Forse è poco conosciuta, eppure la talassemia è una patologia seria. A causa di una mutazione anomala a livello genetico i globuli rossi vengono distrutti. Ma scopriamo insieme di cosa si tratta esattamente.
L'anemia mediterranea, conosciuta anche come beta-talassemia major o anemia di Cooley, è una malattia del sangue ereditaria molto grave causata da un difetto genetico che provoca la distruzione dei globuli rossi. Tale mutazione ne provoca la lenta ma inesorabile scomparsa: un tasso minore di emoglobina porta a una scarsa ossigenazione di tessuti, organi e muscoli quindi a stanchezza e scarsa crescita.
Essendo una patologia che si trasmette geneticamente, ci sono anche portatori sani di talassemia. Sono coloro che ce l’hanno e la possono trasmettere ma non ne soffrono. La beta talassemia è una condizione di gravità molto variabile: si passa da una forma denominata talassemia minor, quasi sempre asintomatica, fino alla forma più grave, nota come talassemia major o malattia di Cooley, tipologia che rende dipendenti da trasfusioni di sangue. Nella forma meno grave (minor) il paziente mostra sintomi lievi o per nulla evidenti. Nelle forma più grave (major) entrambi i geni sono coinvolti e il neonato sviluppa i sintomi di un'anemia severa dopo i primi due anni di vita. Sin dalla nascita il neonato può soffrire di ittero e di scarso accrescimento. Successivamente, svilupperà un'anemia con sintomi come debolezza, pallore, ittero, deformità delle ossa del viso (a causa del coinvolgimento del midollo osseo), crescita lenta, gonfiore addominale, urine scure e, talvolta, ingrossamento della milza.
La talassemia è causata da una mutazione del DNA delle proteine che vanno a formare l'emoglobina: queste alterazioni vanno ad incidere sulla sintesi di emoglobina e, distruggendo gli eritrociti, causano l'anemia.
La classificazione della talassemia dev'essere effettuata sulla base di due importanti fattori:
La malattia era tipicamente presente tra le popolazioni residenti nelle aree paludose o acquitrinose, luoghi che quindi sono stati infestati per secoli dalla malaria proprio perché zone umide. Questo perché, nei talassemici, l'anomalia dei globuli rossi ostacola la riproduzione del plasmodio della malaria, rendendoli più resistenti a questa malattia e consentendo, negli anni, una sorta di selezione naturale delle persone con talassemia in determinate zone d’Italia, come la Sardegna o il delta del Po.
Essendo geneticamente trasmessa, la talassemia è molto importante conoscerla prima di una gravidanza. Per quanto riguarda i portatori sani – come dice la parola – non mostrano sintomi particolari. Tuttavia, una coppia in cui entrambi i partner siano portatori, però, può avere figli malati: per questo, molte coppie che si scoprono portatrici decidono di effettuare la diagnosi prenatale e di interrompere la gravidanza se il feto è malato. È quindi possibile effettuare esami per sapere se si è affetti e se lo è il feto. Altre coppie, invece, scelgono di affrontare un percorso di fecondazione assistita con diagnosi preimpianto dell’embrione. In sostanza, qualsiasi sia la scelta dei genitori, è possibile sapere con largo anticipo lo stato di salute del bambino. Facciamo un esempio pratico di trasmissione con beta talassemia: in una coppia di genitori con mutazioni nel gene beta globinico, ogni figlio avrà il 25% di probabilità di essere sano, il 25% di probabilità di essere malato e il 50% di probabilità di essere portatore della malattia.
La diagnosi è basata sull'osservazione clinica (quindi con un controllo costante effettuato da specialisti) e di solito si effettua a partire dai primi anni di vita, quando in un bambino si notano segni clinici di anemia grave, ritardo nella crescita, stanchezza e pallore. Tuttavia si dovrà ottenere la conferma diagnostica grazie ad analisi cliniche e biochimiche, sulla quantità e il tipo di catene globiniche presenti nel sangue (esame emocromocitometrico ed elettroforesi dell’emoglobina), accompagnate, poi, da test genetici. Conoscendo le mutazioni presenti nei genitori, è possibile effettuare una diagnosi prenatale tramite villocentesi.
Come si cura la talassemia? L’unica terapia risolutiva per la beta talassemia è il trapianto di midollo osseo o di cellule staminali da donatori compatibili. Studi recenti hanno confermato che in assenza di un donatore familiare compatibile, o in età superiore ai 14 anni, i risultati di tale procedura possono non essere ottimali e possono avere dei margini di rischio. Quindi, soprattutto quando si vive in Paesi con un numero di donatori basso o in cui i “richiedenti” sono troppi (sempre in termini numerici), di norma si ricorre alle trasfusioni di sangue con una cadenza ogni 15-20 giorni. Di norma, il trattamento standard basato su trasfusioni viene avviato nei primi anni di vita e associato all’impiego di numerosi altri farmaci di supporto, tra cui, prima di tutto, i cosiddetti “agenti chelanti”.
Questi ultimi sono fondamentali per evitare le numerose complicanze trasfusionali dovute all’accumulo di ferro, in particolare negli organi altamente irrorati, come fegato, cuore e ghiandole endocrine. Uno degli approcci terapeutici più promettenti per la talassemia è rappresentato dalla terapia genica: il Comitato per i Medicinali per Uso Umano (CHMP) dell'Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) ha recentemente raccomandato l'approvazione di questo trattamento per un particolare gruppo di pazienti con beta talassemia trasfusione-dipendente. In questo caso si tratta, grazie all’ingegneria genetica, di una sostituzione del gene difettoso con uno funzionante
Se sino ad oggi la cura per la beta talassemia consisteva in trasfusioni di sangue, grazie anche all'ingegneria genetica, da tempo gli scienziati stanno pensando di arrivare a curare molte malattie genetiche "semplicemente" sostituendo il difetto che le causa. È questo il concetto alla base della terapia genica. Il primo passo è quello di individuare il gene che “non funziona”. Una volta individuato si parte con un lungo processo che porta a “ingegnerizzare” le cellule in modo tale che contengano la copia funzionante del gene. Per la beta talassemia è stato quello di raccogliere le cellule staminali del sangue periferico dei malati per poi ristabilire il corretto funzionamento di queste cellule e dei globuli rossi in cui possono differenziarsi. I ricercatori hanno inserito al loro interno una copia funzionante del gene della beta-globina. Quindi le cellule staminali corrette sono state re-infuse nei pazienti direttamente nelle ossa, così da favorire il loro attecchimento nel midollo osseo. Lo studio ha coinvolto 9 soggetti di diversa età – 3 adulti sopra i trent’anni, 3 adolescenti e 3 bambini sotto i sei anni di età – tutti con forme di beta talassemia gravi tale da far sì che fossero trasfusione-dipendenti.
Fonti| Fondazione Veronesi, Osservatorio malattie rare, Humanitas