Scrittore, ambientalista e molto altro: Luis Sepúlveda e la sua vita nel rispetto dell’essere umano e della natura

Il 16 aprile 2020 è morto all’età di 71 anni Luis Sepúlveda, scrittore, attivista politico, regista, poeta e anche ambientalista. Un uomo che nella sua vita non ha mai smesso di lottare, portato via dal Covid-19 in un ospedale di Oviedo, in Spagna.
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Sara Del Dot 17 Aprile 2020

Lo abbiamo visto e sentito ovunque, i social sono pieni tappezzati di tributi, omaggi e ricordi personali legati a lui. Il Covid-19, il virus che sta mettendo in ginocchio il mondo intero, ieri 16 aprile si è portato via anche Luis Sepúlveda. Lo scrittore cileno si è spento in un ospedale di Oviedo, in Spagna, all’età di 71 anni.

Ricordato soprattutto per i suoi libri, in particolare “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare” tradotto in 55 lingue e “Il vecchio che leggeva romanzi d’amore”, Luis Sepúlveda era però anche tanto altro. Nato in Cile nel 1949, la sua vita viene scandita dai libri e da un attivismo politico che lo porta alla condanna in carcere in seguito al colpo di stato del generale Pinochet nel 1973 e, successivamente, grazie alle pressioni di Amnesty International, all’esilio. Nel corso della sua vita, per una ragione o per l’altra Sepúlveda ha girato tutto il mondo. Bolivia, Brasile, Paraguay, Ecuador, Africa, Europa. Nel corso della sua storia raccoglie esperienze, scrive da giornalista e si cimenta in varie forme d’arte e di espressione, dalla prosa alla regia cinematografica.

Insomma, dietro al gatto Zorba e alla piccola gabbiana Fortunata, si cela non soltanto uno scrittore, ma un giornalista, un regista, uno sceneggiatore, un poeta, un attivista politico, un persecutore della libertà e anche un ambientalista, un autentico amante del mondo in tutte le sue forme e bellezze, che come tanti altri desiderava preservare. Sono diversi infatti i libri dedicati alla sostenibilità ambientale, che non separa mai dal rispetto per l’essere umano e per la vita nella sua totalità. Perché ogni cosa è collegata e la lotta deve essere dedicata a tutto ciò che di fragile c’è al mondo.

Così, lo scrittore dedica al popolo indigeno Mapuche, a cui apparteneva un nonno, il suo romanzo “Storia di un cane che insegnò a un bambino la fedeltà”, ma non solo. Dal 1982 al 1987 trascorre un periodo di militanza nelle file dell’organizzazione Greenpeace, con cui partecipa a diverse azioni di disturbo contro il degrado ambientale, la caccia alle balene e altre attività considerate dannose per l’ambiente, per poi scendere dalle navi dell’organizzazione e dedicarsi ad attività più gestionali. Così nasce il suo primo romanzo ambientalista “Il mondo alla fine del mondo”, seguito da altre narrazioni in cui l’umanità si intreccia con l’amore per ciò che ci circonda in un universo di consapevolezza e armonia. Tra le altre pubblicazioni sul tema che portano la sua firma, “Vivere per qualcosa”, uscito nel 2017 e scritto assieme a Carlo Petrini e Josè Mujica, in cui i tre autori esprimono e raccontano i valori su cui hanno impostato le loro vite e le loro carriere: semplicità, armonia, condivisione, rispetto per le persone e per la natura che le circonda. E non solo.

Dopo la sua morte, la sua casa editrice Guanda ha fatto sapere che prima di morire l’autore stava lavorando a un romanzo riguardante l’industria della pesca e dell’allevamento in Sud America, che avrebbe dovuto intitolarsi “Agua mala”.

Quello che Luis Sepúlveda ci lascia è un segno indelebile, che chiunque desideri può fare proprio. Una spinta a essere migliori e a rendere il mondo un posto migliore. La forza delle parole, ma anche delle azioni e dei sacrifici di un uomo che non ha mai scelto di indietreggiare, di fermarsi o di avere paura. Per se stesso, ma soprattutto per tutto ciò per cui vale la pena lottare. Un lascito che è impossibile ignorare. Soprattutto adesso.