Un fiume sottratto ai romani, il “biondo Tevere” è malato

Negli anni il Tevere è passato da “biondo” e “sacro” per i romani a discarica a cielo aperto in alcuni punti. Quali sono le cause? Quali le possibili soluzioni?
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Rubrica a cura di Beatrice Barra
27 Marzo 2023

Diresti mai che in questo corso d’acqua pieno di rifiuti, fino a poco tempo fa, la gente si faceva il bagno? Il “biondo Tevere” – così veniva chiamato – oggi è diventato marrone scuro, e le folle estive di bagnanti che si rinfrescavano sulle sue rive, hanno lasciato posto a bottiglie di plastica e pesci morti. Ma come mai un fiume come il Tevere, che per gli antichi Romani era addirittura ritenuto sacro, oggi in alcuni punti sembra quasi una discarica a cielo aperto?

Dai tuffi al divieto

Fino al secolo scorso, i “fiumaroli” – gli abitanti delle sponde del fiume – erano abili nuotatori e vivevano in simbiosi con questo meraviglioso corso d’acqua. Inoltre, nel dopoguerra, le spiagge di Ostia erano ancora disseminate di mine antiuomo e, così, la vita balneare della città si concentrò ulteriormente sulle spiaggette delle rive del fiume. All’epoca, per un romano doc, sarebbe stato inimmaginabile pensare a un’estate senza almeno un tuffo nelle sue acque.

Fonte: Roma Ieri Oggi

Negli anni ‘60 però, qualcosa cambiò per sempre. Con il boom economico aumentarono anche le industrie, e il numero di abitanti della Capitale si moltiplicò. Fu in questo periodo che l’amministrazione introdusse il primo divieto di balneazione per rischio leptospirosi: una malattia infettiva il cui batterio di origine aveva contaminato le acque romane.

Si pensava si trattasse di una situazione momentanea ma, in realtà, il Tevere era appena stato sottratto per sempre alla cittadinanza. Da allora infatti, quel divieto non è mai stato tolto e col tempo la situazione è solamente peggiorata. Negli ultimi anni addirittura, sono state registrate diverse morie di pesci, l’ultima a fine 2021.

Ma quali sono le cause dell’inquinamento del Tevere?

Le cause

Innanzitutto va specificato che il Tevere non è solo Roma. Prima di arrivare alla Capitale percorre quasi 400 km, attraversando ben 4 regioni: Emilia Romagna, Toscana, Umbria e Lazio. Di conseguenza, quando sfocia finalmente nel Mar Tirreno, ha già accumulato un’enorme quantità di agenti inquinanti.

Tra questi vi sono in gran parte rifiuti di origine industriale, prodotti dalle fabbriche presenti nelle regioni attraversate dal fiume, che scaricano direttamente nel torrente o nei suoi affluenti. Specialmente nei pressi dell’Aniene (uno degli affluenti del Tevere più inquinati in assoluto), l’industrializzazione selvaggia del dopoguerra ha provocato un pesante inquinamento delle acque.

Fiume Aniene, Ponte di Montesacro

Al giorno d’oggi – dopo che diverse fabbriche della zona hanno chiuso i battenti – la situazione sembrerebbe migliorata. Il problema però è tutt’altro che risolto. Pensa che a poche centinaia di metri dall’Aniene, sorge una filiale della BASF: multinazionale tedesca che produce e smaltisce catalizzatori chimici. E proprio questa sede, nel 2014, è stata oggetto di alcune indagini per traffico illecito di rifiuti e avvelenamento di acque.

Un ruolo importante inoltre, lo giocano anche i rifiuti provenienti da pesticidi, fertilizzanti e concimi, utilizzati nella coltivazione dei campi circostanti. Con le piogge, infatti, questi penetrano nelle profondità del terreno, contaminando le falde acquifere. Ne è un esempio l’Alta Valle del Tevere (in Umbria), una delle zone d’Europa a più alta concentrazione di coltivazioni di tabacco. Queste colture in particolare – per via della loro vulnerabilità ai parassiti – sono tra quelle che richiedono più utilizzo di fertilizzanti e pesticidi in assoluto.

Un’altra fonte di inquinamento del Tevere, sono sicuramente i rifiuti civili e urbani: quelli che produciamo ogni giorno noi cittadini – detersivi, bottiglie di plastica, detergenti e persino le acque di scarico. Quando tiriamo lo sciacquone infatti, dopo un lungo viaggio nelle reti fognarie, queste finiscono proprio nei fiumi o direttamente nel mare. E in una città grande come Roma – che è passata dal milione e mezzo di abitanti degli anni ‘50, ai quasi tre milioni di oggi –  la portata delle acque reflue non è assolutamente trascurabile.

