Coronavirus in Italia, intervista al medico Kasongo: “Non ci estingueremo per il coronavirus”

Dopo gli episodi di panico collettivo per l’arrivo del coronavirus in Italia, abbiamo chiesto al medico Albert Kasongo quali possono essere le conseguenze delle misure adottate per le città del Nord Italia e quale potrebbe essere l’andamento dell’epidemia nel nostro Paese.
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Simona Cardillo 28 Febbraio 2020
* ultima modifica il 22/09/2020
Intervista al Dott. Albert Kasongo Medico vaccinatore presso il Centro medico Santagostino di Milano

Dopo il panico collettivo, adesso è ora di razionalizzare e comprendere a fondo il fenomeno "Coronavirus in Italia". Noi di Ohga fin dall'inizio, quando ancora il virus non era arrivato nel nostro Paese, ti abbiamo spiegato le sue caratteristiche, in che modo attaccasse il sistema immunitario e quali fosse il tasso di letalità della malattia, paragonati alle più famose epidemie degli ultimi decenni.

Adesso che il coronavirus non solo è entrato in Italia, ma ha anche contagiato centinaia di persone accertate (e chissà quante altre non testate) è il momento di capire bene quali possano essere le conseguenze e se le misure adottate in questi giorni per città come Milano sono davvero adeguate.

Lo abbiamo chiesto al dottor Albert Kasongo, medico vaccinatore del Centro medico Santagostino di Milano. Ecco cosa ci ha risposto.

La diagnosi del coronavirus

Dottor Kasongo, mentre in Italia abbiamo centinaia di casi diagnosticati, dal Giappone ci arriva notizia di una donna che sarebbe stata infettata dal virus una seconda volta. Questo coronavirus può colpire due volte la stessa persona?

Non ci sono ancora evidenze certe sul reale comportamento del virus e fin quando non si risolverà l'epidemia, non avremo un andamento certo del comportamento del virus. C'è da dire che gli altri virus influenzali possono causare ricadute. Nel caso del coronavirus andrebbe studiata l'antigenicità del virus, ovvero il modo in cui cambiano gli antigeni di superficie del virus. Ad oggi dobbiamo ancora capire quanto sia mutevole questo virus per quanto riguarda il suo profilo antigenico, quanta immunità lasci nel paziente già infettato e quanta capacità abbia di reinfettare lo stesso individuo.

Come deve comportarsi oggi un medico di fronte a un paziente?

In linea di massima come si è sempre comportato da prima del coronavirus. Il comportamento da tenere oggi è a discrezione del medico. L'unica differenza rispetto al passato è che, essendo stata dichiarata un'emergenza sanitaria ed essendoci delle misure restrittive che limitano i rapporti interpersonali, in ambito sanitario bisogna considerare il rischio di contagio in luoghi affollati come gli ambulatori medici. Ecco perché si consiglia di fare prima un triage telefonico e, dopo una valutazione telefonica, sarà il medico a dire se recarsi in ambulatorio o meno.

Come funziona un triage telefonico?

Il paziente telefona al medico e gli comunica i suoi sintomi come tosse, febbre, diarrea, mal di testa e via di seguito. Comunica inoltre da quanto tempo ce li ha e quanto siano più o meno gravi. Sulla base di quei sintomi il medico potrà fare una prima diagnosi. Il funzionamento somiglia quindi a quello del triage che si fa in pronto soccorso una volta arrivati.

Cosa può fare un medico dopo il triage telefonico?

In caso di situazione a rischio coronavirus, dirà al paziente di chiamare i numeri a disposizione per l'emergenza e gli consiglierà di rimanere in casa (paziente e famigliari). Se i numeri di emergenza dovessero ritenere il paziente una persona a rischio, prenderanno i dovuti provvedimenti. Se invece il medico non dovesse riconoscere nessun rischio di infezione da coronavirus, si comporterà di conseguenza, dandogli appuntamento in ambulatorio se necessario.

Le misure adottate

In questi giorni sono state prese misure a livello regionale e nazionale: scuole chiuse, zone rosse in isolamento, smart working, luoghi di aggregazione chiusi ed eventi pubblici sospesi. Secondo lei, da medico e da cittadino milanese, le persone possono stare tranquille o devono avere paura?

La situazione attuale ci insegna che tutte le raccomandazioni igienico-sanitarie degli anni passati (come lavare le mani, non mettere le mani in bocca, starnutire nell'incavo del gomito) hanno un fondamento ed è giusto rispettarle. In ogni caso dobbiamo stare tranquilli perché, seguendo queste naturali norme igieniche e avendo buon senso e responsabilità civile, continueremo a vivere serenamente. Non ci stiamo estinguendo per il coronavirus.

