La sindrome di Pfeiffer è una malattia rara, che colpisce circa un neonato ogni 100mila. Purtroppo causa malformazioni, soprattutto nel cranio e nelle dita delle mani e dei piedi. Le terapie a disposizione al momento agiscono sui sintomi, per tenerli sotto controllo, ma non sono in grado di curare la patologia.
La sindrome di Pfeiffer è presente fin dalla nascita e di solito viene riconosciuta piuttosto rapidamente a causa delle anomalie e delle malformazioni che provoca. Le suture del cranio si chiudono troppo presto, un problema che prende il nome di craniostenosi, mentre le dita delle mani o dei piedi potrebbero apparire fuse tra loro (in gergo, sindattilia). I pollici e gli alluci, in particolare, mostrano di solito una forma una forma slargata.
La Sindrome di Pfeiffer è una malattia che ha origine genetica e, nel caso specifico, i geni mutati sono FGFR1 o FGFR2. Più nel dettaglio, se la mutazione è causata dal gene FGFR1, i sintomi saranno più lievi. Purtroppo però questa è la forma meno diffusa. Nel caso invece in cui a mutare sia il gene FGFR2, le manifestazioni saranno più serie. Tieni presente, però, che non si tratta per forza di cose di una patologia ereditaria: non di rado, deriva da una complicanza che si verfica durante la prima fase di crescita dell'embrione.
Ecco una lista di sintomi della sindrome di Pfeiffer che puoi notare nel bambino:
Quelli che ti abbiamo elencato sono i sintomi principali a cui poi se ne possono aggiungere altri come:
Il primo passo per una diagnosi di sindrome di Pfeiffer è costituito da anamnesi ed esame obiettivo a cui poi, di solito, si uniscono risonanza magnetica, tac e raggi X alla testa e ai piedi per valutare la situazione di suturazione del cranio e l’eventuale sindattilia. Infine, si esegue un test genetico che servirà al medico per rivelare le mutazioni e nello specifico di quali si tratta (FGFR2 e/o di FGFR1).
La cura della sindrome di Pfeiffer è sintomatica, cioè non cura direttamente la patologia (per la quale ad ora non c’è ancora una terapia definitiva), ma va ad agire sui sintomi e permette di alleggerirli, soprattutto nei casi più gravi. Principalmente si ricorre al trattamento di tipo chirurgico che va a intervenire sulla craniostenosi e sulle sue complicanze, a cui si associano altre terapie in base ai sintomi che il paziente mostra e alla serietà delle condizioni.
Nello specifico ecco cosa prevede l’intervento chirurgico:
Fonte|Ospedale Pediatrico Bambino Gesù