Il fiume sacro sconvolto dall’inquinamento, la storia del Sarno

Scarichi industriali illeciti, rete fognaria insufficiente, mala gestione delle acque. Sono questi i fattori principali che hanno portato il fiume Sarno a diventare uno dei fiumi più inquinati d’Europa. Come si è arrivati a questo punto? Cerchiamo di capirlo in questa nuova puntata di Contro Natura.
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Rubrica a cura di Beatrice Barra
3 Ottobre 2023

Si può fare un funerale a un fiume? Gli abitanti di Nocera inferiore l'hanno fatto per dare l'ultimo saluto al Sarno, in Campania, che è uno dei  fiumi più inquinati al mondo.

Quello che una volta era un corso d'acqua rigoglioso, sulle cui sponde prosperavano alcune delle civiltà più ricche e sviluppate del mondo, oggi è una discarica a cielo aperto, in lotta contro il tempo per sopravvivere.

Quando il Sarno era considerato un Dio

Fin dall’antichità il fiume Sarno è stato essenziale per lo sviluppo delle civiltà che vivevano in Campania nella valle tra il Vesuvio e il gruppo montuoso del Sant'Angelo-Pizzo d'Alvano. Descritto nei libri di storia come rifornimento d'acqua, utile per irrigare i campi agricoli, un fiume grande e navigabile, quindi un collegamento strategico per il commercio con Pompei e altre città interne, il fiume Sarno era talmente importante che era venerato come un Dio, Sarnus per la precisione, raffigurato come un vecchio con la barba che versa acqua da un vaso.

Ma azioni irresponsabili, come troppo spesso accade, hanno cambiato nel corso del tempo il destino di questo fiume.

I cambiamenti strutturali del fiume

La prima grande rivoluzione strutturale del fiume avvenne nel 79 d.C., data della celebre eruzione del Vesuvio, quella che seppellì Pompei ed Ercolano, e ricoprì gran parte della valle di materiale vulcanico. Secondo gli storici i detriti del Vesuvio coprirono il Sarno nella zona della foce, facendolo scomparire totalmente. Solo dopo qualche tempo e con molta fatica riuscì a farsi nuovamente strada ricomparendo con l'aspetto di un ruscello stretto e povero. Con il tempo tornò a essere al centro di larga parte dell’economia della valle: mulini, industrie, pescatori. In una parola: progresso economico. Il fiume cambiò per sempre,  a causa delle modifiche strutturali apportate per adattarlo alle esigenze degli uomini.

Un esempio è la creazione del canale Bottaro. Attraverso un sistema di sbarramento in muratura con divisori mobili, una parte dell'acqua del fiume fu deviata per far funzionare dei mulini, dando vita al canale artificiale. Ma non solo: furono scavati anche altri canali artificiali, per raccogliere le acque dei torrenti che spesso allagavano Nocera, collegandoli direttamente al Rio San Mauro, un tributario del Sarno, aumentando la sua portata. In aggiunta a ciò, le modifiche portarono il corso del Sarno a “raddrizzarsi”, nel senso che in alcuni punti vennero eliminate le anse – ovvero le curve del fiume –  per far scorrere l'acqua più velocemente.

Tutti questi interventi, ritenuti al tempo utili per controllare e sfruttare al meglio le acque, decretarono invece lo sconvolgimento del fiume. Prima fra tutti la perdita di biodiversità, la riduzione della capacità di autodepurazione del fiume e l'alterazione del paesaggio.

Le cause dell’inquinamento del fiume Sarno

Devi immaginare il fiume Sarno come un piccolo albero, con un tronco di soli 24 km di lunghezza, ma con delle radici estese. Queste sono i canali che formano il bacino idrografico, cioè la zona di terreno che raccoglie le acque che alimentano il fiume e che nel Sarno è di circa 500 km2.

È proprio qui che nasce il problema: il Sarno attraversa uno spazio, relativamente breve, ma altamente abitato con poli industriali e una campagna intensivamente coltivata, per un totale di 39 comuni di cui, 18 appartengono alla provincia di Salerno, 17 alla provincia di Napoli e 4 alla provincia di Avellino.

Fonte: Demart81/Wikimedia Commons

Sostanzialmente il Sarno si fa strada in un territorio stravolto dallo sviluppo urbano in cui, per di più, il progressivo sviluppo delle città non è andato pari passo con la rete fognaria. Mentre le città si allargavano il fiume e il suo articolato sistema di canali sono rimasti l’unico modo per smaltire le acque di scarico dell’intero territorio. Pensa che tutt'oggi in molti comuni della zona quando viene tirato lo sciacquone, le acque sporche vengono scaricate direttamente nel fiume, trasformandolo in una fogna a cielo aperto.

