Una cupola di cemento in mezzo al mare: cos’è la Runit Dome, l’isola più radioattiva di Chernobyl e Fukushima

In questo nuovo episodio di Contro Natura ti raccontiamo la storia di Runit, un isolotto delle isole Marshall che, da paradiso tropicale, è diventato teatro di esperimenti bellici. Qui gli USA hanno testato bombe a idrogeno di potenza mille volte superiore a quelle di Hiroshima e Nagasaki che, anche dopo mezzo secolo, hanno ripercussioni sul territorio e sulla salute delle persone.
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Rubrica a cura di Beatrice Barra
13 Novembre 2023

Cosa ci fa una cupola di cemento su un’isola del Pacifico? Questa struttura, chiaramente visibile da Google Maps, non è altro che una tomba di residui bellici che ancora oggi emana pericolosissime onde radioattive. Il suo nome è Runit Dome.

Fonte: US Defense Special Weapons Agency/ Wikimedia Commons

Il cimitero di scorie radioattive dell'atollo Enewetak

Runit è uno dei 40 isolotti che compongono l’atollo Enewetak. Un atollo è un tipo di scogliera corallina che ha una forma circolare e racchiude una laguna interna collegata all’Oceano attraverso dei piccoli canali chiamati Pass. Solitamente gli atolli sorgono sopra dei vulcani sottomarini e sono molto distanti da grandi isole o dalla terraferma.

Fonte: NASA/ Wikimedia Commons

La Runit Dome è la struttura a forma di cupola che si trova su quest'isola. Si tratta di un cimitero di scorie radioattive, utilizzato per raccogliere terreno contaminato, detriti radioattivi e quantità letali di plutonio, in misura tale che si potrebbero riempire 35 piscine olimpioniche: tutti scarti generati dagli americani durante i test atomici nel periodo della Guerra Fredda, quando l’esercito statunitense, tra il 1948 e il 1958, ha fatto esplodere ben 67 bombe nucleari al largo delle sperdute Isole Marshall nell’Oceano Pacifico. Pensa che uno di questi, il test Castle Bravo, ha visto la detonazione di una bomba a idrogeno di potenza mille volte superiore agli ordigni sganciati su Hiroshima e Nagasaki. Uno studio pubblicato su PNAS, una delle riviste scientifiche più note a livello internazionale, ha dimostrato che i livelli di plutonio, in alcune parti delle isole Marshall, sono da 10 fino a 1.000 volte più alti di quelli campionati vicino alle centrali elettriche di Chernobyl e Fukushima.

Da paradiso tropicale a teatro di esperimenti bellici

Un tempo le isole Marshall erano un paradiso tropicale con incantevoli spiagge bianche e barriere coralline, abitate da piccoli gruppi locali, dediti alla pesca e all’agricoltura. Durante la Guerra Fredda, gli americani scelsero alcuni di questi atolli per i loro esperimenti bellici, tra il 1946 e il 1958, principalmente sugli atolli Enewetak e Bikini. Se te lo stai chiedendo, sì, il rivoluzionario costume “bikini” lanciato per la prima volta nel 1946, prese proprio il nome dall’atollo, dato che il suo ideatore cercava un nome che avesse un effetto “atomico”.

Operation Ivy, KING Event, Fonte: Wikimedia Commons

Ma perché proprio queste isole?

L’atollo Enewetak era esattamente quello di cui gli americani avevano bisogno: la zona era scarsamente popolata, lontana dalle principali rotte marine, ma comunque sufficientemente vicino alle isole Hawaii (territorio americano) per i rifornimenti. In più, l’area era stata controllata in precedenza dai giapponesi ed era già dotata di una pista di atterraggio.

Fonte: Zuzu macumba/ Wikimedia Commons

La popolazione locale fu fatta evacuare, nella maggior parte dei casi contro la propria volontà, e l’aspetto delle isole fu completamente alterato: intere foreste abbattute, terreni coperti da cemento e, soprattutto, giganteschi crateri. Al termine delle operazioni, fu però necessario trovare una soluzione per le scorie radioattive così, tra il 1977 e il 1980, i residui bellici furono raccolti all’interno di un cratere situato sull’isola di Runit e, a coprire il tutto, venne costruita una cupola di cemento.

Così è nata la Runit Dome, che i locali chiamano ancora oggi “The Tomb” (la tomba). Il contenitore doveva rappresentare una soluzione temporanea, ma con la fine della Guerra Fredda gli Stati Uniti hanno abbandonato l’area e la struttura non è stata più modificata.

