
Lo scoiattolo volante è un mammifero dotato di una membrana particolare (si chiama patagio) che, se distesa, consente un volo planato. Alle forme di questo curioso animale si rifà una tuta speciale, quella che molti atleti indossano per lanciarsi da altezze incredibili sfidando la forza di gravità. La tuta alare, infatti, è una tuta da lancio che per la sua forma consente di aumentare la superficie del proprio corpo e quindi di permettere una planata orizzontale.
Nel lancio con la tuta alare non ci allontaniamo troppo dal base jumping, ma in questo caso il tempo di caduta libera, se paragonato a quello del paracadutismo tradizionale, è circa il doppio e oltretutto le distanze che si possono coprire sono immensamente maggiori rispetto a quelle consentite con le più classiche tecniche di lancio.
Ancora oggi la tuta alare, o wingsuit, è in piena evoluzione. Si tratta di un indumento dotato di membrane fra braccia e corpo, costituite da due strati di tessuto sovrapposti e cassonati che si gonfiano per la pressione dell’aria, irrigidendosi. In questo modo si genera una forza fisica tale che qualunque corpo aerodinamico riesce ad essere sostenuto in aria, trasformandosi durante la caduta libera in una sorta di planata e aumentando il tempo di permanenza in volo.
Il merito della messa a punto della prima autentica tuta alare è da attribuire a Patrick de Gayardon e al suo team. Il paracadutista francese, infatti, intuisce che, date le caratteristiche di densità del corpo umano, non ci si può ispirare alle forme degli uccelli come era accaduto fino a quel momento, ma che sarebbe più utile osservare con attenzione quei mammiferi che riescono a planare per mezzo della membrana di cui sono dotati, proprio come gli scoiattoli volanti.
Dopo diversi anni di studio, nel 1996 sono incominciati i primi voli sperimentali, ma bisogna aspettare il 31 ottobre 1997 per avere la data ufficiale della prima tuta alare, quando, proprio davanti a un folto gruppo di giornalisti italiani, è lo stesso Patrick de Gayardon a lanciarsi da un elicottero a 6.000 metri di quota e a sfrecciare tra le guglie del versante francese del Monte Bianco.
De Gayardon è morto un anno dopo, il 13 aprile 1998, dopo un lancio di prova sulle isole Hawaii. Nel momento decisivo il paracadute non si è aperto nel modo corretto e quello di riserva si è attorcigliato con le corde del primo, senza così riuscire a fermare in alcun modo l’impatto al suolo.
Oggi il lancio con la tuta alare stupisce ancora per le imprese in cui si "lanciano" gli atleti più sprezzanti del pericolo e appassionati della disciplina. In ambito agonistico esistono anche dei campionati con tuta alare in cui si gareggia per tre diverse categorie: "permanenza in aria", "distanza percorsa" e "velocità", oltre alle gare di "figure artistiche”. Tuttavia sono ancora numerose, e tali rimarranno, le imprese solitarie che nascono da una irrazionale ricerca di adrenalina e dall’ambizione di segnare nuovi record, anche al costo della vita stessa.