La discarica più alta del mondo: il problema rifiuti sull’Everest

In questa puntata di Contro Natura siamo saliti in cima al monte più alto del mondo, l’Everest, per raccontare il problema rifiuti che lo interessa. Alcuni lo chiamano “la discarica più alta del mondo”, perché in cima e nei vari campi base lungo la scalata si trovano oggetti abbandonati di ogni tipo. Oggi ci sono dei programmi che organizzano azioni di raccolta e smaltimento, ma come si è arrivati a questo punto?
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Rubrica a cura di Beatrice Barra
3 Novembre 2023

Nessun luogo è al sicuro: anche sull’Everest c’è la spazzatura.

Come testimoniano molti video diventati virali negli ultimi mesi, anche sulla montagna più alta del mondo ci sono funi, pezzi di tende da campeggio, bottiglie di plastica, lattine di alluminio fino a scarponi e resti di cibo.

Ma come è arrivata la spazzatura in cima al Tetto del Mondo?

Dalle prime spedizioni alla nascita dei campi base

Il Monte Everest fa parte dell'Himalaya, il sistema montuoso che si estende per 2.400 chilometri e attraversa quasi tutta l'Asia. Più precisamente la cima dell’Everest delinea il confine tra il Nepal e la Cina, ma è conosciuto da tutti come la montagna più alta del mondo, grazie ai suoi 8.849 metri sopra il livello del mare.

Era il 1921 quando la prima spedizione esplorativa britannica tentò l'impresa. Ne seguirono molte altre, tutte fallimentari. Questi insuccessi iniziali evidenziarono il ruolo cruciale dei campi base, che si trasformarono in dei punti di appoggio indispensabili per gli alpinisti in cui riposarsi, studiare bene il percorso da intraprendere e la giusta attrezzatura per raggiungere la vetta.

Tenzing Norgay and Edmund Hillary dopo la prima spedizione di successo fino alla cima dell’Everest, Fonte: Jamling Tenzing Norgay/ Wikimedia Commons

Per scalare l’Everest, infatti, serve dell’ossigeno extra. Normalmente in montagna quando l’altitudine aumenta l’aria si dirada, ciò significa che pur essendoci le stesse quantità di gas e componenti, tra cui l'ossigeno, che normalmente si trovano nell’aria che respiriamo tutti i giorni, sopra i 5500 metri la pressione e l’ossigeno si riducono quindi c’è meno ossigeno per il nostro corpo. Ma il vero pericolo è sopra i 7500/8000 metri, dove c'è quella che viene chiamata Zona della Morte. Qui l'ossigeno è così basso che il nostro corpo non può sopravvivere a lungo senza bombole di ossigeno.

La rivoluzione arrivò nel 1953 quando il neozelandese Edmund Hillary e il nepalese Tenzing Norgay entrarono ufficialmente nei libri di storia: furono le prime persone a raggiungere la vetta del Monte Everest. La loro impresa catturò l'immaginazione del mondo e da quel momento visitatori provenienti da tutto il mondo iniziarono a riversarsi sulla montagna con l’aspirazione di toccare il cielo. Ma questo sogno ha avuto un costo anche a livello ambientale.

L'impatto ambientale del turismo sull'Everest

Sono centinaia le persone che ogni anno decidono di visitare il Monte Everest. Pensa che in alcuni periodi la montagna è così affollata che spesso gli alpinisti sono costretti a stare in fila indiana per raggiungere la cima. E una volta raggiunta la vetta, c'è a malapena spazio per stare in piedi a causa del sovraffollamento.

Fonte: Saudi.now/Wikimedia Commons

Oltre agli alpinisti, che sfidano la sorte tentando la difficile scalata verso la cima, c’è un flusso sempre crescente di visitatori che si fermano al campo base o più semplicemente ai piedi delle montagne. Infatti, proprio per proteggere l’Everest e la sua fauna selvatica, nel 1976 è stato creato il Parco Nazionale di Sagarmatha, diventato Patrimonio dell'Umanità UNESCO nel 1979.

Entrata del Parco Nazionale di Sagarmatha, fonte: Dnor/Wikimedia Commons

Ma se da una parte il turismo ha portato sviluppo socioeconomico nell'area, dall’altro esercita molta pressione sulla biodiversità e sul delicato ecosistema della regione. Ma il problema più grande si trova in cima alla montagna.

Vecchie tende, corde, bombole di ossigeno esaurite, attrezzature consumate, bottiglie, lattine e molta altra spazzatura si sono accumulate negli anni. I rifiuti sono un problema di vecchia data sul Monte Everest. Già 60 anni fa era descritto come, «la discarica più alta del mondo».

