L'uomo che piantava gli alberi

L’uomo che piantava gli alberi: un inno alla natura e alla rinascita

Con la nascita, c’è fiducia. E quale simbolo più appropriato che una piantagione di migliaia di alberi seminati per dare speranza all’umanità? E’ questo lo scopo del protagonista de “L’uomo che piantava gli alberi”, un eroe invisibile che crede nella potenza della natura, e nonostante tutto, negli uomini.
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Rubrica a cura di Francesca Camerino
30 Aprile 2021

“L’acqua vi era abbondante e, ciò che soprattutto mi commosse, vidi che vicino a essa avevano piantato un tiglio di forse quattro anni, già rigoglioso, simbolo incontestabile di una resurrezione” Jean Giono – L’uomo che piantava gli alberi

Quando ti addentri in boschi e prati incontaminati, tra fiori e piante rigogliosi, provi pace e serenità.  Il verde e la natura ti fanno sentire vivo e appagato.

Le stesse sensazioni che prova il protagonista de L’uomo che piantava gli alberi, un cortometraggio d’animazione tratto da un racconto di Jean Giono, pubblicato nel 1953, che parla di tenacia e speranza.

Il libro e la storia animata raccontano di Elzéard Bouffier, un pastore con una gran voglia di ricostruire e di rendere di nuovo viva una vallata arida, dimenticata dagli uomini, così presi da beghe e da rancori.

Elzéard è un pastore, uomo di poche parole, che vive in solitaria tra i suoi impegni quotidiani all’insegna della lentezza e della costanza, capace di grandi cose non per il bene di stesso ma per la comunità.

In lui c’è speranza che qualcosa possa cambiare, e che dentro ogni uomo ci siano le risorse per rinascere, basta cercarle. Un albero è vita, speranza, e il primo passo verso un rinnovamento. Nei primi anni del ‘900 si ritrova a ricostruire per allontanare una “desolazione senza pari”, in una terra della Provenza abbandonata dalla vita.

Decide di piantare migliaia di alberi tra querce, faggi e betulle che difende e coccola nel corso degli anni, perché vuole a tutti costi un cambiamento, che faccia da contrappunto all’immobilità e all’aridità degli abitanti del villaggio.

Un eroe invisibile che non vuole riconoscimenti, che fa il suo lavoro silenziosamente vivendo e attraversando ben due guerre. Il suo scopo è riemergere da una situazione tragica, e fare qualcosa che lui pensa sia fondamentale per il bene dell’umanità.

Un tema importante in una fiaba emozionante, un inno all’altruismo, da mostrare anche ai bambini solitamente presi dal ritmo frenetico della vita, in cui vogliono tutto e subito, senza pazienza, costanza o spirito di sacrificio.

Il corto di produzione canadese diretto da Frédéric Back e vincitore dell’Oscar nel 1988 come Miglior film d’animazione, è realizzato nella prima parte con disegni a matita colorata e nei toni dell’ocra e del marrone.

Man mano che la terra si riprende e le persone iniziano a tornare nella zona, i disegni diventano gradualmente più luminosi, i colori più accesi, e l’animazione diventa sempre più elaborata, a testimoniare che la natura è salvezza e vita.

Credits photos: disegno in copertina di Viola Colombi

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Laureata in Lettere Moderne e giornalista pubblicista dal 2003, scrivo su tutto ciò che ruota intorno al fai da te, ai altro…