È una malattia invisibile, “ma i dolori sono reali”: la storia di Clara, tra fibromialgia e anoressia

Immagina di avere dolori perenni che ti limitano nelle attività quotidiane e sentirti dire che “sei esagerato/a” o che “è solo psicologico”. É quello che ancora oggi molto spesso succede a chi è affetto da fibromialgia, una malattia invalidante caratterizzata da dolore diffuso e affaticamento, come Clara, che ha aspettato 27 anni prima di avere una diagnosi.
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Beatrice Barra 7 Agosto 2023

Clara Bellotti ha 28 anni, gli occhi grandi e scuri, la voce calma, una famiglia che le vuole bene e due diagnosi: una di fibromialgia – arrivata l'anno scorso – e l'altra di anoressia, tre mesi dopo la prima.

Ha deciso di raccontarci la sua storia per far sentire meno sole tutte le persone che – come lei – devono convivere, da un lato, con i dolori cronici e invalidanti provocati dalla fibromialgia e, dall'altro, con lo scetticismo di molta gente e anche di alcuni medici. Per non parlare poi dell'assenza dello Stato, sia per quanto riguarda il riconoscimento di questa malattia, sia per le misure assistenziali inesistenti.

Quella diagnosi aspettata 27 anni

Clara, sin da piccola, ha sempre sofferto di dolori articolari, tendiniti, sinoviti dell'anca e altri fastidi a cui, per molto tempo, non è stata associata una diagnosi. Ha convissuto con questi dolori così a lungo che hanno iniziato a far parte della "normalità". Per capirne l'origine è andata da diversi medici e, dopo aver spiegato i suoi problemi fisici, è tornata a casa ogni volta senza una diagnosi e con frasi come "non è possibile avere tutti questi dolori in un giorno", "è psicologico", "sei esagerata".

La fibromialgia, infatti, è "una malattia invisibile perché non la si può toccare né vederne qualche segno concreto, ma i dolori sono reali e sempre presenti". Proprio per questo motivo non è facile diagnosticarla o spiegarla ai propri cari o ai propri amici. Prima della diagnosi, quindi, Clara ha convissuto con questi dolori senza nemmeno parlarne, da un lato per non fare preoccupare la sua famiglia e "per non auto-preoccuparmi", spiega. Dall'altro perché "anche se lo dici a una tua amica, queste malattie le può comprendere solo chi le ha".

Un giorno, però, mentre era al supermercato a fare la spesa si è resa conto che, a parte il dolore, non aveva la forza nella mano per sorreggere delle bottiglie. Questo è stato il campanello d'allarme che l'ha spinta a indagare ulteriormente. Questa volta ha incontrato un medico che l'ha capita e creduta, sottoponendola agli esami fisici giusti per poter capire l'origine del suo dolore. "Finalmente" la diagnosi. Fibromialgia.

Dalla fibromialgia all'anoressia nervosa

"Quando arriva la diagnosi di fibromialgia il medico ti dice che l'alimentazione influisce sul tuo stato di infiammazione e di dolore": queste sono le parole che Clara ha portato con sé nei mesi successivi, decidendo che il cibo fosse "veleno" per lei. Quindi ha iniziato a eliminare dalla sua dieta un alimento dopo l'altro senza rivolgersi a uno specialista dell'alimentazione. Questo l'ha portata in soli tre mesi a perdere moltissimo peso.

Nonostante le persone intorno a lei e persino la sua psicologa continuassero a dirle che era "diventata troppo magra" e che la sua alimentazione non andasse bene, lei non ci credeva. "Pensavo fossero gli altri a sbagliare", fino a quando non si è recata in ospedale per un controllo e si è sentita chiedere da un medico quanto pesasse.

si è resa conto di essere davvero malata. "Ok, è arrivato il momento di fermarti, altrimenti rischi di non arrivare all'anno prossimo" ha detto a se stessa. É da queste parole che parte il suo percorso di rinascita.

La rinascita attraverso la consapevolezza

Alla base di un percorso di rinascita ci possono essere elementi diversi: una grande perdita che riscrive le nostre priorità, un'esperienza arricchente,  una cura efficace. Nel caso di Clara, la sua rinascita è passata attraverso la consapevolezza: quella arrivata con la diagnosi di fibromialgia che ha dato un nome a tutti quei dolori per molto tempo inascoltati, e quella raggiunta quando ha capito che il cibo poteva essere "un grande alleato, piuttosto che un nemico".

La fibromialgia non è risolvibile in modo definitivo, ma grazie a una cura farmacologica adeguata i dolori di Clara sono gestibili nella quotidianità, permettendole di avere una vita quanto più vicina possibile al termine "normale". Parallelamente, ha iniziato un corso sull'alimentazione: da un lato per capire come bilanciare i cibi in modo da "sostenere al meglio la muscolatura e lo scheletro", dall'altro per essere un supporto per tutte quelle persone che stanno vivendo una situazione simile alla sua.

Supportarsi per trovare la motivazione

Dopo aver dato finalmente un nome ai suoi problemi e aver testato sulla sua pelle quanto sia difficile comunicare al mondo esterno una malattia "invisibile", Clara ha deciso di essere per gli altri "quell'amica che io stessa avrei voluto accanto quando ho scoperto la diagnosi". Ha deciso di farlo seguendo la ritrovata passione per il cibo sano ed equilibrato. Così apre una pagina social in cui dà consigli, supporto e racconta la sua storia.

Nei giorni in cui i dolori sono più fastidiosi, infatti, può essere difficile "trovare la motivazione anche solo per uscire a fare una camminata", pur essendo l'attività fisica molto importante per questa malattia. Il supporto di qualcuno che prova le tue stesse sensazioni, le capisce e può sapere cosa dirti per spronarti, quindi, può essere un grande aiuto.

Il ruolo della famiglia

"Io ho avuto la fortuna di essere sempre creduta e appoggiata dalla mia famiglia e da mio marito", spiega Clara.  Il supporto dei propri cari è fondamentale per attraversare un percorso fatto di incertezze e dolori, com'è quello a cui espone una malattia invisibile come la fibromialgia.

"A tutti i cari delle persone che ricevono questa diagnosi voglio dire di non sottovalutare mai il loro dolore", di essere presenti e soprattutto di non farli sentire incapaci. Nonostante percepiscano la difficoltà in molti gesti quotidiani, come per esempio aprire un barattolo, il consiglio di Clara è quello di "provare a farglielo fare comunque". Se poi non ce la fanno, invece, aiutarli senza fare domande o dimostrare dispiacere per le loro difficoltà. Insomma: rendere loro la vita più serena e normale possibile.

L'assenza delle istituzioni

La fibromialgia attualmente non è ancora stata inserita nei LEA (Livelli essenziali di assistenza) e non è neanche riconosciuta come patologia cronica invalidante per la quale sia prevista una specifica esenzione per il cittadino che ne sia affetto. Eppure chi ne è affetto ha dolori perenni a muscoli, tendini e legamenti che possono provocare anche difficoltà nel movimento, stato di confusione mentale e affaticamento continuo.

In Italia sono circa 2 milioni le persone affette da fibromialgia, di cui la maggioranza donne. Per questo motivo è "arrivato il momento che le istituzioni riconoscano questa malattia perché, anche se non ci vedono zoppicare o usare mezzi come carrozzina o deambulatore, non vuol dire che stiamo bene. Siamo obbligati a farlo".