Serve chiudere bar e rimandare eventi importanti come Fa' la cosa giusta, il Salone del Mobile e, notizia di oggi, anche il Salone dell'auto di Ginevra?

Avremmo potuto evitare queste misure comportandoci diversamente a monte, cioè quando questo virus è emerso all'estero. In quel momento si sarebbero potute prendere altre misure: sarebbe forse stato più opportuno tracciare in modo più stringente chi veniva dalla Cina. In ogni caso ad oggi le misure sono secondo me esagerate, perché stanno impattando fortemente sull'economia. Dall'altro lato però è anche necessario cercare di contenere la diffusione del virus.

L'andamento dell'epidemia in Italia

Secondo lei è quale sarà l'andamento di Covid19 in Italia?

Personalmente credo che seguirà l'andamento della stagione influenzale. Non è detto che la diffusione del coronavirus in Italia sia iniziata dopo rispetto all'influenza stagionale, si è semplicemente alzata successivamente l'asticella dell'attenzione sul coronavirus. Verosimilmente ad aprile-maggio avremo un calo drastico dei casi e l'epidemia potrebbe essere risolta prima dell'estate.

Il punto più importante è cercare di preservare dal contagio le categorie più a rischio.

Il coronavirus può diventare stagionale e ripresentarsi anche nei prossimi anni?

Vista l'alta affinità di composizione del virus a quello della Sars, al quale è paragonabile circa al 70%, credo che anche il comportamento del coronavirus possa essere simile a quello della Sars, che era arrivato senza più tornare. Non dobbiamo dimenticarci che stiamo parlando di una zoonosi, cioè una malattia che è partita da un animale ed è poi passata all'uomo. Quindi, a meno che il microorganismo non si adatti completamente al nuovo ospite (cioè l'uomo), non dovrebbe ripresentarsi l'anno prossimo, dato che il suo bacino naturale rimane l'animale.

Un vaccino contro il coronavirus

Creare un vaccino contro il coronavirus può essere utile oppure no?

Anche in questo caso parto da una considerazione: per la Sars non è mai esistito un vaccino. I costi di un vaccino sono molti elevati, quindi devono anche esserci indicazioni fondate affinché ne venga prodotto uno. In una situazione del genere è quasi necessario sperimentare un vaccino perché in caso di pandemia dobbiamo avere un'arma per combatterlo. Se però il virus dovesse risolversi da solo, andranno a quel punto anche considerati gli alti costi di produzione di un vaccino.

Quanto tempo serve per creare un vaccino valido?

Diversi mesi perché va prima studiato il microrganismo, poi vanno considerate qualitativamente e quantitativamente le sue parti più sensibili, vanno fatti gli esperimenti in vitro, poi va testato sugli animali, poi sull'uomo e solo a quel punto può essere messo in commercio. Tutte queste fasi hanno bisogno di tempo, soprattutto per determinare in una misura più vicina alla realtà le controindicazioni e le reazioni avverse.

Categorie a rischio e complicazioni

I dati di contagi e decessi ci stanno dimostrando che a essere più a rischio sono le categorie più deboli e fragili, come gli anziani e chi soffre già di altre patologie. Come possiamo proteggere queste categorie?

Il punto più importante di tutta la vicenda è proprio questo: cercare di preservare dal contagio le categorie più a rischio. Come sempre bisogna avere la buona volontà e il buon senso di evitare di stare a stretto contatto con queste persone nel caso dovessimo avere qualche sintomo sospetto. Inoltre vanno rispettate le norme igieniche per cercare di prevenire il contagio. Faccio un esempio concreto: se volessi andare a trovare mia nonna, sarebbe meglio evitare in presenza di qualche sintomo. In assenza di sintomi invece, indosserei comunque la mascherina, mi toglierei le scarpe e mi laverei le mani appena arrivato a casa sua.

Perché il cosiddetto "paziente 1" su cui per primo è stata diagnosticata la malattia, un 38enne sportivo, sano e giovane, è in gravi condizioni?

Il problema è stata la tardività della diagnosi che ha permesso al virus di progredire fino ad attaccare l'organismo in questo modo. Da sempre una delle lotte della medicina è arrivare il prima possibile alla diagnosi. Lui molto probabilmente aveva una condizione immunitaria di base che, unita a una diagnosi tardiva, ha permesso al virus di progredire fino a questo punto,

Ci tengo ad aggiungere un'ultima cosa: in medicina non esiste mai un'unica causa di decesso, spesso è una concomitanza di cause. Questo succede perché man mano che arrivano le patologie, il sistema immunitario si indebolisce dato che è impegnato in tante lotte fino a non poter contrastare più nulla.

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