I chewing gum, plastica zuccherata che si fonde con l’asfalto

C’è una ragione se le gomme da masticare non si sciolgono mai: sono composte da poliisobutilene, ovvero plastica. Con l’aggiunta, naturalmente, di zucchero e aromi artificiali. Così, quando vengono gettate a terra, diventano un tutt’uno con il marciapiede e per rimuoverle bisogna ricorrere a sostanza chimiche e getti d’acqua potenti, che defluiscono poi nelle fognature e creano nuovo inquinamento. E ogni anno se ne buttano 560mila tonnellate nel mondo.
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Rubrica a cura di Giulia Dallagiovanna
12 Novembre 2019

Dopo i mozziconi di sigaretta, sai qual è il secondo rifiuto gettato a terra più di frequente? Proprio così, i chewing gum. O chicche, o gomme da masticare o in qualsiasi altro modo a te piaccia chiamarli. Li metti in bocca quando hai paura di avere un alito cattivo, quando non hai fatto in tempo o non hai avuto modo di lavarti i denti, o semplicemente perché ti piacciono. E poi, senza pensarci su troppo, le sputi direttamente sul marciapiede. Hai mai guardato l'asfalto sotto i tuoi piedi mentre cammini? Ti accorgerai che è pieno di strane macchie per lo più biancastre o di altri colori tenui: non è una nuova forma di arredo urbano, ma chewing gum rimasti lì da chissà quanto tempo e che ormai si sono fusi con la strada. Si calcola che ogni anno ne vengano buttati a terra 560mila tonnellate, 23mila di queste si trovano in Italia.

Ti sei mai chiesto di cosa è fatto quel piccolo confettino al sapore di menta? Poliisobutilene, un polimero sintetico e gommoso. In altre parole, plastica zuccherata. E come ben saprai, la plastica non è per nulla un materiale ecosostenbile. Non solo ma, poiché sono appiccicose e non si biodegradano, hanno tempo e modo di diventare un tutt'uno con il manto stradale, rendendo quasi impossibile una loro rimozione. Per pulire i marciapiedi, infatti, bisogna ricorrere a sostanze chimiche e disinfettanti, ma soprattutto a un getto d'acqua piuttosto potente, che in parte le polverizza. Tutto questo non può che finire nel tombino più vicino e, di conseguenza, nelle acque reflue. Contaminando tutto ciò che trova.

I discendenti diretti dei Maya producono ancora chicles naturali, provenienti dal lattice di piante sempreverdi

E pensare che il chicle masticato dai Maya era ottenuto da lattice di alcune piante sempreverdi, mentre i primi esempi arrivati in Europa erano composti da linfa di betulla. Tutto perfettamente green e naturale, insomma. E in effetti esiste ancora chi produce i chewing gum seguendo le antiche tradizioni. Si chiamano Cichleros e sono proprio i discendenti diretti del popolo precolombiano. In Messico si sono riuniti in diverse cooperative e hanno immesso nella rete del mercato equo e solidale la Chicza Rainforest Gum, ottenuta dal lattice dell'albero del chicozapote, tipico dello Yucatàn.

Per il resto, dovresti forse chiederti se non sia il caso di ridurne il consumo. Certo, sono utili quando non si ha a portata di mano lo spazzolino da denti, ma fanno parte probabilmente di una di quelle abitudini che possiamo abbandonare, proprio per fare del bene al nostro Pianeta. Pensa che a Singapore, per ovviare a questo problema, ne hanno addirittura vietato il commercio e chi le vuole le deve per forza acquistare in farmacia. Anche perché le cicche non fanno male solo all'ambiente: la continua masticazione stimola la produzione di succhi gastrici con i quali il tuo organismo si prepara a processare alimenti che, in realtà, non esistono. Tra i rischi immediati c'è sicuramente l'acidità di stomaco, ma alla lunga i problemi possono anche diventare più seri.

Quello che invece non dovresti proprio fare è gettarle a terra con noncuranza. Se smaltite correttamente possono, in alcuni casi, essere riciclate. Probabilmente nella tua città non ci sono ancora, ma potresti lottare per ottenere i contenitori per la raccolta differenziata ideati della designer britannica Anna Bullus. Proprio lei è stata in grado di lavorare i chewing gum, fino a ottenerne una plastica malleabile per costruire altri oggetti. Ha così inventato dei cestini appositi per questo rifiuto i quali, una volta pieni, possono essere di nuovo fusi assieme al contenuto e formare dei nuovi bidoni. Oppure contribuire al progetto Gumdrop per la realizzazione di nuovi oggetti, come le suole per le scarpe da ginnastica, cover per smartphone e stivali di gomma per la pioggia.

Fonte| Focus

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Sono Laureata in Lingue e letterature straniere e ho frequentato la Scuola di giornalismo “Walter Tobagi” di Milano. Mi occupo principalmente altro…