
Chi non si spaventerebbe alla vista della pinna di uno squalo? E chi si spaventa invece delle conseguenze causate dall'azione dell'uomo sull'ambiente marino? Ecco, gli squali sono le tra le principali vittime del comportamento predatorio da parte del genere umano nei confronti della natura. Secondo il rapporto "Squali in crisi nel Mediterraneo", pubblicato un anno fa dal Wwf, oltre la metà delle 86 specie di elasmobranchi (cioè squali e razze) che popolano il mar Mediterraneo è minacciata e un terzo di queste è giudicata prossima al rischio di estinzione. Tra di loro c'è la verdesca (il nome della specie è Prionace glauca), da decenni colpita sempre più dal fenomeno del bycatch, ossia della cattura accidentale nelle reti dei pescatori.
Il fenomeno ha assunto ormai proporzioni preoccupanti: secondo un sondaggio effettuato nel 2018 dalla Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli, l’88% dei pescatori italiani intervistati ha dichiarato di aver catturato esemplari di squali, tre quarti dei quali ancora vivi. Risultato? Una specie come lo squalo verdesca, un tempo molto abbondante nei nostri mari, ha fatto registrare nell'ultimo trentennio un declino del 75%, in particolare nel mar Ionio, mentre nell'Adriatico si riscontra un calo meno importante. A riprova della situazione difficile in cui versa attualmente la verdesca, il comitato italiano dell'Iucn, ossia l’Unione internazionale per la conservazione della natura, ha classificato la specie come Vulnerabile.
Come si può arrestare questo processo e, se non riportarla all'antico splendore, almeno impedire che la verdesca vada incontro all'estinzione nel Mediterraneo? Sono diversi i progetti e le iniziative, italiani ed europei, che mirano alla salvaguardia degli ecosistemi marini e in particolare degli squali. Le operazioni che costituiscono solitamente il nucleo centrale dell'attività di tutela sono due: da un lato, portare avanti la formazione dei pescatori con lo scopo di promuovere attrezzature di pesca a basso impatto, dall'altro raccogliere più dati possibili e monitorare gli esemplari superstiti attraverso tag satellitari, come nel caso delle quattro verdesche dell’Adriatico che "partecipano" al progetto SafeSharks del Wwf.