Plastica monouso: perché in 2 anni l’Italia non ha fatto (quasi) nulla?

A poche settimane dall’entrata in vigore della direttiva europea Sup che vieta i prodotti in plastica monouso, in Italia non è ancora stato approvato il decreto di recepimento. Il nodo più controverso rimane quello delle bioplastiche che l’Europa bandisce, ma l’Italia chiede di includere tra i prodotti consentiti. Perché in questi due anni non è stato seguito un percorso serio e ragionato, invece di trovare un accordo last minute (o peggio ancora, rischiare di incorrere in sanzioni dall’Europa)?
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Simona Cardillo 22 Giugno 2021

759 giorni. Questo è il tempo che l'Europa ha dato agli Stati membri per adeguarsi alla direttiva Sup. Emanata nella sua versione definitiva il 5 giugno 2019, entrerà in vigore il 3 luglio 2021. Settecentocinquantanove giorni dopo, appunto. Eppure quando mancava solo un mese a questa data, in Italia è diventato un tutti contro tutti.

Era stata chiara, l'Europa. "Ti do due anni per eliminare i prodotti in plastica monouso che maggiormente inquinano i nostri mari. Se non ti adegui, paghi". E dopo aver fatto passare due anni, noi italiani ci siamo svegliati e abbiamo detto che no, non andava bene. E le motivazioni di questo disaccordo erano le più variegate: "rovineranno la nostra economia", "uccideranno le aziende", "non si può sostituire la plastica in così poco tempo", "le bioplastiche non vanno escluse" (unica obiezione, tra le tante, a essere davvero sacrosanta).

Non stiamo a sindacare sul contenuto della Sup, ma sul fatto che fosse noto da due anni.

Qui non stiamo a sindacare sul contenuto della Sup, ma sul fatto che fosse noto da due anni. E in questo lasso di tempo abbiamo tutti gioito che bicchieri di plastica, cannucce, cotton fioc e chi più ne ha più ne metta, sarebbero stati messi al bando. Ma tra quelli che avrebbero dovuto, nessuno si è preoccupato di pensare alle alternative.

Che la direttiva europea sia forse anche eccessivamente restrittiva, siamo noi i primi a pensarlo. Che le bioplastiche debbano quanto meno essere prese in considerazione come possibili alternative alla plastica tradizionale, noi di Ohga lo sosteniamo da anni. Ma non è questo il punto.

Il punto è che gli Stati dell'Unione europea, tra cui l'Italia (che rappresenta circa i 2/3 del mercato della plastica monouso in Europa), in questi anni avrebbero dovuto adeguarsi, dare strumenti alle aziende per trovare alternative, investendo sui materiali non inquinanti e sui polimeri non modificati. Invece dopo due anni di immobilismo, oggi tutti gridano allo scandalo e all'ingiustizia: politici, industrie, associazioni di categoria, classe dirigente.

E mentre il Ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani dichiara di aver trovato l'accordo con l'Europa, noi ci chiediamo: perché si è reso necessario un accordo last minute (speriamo non frettoloso né raffazzonato) ad appena un paio di settimane dall'entrata in vigore della Sup?

Perché non è stato seguito un percorso serio, ragionato e comune per perfezionare quegli aspetti della Sup che necessitavano di definizioni più estensive (come nel caso delle bioplastiche)?

Perché invece di gridare allo scandalo un mese prima, non è stato seguito un percorso serio, ragionato e comune?

Ma soprattutto vogliamo augurarci che un accordo sia davvero stato trovato. E che sia un accordo ponderato ed ambientalista. Perché sarebbe gravissimo incorrere in sanzioni dopo aver infilato la testa sotto la sabbia come gli struzzi. Per due anni. O, se preferite, per 759 giorni.

Giornalista di professione, curiosa per passione. Amo scoprire cose nuove, andare al di là delle apparenze e conoscere i fatti in altro…