Allo stesso modo anche la struttura stessa delle città gioca un ruolo importante nell’inquinare il fiume Sarno. Le case, le strade e più in generale la cementificazione selvaggia hanno reso impermeabile gran parte del terreno. Ciò significa che il terreno non riesce ad assorbire a sufficienza l’acqua piovana che quindi è costretta a scorrere verso il fiume, portando con sé rifiuti e sostanze inquinanti che finiscono nel fiume.

Rio Pomodoro: gli scarichi industriali colorano l’acqua

A peggiorare ulteriormente la situazione del fiume Sarno ci sono anche le attività che rendono famosa della zona. La valle del Sarno produce le famose conserve di pomodoro San Marzano, un prodotto D.O.P. esportato in tutto il mondo. Eppure alcune industrie non rispettano le norme ambientali e scaricano i loro rifiuti direttamente nel fiume.  L’ultimo caso a luglio 2023  quando delle indagini condotte dal comando dei carabinieri del NOE di Napoli supportato per la parte tecnica da ARPAC (che sarebbe l’agenzia regionale per la protezione ambientale della Campania) hanno rivelato che un’azienda, specializzata nella lavorazione, nel confezionamento e nella vendita di passata di pomodoro (anche con marchio “bio”) ha versato direttamente nel torrente Marna, un affluente del fiume Sarno, gli scarti di produzione.

Fonte: Controcorrente – Per il Sarno che verrà/ Facebook

Nonostante in questo caso, come ci ha confermato al telefono il Nucleo operativo ecologico dei carabinieri di Napoli, le indagini siano ancora in corso quello che è certo è che emerge dai dati è che alcune di queste aziende del pomodoro presenti nella zona – nonostante siano attive solo per alcuni mesi all'anno -, troppo spesso immettono illegalmente nel fiume, oltre a sostanze chimiche, una quantità di materiale biologico, come scarti e bucce di pomodoro, che possono compromettere l’efficienza dei depuratori. È in quei periodi che a volte il Sarno si tinge letteralmente di rosso, tanto da essere stato addirittura rinominato “Rio Pomodoro".

Il Sarno non nasce sporco

Quando il colore rosso si dissolve lascia il posto al marrone, che domina il fiume in alcuni tratti. Chi abita vicino al Sarno si è abituato a questo colore, che sembra ormai naturale.

Fonte: Wikimedia Commons

Eppure il Sarno non nasce sporco, lo testimoniano i bagnanti che si rinfrescano nelle sue acque limpide i primi 200-300 metri, praticamente solo la zona limitrofa alle sorgenti. Ma dopo pochi chilometri, rieccoci, il Sarno cambia aspetto e torna a essere contaminato dall'inquinamento.

L’opera di disinquinamento non è ancora terminata

L'opera di disinquinamento del fiume Sarno, iniziata nel 1995 dopo la dichiarazione dello stato di emergenza del fiume è una storia che, a trent'anni di distanza, nonostante il raggiungimento di importanti traguardi come la costruzione di reti fognarie e depuratori, non è ancora giunta a compimento.  Lo confermano le analisi di Legambiente, che segnalano la foce del Sarno in uno stato di inquinamento cronico tanto da imbrattare con le sue acque contaminate il golfo di Napoli, rendendo il tratto non balneabile.

Un punto di partenza per invertire la rotta

Eppure, con un semplice sguardo al passato, ci possiamo rendere conto di quanto il fiume Sarno abbia dato vita, ricchezza e splendore a queste terre, che hanno saputo crescere e prosperare intorno a lui.

La lezione da interiorizzare è sempre la stessa: i fiumi e gli ecosistemi in cui viviamo sono una testimonianza, al pari di Pompei e di tutti gli altri reperti, della nostra storia, della nostra identità, degli errori commessi e di come questi errori impattino sulla nostra qualità della vita. Ed è proprio il fatto che siano testimonianza evidente di tutto ciò che è stato a renderli anche un perfetto punto di partenza per invertire la rotta: smettendo di vederli come un semplice bacino di risorse illimitate e iniziando a proteggerli (e quindi proteggerci) con politiche mirate. Partendo dalla pulizia e continuando con controlli assidui che garantiscano la fine degli sversamenti illeciti.

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Polentona acquisita e curiosa instancabile. Sono a Milano dal 2016 e scrivo per passione da quando ho cinque anni. Amo il altro…