La villocentesi: come si esegue questo esame? E soprattutto, può essere doloroso?

La villocentesi è un esame diagnostico che si può effettuare tra la 10ima e la 13esima settimana di gravidanza, per verificare se il feto presenti malformazioni o anomalie genetiche. Di solito non viene percepita come particolarmente dolorosa, ma presenta dei rischi. Sarai preoccupata in particolare per quanto riguarda la possibilità di aborto: proviamo a capire insieme quanto possa essere alta.
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Maria Teresa Gasbarrone 2 Agosto 2023
* ultima modifica il 10/10/2023

La villocentesi è un esame diagnostico, piuttosto invasivo, che viene eseguito tra la 10ima e la 13esima settimana di gravidanza. Lo scopo è quello di verificare l'eventuale presenza di malformazioni del feto o malattie genetiche. Per fare questo si procede a un'aspirazione dei villi coriali nella placenta per analizzarne i cromosomi. I villi coriali sono infatti piccole propaggini della placenta in formazione derivanti dall'ovulo fecondato e dotate dello stesso patrimonio genetico dell’embrione.

Può avvenire attraverso un ago inserito nell'addome o un catetere flessibile che risale attraverso il collo dell'utero.

Nonostante tutto quello che hai appena letto, questa procedura di solito non è dolorosa, anche se può presentare qualche rischio per il bambino. Se quindi aspetti un bambino e il tuo medico ti ha consigliato una villocentesi, forse vorrai sapere meglio di cosa si tratta. Andiamolo a vedere.

Cos'è villocentesi e a cosa serve

La villocentesi è una procedura diagnostica che si esegue quando si vuole verificare che il feto non presenti anomalie genetiche, come un'alterazione nel numero dei cromosomi. Si può poi utilizzare questo esame anche per effettuare un test di paternità, esattamente come accade per l'amniocentesi.

Tra le patologie che possono essere individuate in questo modo ti ricordo la Sindrome di Down, la sordità e la sindrome dell'X fragile, la sindrome di Patau o la sindrome di Edwards, o altre malattie genetiche come la fibrosi cistica, la distrofia Muscolare di Duchenne-Becker, la talassemia e la fenilchetonuria.

Come si esegue la villocentesi

La villocentesi come esame è invasivo perché comporta il prelievo di una parte di tessuto che è all'interno del tuo corpo. Anzi, della placenta che contiene il feto. Viene effettuato tra la 10ima e la 13esima settimana di gestazione, come ti anticipavo prima, per ridurre al minimo il rischio di complicanze e aborto. Può essere effettuato in due modi:

  • Villocentesi trans-addominale: si identifica il punto più idoneo attraverso un esame ecografico, dopodiché si inserisce un ago di circa 12 millimetri tramite l'addome e l'utero. Lo strumento va a raggiungere il corion frondosum, un tessuto posto alla base della placenta, nel quale si trovano i villi coriali. Per tutta la durata dell'esame viene mantenuta una guida ecografica continua, per essere certi di guidare il dispositivo sulla strada corretta.
  • Villocentesi trans-cervicale: in questo caso non vi sono aghi ma cateteri che vengono inseriti attraverso la vagina, per superare il collo dell'utero e arrivare comunque ai villi coriali. A volte all'estremità del tubicino viene applicata una pinza per facilitare il prelievo, proprio come accade durante una biopsia.

Se ti sembra che il secondo tipo sia meno impegnativo, tieni presente che sarà il medico a stabilire quale sia il più adatto alla tua situazione. E lo farà dopo aver valutato la vitalità del feto e le sue dimensioni, la presenza o meno di altri feti gemelli e la sede specifica in cui si trova la placenta. Di solito però è quella transaddominale la più praticata.

Come prepararsi

La villocentesi viene eseguita tranquillamente in ambulatorio e non richiede una preparazione particolare da parte della donna. L'unico consiglio che viene dato è quello di evitare che l'ultimo pasto prima della procedura risulti troppo pesante. Per il resto sarà il medico a occuparsi dell'ecografia e delle valutazioni che devono essere fatte in precedenza.

Rischi della villocentesi

Un esame di questo tipo, effettuato in un momento delicato come è la gravidanza, può comportare alcuni rischi o complicanze. Ed è proprio questa la ragione per cui prima di procedere con il prelievo dei villi, viene eseguita un'ecografia che dà il modo al medico di rendersi conto della situazione e della presenza di eventuali controindicazioni per le quali è meglio non procedere.

Il primo dubbio che ti sarai posta riguarda probabilmente il rischio di aborto, che equivale a circa 1 0 3 casi ogni mille. A questo calcolo devi però aggiungere anche la possibilità che la perdita fetale si verifichi in modo spontaneo e indipendente dall'esame. Questa probabilità aumenta anche in base all'età della madre e al numero dei tentativi di prelievo, per questa ragione sono molto importanti le capacità e l'esperienza dell'operatore. La ragione per cui si ricorre più raramente alla modalità trans-cervicale è proprio legata al possibile aumento del rischio di aborto fino al 2 o al 3%. In ogni caso, un'ora dopo la villocentesi, sarai sottoposta a un'altra ecografia per accertarsi che non si siano verificati danni.

