerazione le possibilità di un aumento della produzione e dei consumi che ha spinto le imprese ad intensificare la produzione e a richiedere maggiori ore di lavoro ai dipendenti già assunti.

Il work-life balance

Con lo stop temporale a cui ci ha sottoposti la pandemia, in moltissimi si sono resi conto dell’insostenibilità delle otto ore lavorative. Solo in Italia nel 2022 si sono registrate oltre 1,6 milioni dimissioni volontarie; il 22% in più rispetto al 2021.

Un motivo che potrebbe aver spinto le persone a dire addio al proprio posto di lavoro potrebbe essere dovuta all’esigenza di un diverso equilibrio tra vita privata e professionale.

Questo equilibrio, secondo Eurofound, è garantito quando una persona ha una vita soddisfacente sia all’interno che al di fuori del lavoro retribuito. Inoltre, coloro che hanno bassi livelli di soddisfazione per la propria vita, tendono ad avere ripercussioni negative sulla propria salute fisica e mentale.

Il tutto si traduce in una riduzione della produttività, un peggioramento delle prestazioni lavorative e un aumento dell’assenteismo; esattamente l’opposto di ciò che serve per raggiungere un equilibrio stabile del lavoro.

La settimana corta e i benefici ecologici

Il progresso tecnologico, quindi, non è in grado da solo a migliorare le nostre vite ma sono necessari anche nuovi modelli di gestione del lavoro.
Un’alternativa potrebbe essere la settimana lavorativa corta da 4 giorni, la quale può essere applicata in 3 modi diversi:

  • lavorare 10 ore al giorno per 4 giorni a settimana;
  • lavorare 6 ore al giorno per 4 giorni a settimana a parità di salario;
  • consentire ai dipendenti quando e quanto lavorare purché vengano soddisfatti i requisiti di produttività.

Inoltre, secondo l’Organizzazione ambientale Platform London, ridurre le ore di lavoro entro il 2025 ridurrebbe le emissioni inglesi di 127 milioni di tonnellate all’anno; l’equivalente di tutti i mezzi privati del Paese. Allo stesso tempo potrebbe comportare una riduzione dei consumi anche in ufficio.

Infatti, grazie a questa pratica, nel 2019 Microsoft Giappone ha notato una riduzione dei consumi elettrici pari al 23,1% rispetto al 2016.

Continuando a comprimere gradualmente le ore di lavoro, l’Organizzazione inglese è convinta che in questo modo nel 2040 sarebbe più facile raggiungere gli obiettivi climatici.

L’unica eccezione ci sarebbe se i lavoratori utilizzassero il venerdì libero per fare più viaggi in aereo, shopping o guardare la tv tutto il giorno sotto il condizionatore.

Il lavoro nel futuro

Lo scrittore, sceneggiatore e giornalista, Ennio Flaiano, disse:

“Siamo in una fase di transizione, come sempre.”

Ha perfettamente ragione. Il futuro del lavoro è in continua evoluzione e stiamo già oggi assistendo a una trasformazione verso nuovi modelli che tengono conto del work-life balance.

È evidente che le tradizionali 40 ore lavorative potrebbero non essere più sostenibili, per questo motivo occorre esplorare pratiche lavorative più flessibili che favoriscano sia la produttività, la soddisfazione e il benessere dei dipendenti e delle imprese.