In che stato si trova oggi la Runit Dome?

Bisogna considerare che la cupola si sta seriamente danneggiando a causa dell’innalzamento del livello del mare: l’acqua, che sta raggiungendo la struttura, la sta lentamente corrodendo e aprendo delle crepe. Ciò provoca la fuoriuscita di scorie radioattive e l’inquinamento di tutta l’area marina circostante. Secondo uno studio pubblicato su National Library of Medicine e ripreso da un'inchiesta del Los Angeles Times, lo sversamento di materiale radioattivo sta avendo effetti negativi sulla salute della popolazione. Molti sono i casi di disturbi, anche molto seri, alla tiroide, alcuni dei quali sono stati denunciati da cantanti locali che hanno subito danni permanenti alle loro capacità vocali.

Tre isole su quaranta sono state rese sicure per il reinsediamento e alcuni abitanti sono tornati a popolare l’atollo. L’isola di Runit dovrebbe essere interdetta a causa dell’elevato livello di radioattività; in rete si trovano, tuttavia, diverse testimonianze di persone che si recano sull’isola, nonostante i pericoli. Mentre a Chernobyl e Fukushima ci sono sforzi attivi da parte dei governi per tenere le persone lontane dai reattori, isole come Runit sono facilmente accessibili dalle persone del posto, che tradizionalmente vi si recavano per raccogliere frutta e altro cibo.

USA, quelle responsabilità negate

In tutto questo, le autorità statunitensi negano le proprie responsabilità, ma il Los Angeles Times ha analizzato migliaia di documenti, da cui è emerso che il governo americano avrebbe nascosto per lungo tempo informazioni chiave sul contenuto della cupola e sul programma di test sulle armi prima di firmare con il governo delle Isole Marshall, nel 1986, un accordo che avrebbe liberato gli Stati Uniti da ogni responsabilità. Le autorità statunitensi, inoltre, non hanno informato gli abitanti di Enewetak di aver condotto non solo esperimenti nucleari, ma anche test con armi batteriologiche. Infine, cosa più importante, il governo statunitense ha dato esecuzione solo in parte alla decisione del tribunale internazionale, istituito dai due paesi nel 1988, che ha stabilito che gli Stati Uniti dovessero pagare 2,3 miliardi di dollari di risarcimento.

I problemi nati dall’esposizione alle scorie radioattive non hanno creato problemi solo agli abitanti dell’atollo, ma anche ai soldati americani e ai  civili che hanno preso parte alle operazioni di raccolta di scorie e alla costruzione della cupola, i quali hanno subito lesioni di vario genere per la loro esposizione alle radiazioni. Per questo motivo è nata l’Atomic Cleanup Vets,  un’associazione che ha l'obiettivo di aiutare le persone che hanno riportato danni dall’attività di bonifica dell’atollo e di ottenere dal governo americano il riconoscimento come veterani di guerra.

Da Enewetak al resto del mondo

La situazione delle Isole Marshall è solo uno degli esempi di come la sperimentazione di armi nucleari ha alterato l’equilibrio naturale danneggiando sensibilmente l’ecosistema e avendo grandi impatti sulla salute umana. Basti pensare a quanto accaduto a Mururoa, in Polinesia, a causa dei test nucleari francesi effettuati tra gli anni ‘60 e gli anni ‘90.

Fonte: NASA/ Wikimedia Commons

L’agenzia investigativa Disclose insieme all’Università di Princeton ha analizzato moltissimi dati, da cui emerge che nella terra e nelle acque della laguna e dei fiumi sono ancora presenti alti livelli di radioattività, a causa delle piogge radioattive generate dalle nubi dei test nucleari.

Avevamo visto qualcosa di simile, riguardo le armi belliche, anche con la Sindrome di Quirra, in Sardegna, in un’altra puntata di Contro Natura che puoi recuperare sulla pagina. Tutto questo per dire che, oltre ai danni diretti sulle vite delle persone e su interi Paesi, le guerre producono anche moltissimi danni collaterali che rimangono anche quando i conflitti finiscono e continuano a distruggere l’ambiente e la salute delle persone che lo abitano.

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Polentona acquisita e curiosa instancabile. Sono a Milano dal 2016 e scrivo per passione da quando ho cinque anni. Amo il altro…