Il rischio di aborto a causa della villocentesi è pari a 1 o 3 casi ogni mille

E questo è anche il motivo per cui non si effettua questo esame prima della 10ima settimana di gravidanza, periodo in cui è più elevata la possibilità di provocare delle lesioni agli arti del feto. Ancora più attenzione deve essere posta quando la gravidanza è gemellare, perché il rischio di perdita del bambino può crescere anche del 4%.

La villocentesi fa male?

Al contrario di quello che potresti pensare, di norma la villocentesi non viene percepita come particolarmente dolorosa. Avvertirai però sicuramente un certo grado di fastidio e disagio sia nel momento in cui viene inserito l'ago, che durante tutta la procedura. Piccoli crampi, localizzati soprattutto alla muscolatura che circonda il tuo utero. In ogni caso non è prevista nessuna anestesia e la durata è di circa 20 secondi.

Differenze tra villocentesi e amniocentesi

Amniocentesi e villocentesi sono entrambe tecniche diagnostiche mininvasive specifiche della diagnosi prenatale e finalizzate alla ricerca di specifiche mutazioni genetiche nel feto.

Entrambi i test vengono effettuati nel primo trimestre di gravidanza, ma presentano delle differenze. L’amniocentesi consiste nel prelievo di un campione di liquido amniotico, al cui interno sono presenti cellule di origine fetale, chiamate amniociti e si effettua in genere tra la 15esima e la 20esima attraverso un prelievo per via transaddominale.

La villocentesi si esegue, in genere, prima rispetto all’amniocentesi, già a partire dalla 10a settimana di gravidanza, anche se in media si procede al raggiungimento della 11a-14a settimana.

La scelta tra amniocentesi e villocentesi spetta al ginecologo in base al singolo caso e in accordo con la donna incinta. L’amniocentesi, ad esempio, ha il vantaggio di avere un rischio abortivo e un costo minori rispetto alla villocentesi, che però può essere eseguita un po' prima e restituisce i risultati più rapidamente.

Quando arrivano i risultati e quanto sono affidabili

Dopo la villocentesi devi sapere che il tuo sangue diventa molto importante. Se il fatti il tuo gruppo è a Rh negativo, mentre quello del padre biologico è positivo, dovrai sottoporti a una profilassi anti-D e assumere immunoglobuline necessarie per ridurre il rischio di iso-immunizzazione Rh. Si tratta di una patologia che può avere conseguenze anche molto gravi, sia per te che per tuo figlio. Se invece risulti già immunizzata sarebbe meglio evitare del tutto la villocentesi.

Una volta eseguito l'esame, esiste una possibilità, per quanto rara, che tu possa riportare alcuni disturbi come crampi o leggere perdite ematiche dalla vagina. Se vuoi toglierti ogni dubbio è bene chiamare subito il medico e chiedere consiglio a lui, ma in realtà si tratta di episodi del tutto normali. Discorso diverso quando compaiono sintomi come febbre, dolori muscolari o brividi. In questo caso devi avvertire subito lo specialista per capire insieme se sia il caso di preoccuparsi o meno.

Per il resto potrai tornare alla tua vita di tutti i giorni, avendo cura di non sottoporre il tuo utero a sforzi per circa un paio di giorni. Per questo motivo ti consiglieranno anche di astenerti dall'avere rapporti sessuali.

Sono disponibili diversi tipi di analisi di laboratorio per studiare il patrimonio genetico del bambino, alcuni più veloci nei tempi di risposta, altri invece hanno tempo di attesa più lunghi.

In entrambi i casi, i risultati forniscono una risposta di tipo “sì” o “no”. Se il risultato sarà negativo, significa che il feto non è colpito da nessuna delle malattie genetiche indagate. Il risultato positivo, invece, è indice del fatto che il feto presenta una delle condizioni per le quali è stato effettuato l'esame. In questo caso, le implicazioni del risultato saranno discusse con la coppia per aiutarla a valutare quale sia la decisione migliore da prendere.

C'è però anche una possibilità che il risultato dell'esame non sia chiaro: si tratta di un caso su 100. Quest'eventualità può verificarsi qualora il campione di tessuto non sia sufficiente per effettuare i test o qualora i risultati suggeriscano la possibilità che una anomalia riscontrata sia presente nei villi coriali, ma non nel feto. In questi casi è bene parlarne con un genetista. Potrebbe essere necessario ricorrere all'amniocentesi, a distanza di qualche settimana, per confermare la diagnosi.

Fonte| Ospedale Bambino Gesù; Enfea Salute; Iss

(Scritto da Giulia Dallagiovanna il 17 gennaio 2021
modificato da Maria Teresa Gasbarrone il 2 agosto 2023)

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