Questo succede perché, per far adattare il corpo alle altitudini e compiere il cosiddetto assalto sull'Everest, gli alpinisti trascorrono settimane nei campi base prima di salire sulla vetta. Questi diventano come dei campeggi ben riforniti per venire incontro a tutti i bisogni degli scalatori. Niente di male se non fosse che in passato nella maggior parte dei casi non c’era una vera e propria consapevolezza di cosa significa “rispetto della natura”.

Campo base nepalese, fonte: ilker ender from Toronto/Wikimedia Commons

Storicamente ad alta quota, dove le persone lavoravano al limite delle proprie possibilità fisiche, era naturale scartare tutto ciò che non era necessario, come bombole di ossigeno esaurite o spazzatura. Questi venivano sotterrati o gettati nei crepacci. Allo stesso tempo quando la missione era finita, gli alpinisti se ne andavano in fretta, portando via solo ciò era strettamente necessario per la ritirata. E purtroppo i rifiuti non erano tra queste cose.

Ma non solo, la plastica si nasconde anche nella neve: sono state trovate microplastiche, cioè minuscole fibre di plastica ma anche di poliestere, acrilico, nylon e polipropilene, (insomma tutti materiali comunemente utilizzati nelle attrezzature in montagna) in 11 località dell’Everest, ad un’altitudine compresa tra 5.300 metri fino a poche centinaia di metri dalla punta. Un nuovo record: sono le microplastiche più alte mai trovate sul pianeta.

Programmi ad hoc per liberare l'Everest dai rifiuti

Niente allarmismi però! Non è che salendo sul monte Everest ci si trova davanti a una discarica. Sicuramente in alcune zone ci sono ancora dei rifiuti, ma una nuova sensibilità ha portato alla creazione di programmi per migliorare la situazione. A questo va aggiunto  il fatto che il riscaldamento globale fa sciogliere sempre più neve, trasportando eventuali rifiuti congelati giù a valle, dove vengono visti da più persone.

La spazzatura sull'Everest è gestita dal Comitato per il controllo dell'inquinamento di Sagarmatha (SPCC) che si occupa del monitoraggio dei rifiuti nelle montagne e che ha implementato un sistema di siti designati per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti a diverse altitudini, con raccolta e trasporto regolari dei rifiuti alle quote inferiori per il corretto smaltimento. Per prevenire e disincentivare l'inquinamento il Nepal ha istituito un deposito: ogni scalatore deve pagare una cifra di 4.000 dollari, che gli viene restituita solo se riporta giù almeno 8 chilogrammi di rifiuti. Questa è la quantità media di immondizia che si presume ogni persona produca durante la scalata.

Fonte: Debasish biswas kolkat/ Wikimedia Commons

Addirittura nel 2019 è stata avviata una campagna di pulizia che è entrata nel Guinness dei Primati. Grazie a una collaborazione tra l’esercito nepalese e la comunità locale, in oltre un mese sono state portate a valle più di 10 tonnellate di rifiuti.

Ma non solo: i rifiuti vengono trasformati in risorse preziose, grazie alla creazione di un museo unico nel suo genere. Al Sagarmatha Next Center vengono esposte opere d'arte e souvenir realizzati con i materiali riciclati dall'Everest con l’intento di cambiare la percezione della spazzatura, generare occupazione e reddito, e sostenere la conservazione ambientale della zona.

…al di là dell'Everest

Anche se questo problema sembra molto lontano dalla nostra vita quotidiana, in realtà l'inquinamento delle montagne è un problema che ci riguarda tutti. Non si tratta solo di salvare l'Everest o le altre vette himalayane, ma di preservare tutte le regioni montuose e le bellezze naturali che ci circondano. Ti basti pensare che secondo il report di Legambiente, la raccolta differenziata risulta ancora insufficiente nelle 498 località comprese all’interno dei 24 parchi nazionali italiani, con una percentuale media del 60,79%, mentre l'obiettivo stabilito nel 2012 prevedeva di arrivare almeno al 65%.

Proprio come sta succedendo sul Monte Everest, il turismo può essere una minaccia per l'ambiente se non è praticato con consapevolezza e responsabilità. Per questo occorre agire con attenzione e rispetto verso l'ambiente senza focalizzarsi unicamente sulla conquista personale di raggiungere la vetta. Anche noi nel nostro piccolo possiamo fare la differenza quando visitiamo le montagne, seguendo una semplice regola: tutto quello che portiamo in vetta dobbiamo riportarlo a valle. Così facendo potremo non solo raggiungere la cima, ma farlo in equilibrio con la natura.

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Polentona acquisita e curiosa instancabile. Sono a Milano dal 2016 e scrivo per passione da quando ho cinque anni. Amo il altro…