L’8 marzo in emergenza Coronavirus: ecco le donne cruciali nella gestione del virus

Dottoresse, infermiere, infettivologhe, ricercatrici e tutte, tutte le altre. Oggi, nella giornata dedicata alle donne, non è stato possibile celebrare la lotta per la parità di genere come ogni anno. Eppure qualcosa si può fare. Ed è riconoscere il loro valore nella situazione di emergenza in cui ci troviamo.
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Sara Del Dot 8 Marzo 2020

È l’8 marzo. È la giornata internazionale della donna. Ma è anche uno dei momenti più delicati fino ad ora dell’emergenza Covid-19 in Italia. Per questa ragione, quest’anno la celebrazione organizzata da Non Una di Meno è stata un po’ diversa. Niente marcia in giro per le strade, niente corteo, niente manifestazioni dedicate alla parità di genere. Le ormai tradizionali azioni partecipative sono state sostituite da altre più simboliche, come appendere qualcosa di fucsia alle finestre, indossare qualcosa dello stesso colore, flash mob a distanza, suoni, grida e rumori per attirare l’attenzione e far sentire comunque la propria presenza. Tutto questo, sempre accompagnato da un’intensa comunicazione e scambio di informazioni, immagini, parole.

Anche nei palazzi delle istituzioni la celebrazione della festa internazionale della donna è stata diversa. Come ha dichiarato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel corso del suo discorso, non è stato possibile festeggiare la giornata al Quirinale, per i motivi che tutti conosciamo. Il Presidente ha poi inviato “a tutte le donne italiane e a quelle che si trovano in Italia un messaggio di vicinanza, di solidarietà.”

E ha proseguito dicendo: “Rivolgo innanzitutto un pensiero riconoscente alle donne, e sono tante, che sono impegnate negli ospedali, nei laboratori, nelle zone rosse per contrastare la diffusione del virus che ci preoccupa in questi giorni. Lavorano in condizioni difficili, con competenze, con spirito di sacrificio e con dedizione. Con una capacità esemplare di sopportare carichi di lavoro molto grandi. A loro in special modo vorrei dedicare questa giornata così importante"

"Da tanto tempo in tutto il mondo le donne sono protagoniste di processi sociali e culturali di grande importanza. In numerose occasione e in ambiti differenti sono state motore del cambiamento. Vorrei ricordare anche come le donne contribuiscano in misura particolare a cogliere il valore universale e concreto del dialogo, della solidarietà e della pace. Sostenere e rispettare la condizione femminile, ascoltare le donne vuol dire in realtà rendere migliore la nostra società per tutte e per tutti.” ha concluso Mattarella.

Già, le donne. Le donne spesso dimenticate, spesso ancora messe da parte, le stesse donne che tuttavia anche nella gestione dell’emergenza Coronavirus hanno apportato un contributo cruciale. Come sempre, del resto, nel mondo e nella società. Queste donne hanno un nome e un cognome. E meritano di essere conosciute.

Annalisa Malara

È stata prima in Italia a riconoscere il Coronavirus grazie a una sua intuizione “fuori dalle righe”. Annalisa Malara ha consentito di iniziare il processo di studio e di cura del Covid-19, permettendo agli ospedali e alle Regioni di prepararsi per quanto possibile. 38 anni, originaria di Cremona e anestesista all’ospedale di Codogno, Annalisa Malara aveva in cura Mattia, l’uomo che grazie alla sua intuizione è diventato il Paziente 1 consentendo di individuare il focolaio italiano.

Maria Capobianchi, Francesca Colavita e Concetta Castilletti

Maria Capobianchi, Francesca Colavita e Concetta Castilletti sono le tre donne componenti del team che han isolato il Covid-19 all’ospedale Spallanzani di Roma analizzando l’Rna dei due turisti cinesi ricoverati. La più giovane di loro, Francesca, ha appena 31 anni e fino a pochissimo tempo fa era precaria. In seguito alla scoperta, Francesca è finalmente stata assunta.

Claudia Balotta e il suo team

Cremonese, infettivologa dell’ospedale Sacco di Milano, la dottoressa Claudia Balotta è riuscita con il suo prezioso team a identificare e isolare il ceppo italiano del Coronavirus. La dottoressa, che è prossima alla pensione e coordina un’equipe di giovani e precari, è professore associato alla Clinica di Malattie infettive dell’Università di Milano e già nel 2003 aveva isolato il virus della Sars. Tra i suoi più stretti collaboratori, tra cui altre giovani donne, ci sono Alessia Lai, Annalisa Bergna e Arianna Gabrieli, Carla Veo, Maciej Tarkowski, Massimo Galli e Gianguglielmo Zehender.

Tutte le altre

Ho citato solo pochi nomi, ma ce ne sarebbero migliaia di altri da fare. C’è Sabrina Baggioli, infermiera dell’Ospedale Alessandro Manzoni di Lecco che lavora con turni sfiancanti da giorni e un lungo post su Facebook racconta la sua commozione all’arrivo del ragazzo della pizzeria con sette pizze pagate per lei e i suoi colleghi.

C’è Federica Brena, oncologa all’ospedale Humanitas Gavezzeni di Milano, che ogni giorno combatte una battaglia contro un nemico ancora poco conosciuto e una volta si è sfogata in un lungo post.

Ci sono tutte le donne che lavorano in corsia, dentro e fuori dai reparti di rianimazione, ci sono le insegnanti che cercano di preparare le lezioni a casa per evitare che i loro studenti perdano l’anno e fare in modo che riescano comunque a imparare, le madri che cercano modi alternativi di far trascorrere del tempo ai loro figli senza spaventarli, ci sono le donne sole, quelle che si prendono cura dei loro genitori anziani e hanno paura a entrarci in contatto per colpa del virus, quelle rinchiuse nelle zone rosse, quelle che a causa della situazione non potranno lavorare per molto tempo, rimanendo senza stipendio.

Le donne che, oltre a tutto ciò che devono fare ogni giorno, adesso hanno da gestire anche questo. Un nemico sconosciuto ma che, grazie ad altre donne, ora ha i tratti un po’ più definiti.