Tra le cause ci sono anche i colibatteri

Non a caso, a rendere non balneabile il Tevere, è anche l’alto numero di colibatteri. Questi vivono nel tratto intestinale degli animali a sangue caldo, tra cui noi esseri umani, si trovano nelle feci e finiscono quindi nelle acque di scarico quando andiamo in bagno.

Sono batteri importantissimi, che ci consentono di digerire correttamente i cibi che ingeriamo. Il problema però, si presenta quando la loro concentrazione diventa troppo alta.

Nello specifico, esiste un tipo di batterio presente nel microbioma intestinale (l’Escherichia coli) che può diventare molto pericoloso, arrivando a causare coliti emorragiche, uretriti e addirittura infezioni potenzialmente fatali come meningite e setticemia. Per questi motivi, uno degli indici di valutazione dello stato di pulizia e balneabilità delle acque, è proprio la quantità di colibatteri presenti. Per fortuna, prima di finire in mare, le acque delle fogne vengono in parte ripulite dagli impianti di depurazione.

La piaga degli illeciti

Purtroppo però, questo non sempre avviene in modo corretto. Il mancato rispetto delle leggi che tutelano la salute dei nostri fiumi, è infatti una grossa piaga della società in cui viviamo. Ad oggi l’Italia, si trova in cima alla classifica europea per procedure di infrazione dovute alla mancata presenza di fogne e depuratori, e per questo motivo paghiamo una penale di 126 mila euro al giorno.

Il Lazio poi, è una delle regioni con il più alto numero di illeciti commessi lungo i suoi corsi d'acqua. Secondo un’indagine del Corpo forestale dello Stato, gli illeciti scoperti nei primi anni 2000, erano in media circa 24 al mese. Tra i più frequenti: mancata depurazione degli scarichi civili e industriali, pesca illegale, versamento di sostanze inquinanti e tossiche, opere idrauliche non a norma… insomma, tutte attività criminali che sicuramente non giovano alla salute dei torrenti.

Tutto questo infatti, unito alla mastodontica portata di rifiuti che produce una metropoli come Roma, fa sì che le acque della Capitale superino ampiamente i limiti batteriologici consentiti. Il limite massimo di escherichia coli per la balneabilità dei fiumi per esempio, sarebbe di 1000 unità per 100 ml d’acqua. Secondo alcune analisi condotte nel 2021 però, questo dato viene superato dal Tevere in quasi l’80% dei punti di prelievo, rendendolo di fatto assolutamente pericoloso per i bagnanti.

Non solo Tevere

Non credere però, che il problema dell’inquinamento dei torrenti sia un fenomeno unicamente italiano. Negli ultimi decenni purtroppo, questo destino ha tristemente accomunato quasi tutti i fiumi delle grandi città del mondo. E anzi, se paragonate al Gange in India, o al Danubio (che attraversa diverse metropoli europee), le acque del Tevere non sono nemmeno messe così male.

Pensa che nel ‘57 il Tamigi (a Londra), era stato dichiarato biologicamente morto. In poche parole, l’inquinamento aveva sterminato ogni forma di vita animale al suo interno! 

Soluzioni

Per fortuna, rispetto a 50 anni fa le cose stanno un po’ cambiando. Al giorno d’oggi c’è sicuramente una sensibilità maggiore da parte della comunità e delle istituzioni nei confronti di queste tematiche.

Proprio a Roma, dal 2020, sono state messe a punto delle barriere acchiappa plastica, che hanno raccolto nei soli primi 18 mesi di sperimentazione più di 6 tonnellate di rifiuti.

Persino la Senna di Parigi – uno dei fiumi che fino a qualche decennio fa era tra i più inquinati d’Europa – si sta pian piano ripulendo. Il comune si è addirittura prefissato l’ambiziosissimo obiettivo di renderlo nuovamente balneabile entro le olimpiadi estive di Parigi 2024. E anche il Tamigi sta tornando lentamente a vivere. Nel 2021 sono stati avvistati alcuni pesci al suo interno, che fanno ben sperare per il futuro.

Facciamo sentire la nostra voce

L'unica cosa che possiamo fare noi cittadini quindi, è continuare a far sentire la nostra voce, far capire che è un tema che ci sta a cuore, così da spingere anche gli organi di competenza ad adottare misure adeguate; perché un mondo più sostenibile è possibile.

E chissà che un giorno, grazie al progresso tecnologico e a una serie di provvedimenti mirati da parte delle istituzioni, il Tevere non torni a essere biondo come un tempo.

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Polentona acquisita e curiosa instancabile. Sono a Milano dal 2016 e scrivo per passione da quando ho cinque anni. Amo il altro…