Il cane è il nuovo alleato contro l’Alzheimer: la sua presenza potrebbe ridurre l’isolamento sociale dei pazienti

Uno studio dell’Università di Parma ha dimostrato che la presenza di un animale domestico contribuirebbe a un miglioramento del miglioramento dello stato di benessere dei malati, portando benefici anche sul piano cognitivo e mnemonico.
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Kevin Ben Alì Zinati 5 Luglio 2021
* ultima modifica il 05/07/2021

Nella lunga sfida contro la malattia di Alzheimer, scienza e medicina da anni stanno mettendo in campo tutte le risorse possibili.

Per contrastare la causa più comune di demenza nell’uomo, che in Italia solo nel 2020 ha fatto registrare oltre 500mila casi, ad oggi sono già impiegati diversi trattamenti farmacologici.

Tra questi, recentemente ti abbiamo raccontato sono il potenziale vaccino oppure il nuovo farmaco approvato a 18 anni di distanza dall’ultimo.

Un altro filone terapeutico molto promettente e spesso integrativo di quello a base di farmaci mira a contrastare la malattia di Alzheimer attraverso approcci psicologici e riabilitativi, cui i pazienti vengono sottoposti allo scopo di ritardare la progressiva perdita di funzionalità motorie e cognitive.

Come le terapie complementari con l’assistenza di animali domestici. Secondo un recente studio di un team di ricercatori dell’Università di Parma, per esempio, la presenza di un cane aiuterebbe concretamente le persone con la malattia di Alzheimer (AD) a ridurre l’isolamento sociale e la solitudine.

Per confermarlo, il gruppo di lavoro del Dipartimento di Scienze Medico-Veterinarie dell’Università di Parma ha coinvolto 30 pazienti con malattia di Alzheimer e 3 cani coterapeuti.

Li hanno sottoposti a un totale di 24 sessioni di interventi assistiti da animali per un periodo di 12 settimane mentre un secondo gruppo composto da 10 pazienti ha effettuato gli stessi test di valutazione ma senza avere il contatto con i cani.

I risultati, pubblicati sulla rivista Animals, hanno dimostrato che chi aveva avuto la possibilità di relazionarsi con il cane aveva ottenuto un miglioramento importante del proprio stato di benessere e anche sul piano cognitivo e mnemonico.

A patto però che vengano mantenuti costanti nel tempo. I ricercatori hanno osservato, infatti, che due mesi dopo la fine delle sessioni con i cani i benefici tendevano progressivamente a diminuire.

Per questo hanno suggerito che integrare la routine dei pazienti con i trattamenti farmacologici e un percorso di riabilitazione di questo tipo mantenuto e continuativo potrebbe davvero contribuire a migliorare il benessere sociale e globale dei pazienti affetti da Alzheimer.

Fonte | "Effects of Dog-Assisted Therapies on Cognitive Mnemonic Capabilities in People Affected by Alzheimer’s Disease" pubblicato l'11 maggio 2021 sulla rivista Animals

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