Paura come attaccamento alla vita, la storia di Alice

A soli 13 anni ad Alice è stato diagnosticato un linfoma non Hodgkin che lei definisce l’esperienza più brutta e più bella della sua vita. Nonostante sia guarita, però, ha più paura oggi.
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Beatrice Barra 15 Settembre 2022
* ultima modifica il 15/02/2024

Ciuffi rosa sopra la testa, una risata contagiosa e un viso da ragazzina che tradisce la maturità di una donna. Lei è Alice, ha compiuto 19 anni da poco e ha già attraversato quanto la maggior parte delle persone non hanno sperimentato  – "fortunatamente", come sottolinea lei – in tutta la loro vita.

A soli 13 anni, nel 2018, ad Alice è stato diagnosticato un linfoma non Hodgkin, un tumore maligno del sistema linfatico. Il campanello d'allarme sono stati degli sfoghi cutanei che davano prurito ad Alice "come se fossero delle punture di zanzare, ma a Gennaio, quando le zanzare non ci sono". I genitori di Alice l'hanno portata da diversi medici: pediatri, dermatologi, che però, inizialmente, le hanno dato delle cure per malattie che non avevano niente a che fare con la sua.

I primi sintomi della malattia

Un giorno che cambia la vita, dalla diagnosi alla cura

La diagnosi è arrivata il 25 maggio del 2018"il giorno in cui è cambiata la mia vita", dice – con una radiografia in cui si vedeva "una macchia enorme". Devi sapere che il linfoma non Hodgkin coinvolge i linfociti, ovvero cellule presenti nel sangue, nei linfonodi e in piccole aree dell'organismo. Quello diagnosticato ad Alice coinvolge i linfonodi del collo, dell'inguine e il torace.

"Dopo la diagnosi sono scoppiata a piangere, non tanto perché mi avevano diagnosticato un tumore, quanto più per la sensazione di angoscia che percepivo nei medici e nei miei genitori". Ha solo 13 anni ed è difficile rendersi davvero conto di quanto avrebbe dovrà vivere nei mesi successivi a quel 25 maggio. Purtroppo, ben presto se ne rende conto. Il primo ciclo di chemio è pesante, "già a giugno ero magrissima, pallida, senza forze". È un periodo che Alice ricorda con malinconia: è estate e lei vede le storie su Instagram di tutti i suoi compagni che sono a mare, in vacanza, mentre lei è in ospedale a fare la chemio. I capelli iniziano a cadere, finché è lei a decidere di rasarsi per non vedere più i ciuffi sul suo cuscino la mattina appena sveglia.

Dopo il penultimo ciclo di chemio è esausta, le sue difese immunitarie sono bassissime. Arriva un mal di gola che non passa e poco dopo la diagnosi di una brutta infezione. Alice ricorda il giorno in cui è arrivata in ospedale, mancava poco tempo all'ultimo ciclo di chemio. Ricorda gli infermieri e i medici che corrono avanti e indietro, le trasfusioni di sangue e la sensazione di impotenza perché "mentre tutti cercavano di salvarmi, io non potevo fare niente per me stessa". Quello è stato il momento più brutto della malattia, il momento in cui Alice ha dovuto scegliere di lottare con tutte le sue forze, nonostante il dolore fisico e la paura.

Disegno di Alice

L'infezione passa, la paura pure e finalmente arriva l'ultimo ciclo di chemio, poi le sedute di radioterapia e poi, finalmente, le prime immagini senza quella enorme macchia.

La paura come forma di attaccamento alla vita

Alice ricomincia la sua vita, con molte consapevolezze in più. "Chi ha avuto una malattia del genere avrà una voglia di vivere che non può avere chi, per fortuna, non l'ha vissuta" perché avendo attraversato "il peggio", i problemi di tutti i giorni sembrano inutili e insignificanti. L'obiettivo di Alice è quello di trasmettere questa voglia di vivere agli altri. Nonostante ciò, però, oggi ha più paura di quanta ne avesse mentre combatteva contro il cancro. Da un lato perché è cresciuta, dall'altro perché "curarsi vuol dire avere il controllo della malattia, fare qualcosa per sconfiggerla. Ora invece non posso fare niente per avere il controllo".

Sono passati poco più di cinque anni da quando Alice non ha più il tumore. Un anno e mezzo fa le è stato tolto il Port-a-cath, l'accesso venoso per la chemioterapia che si lascia nei pazienti per cinque anni dopo la diagnosi, in caso di recidiva. "Questo è un passo importante perché se l'hanno tolto vuol dire che non serve più". E nonostante sia così, la paura rimane e si fa sentire la sera prima di ogni controllo annuale, ma è "una bella paura", perché è sintomo di attaccamento alla vita. A una vita ancora tutta da scrivere come quelle frasi ricamate sulle giacche di Jeans da Alice, che da grande vuole lavorare nel mondo della moda.

È difficile immaginarlo, ma Alice racconta la sua storia, con un enorme sorriso stampato in faccia. "È stata l'esperienza più brutta della mia vita, ma anche la più bella, perché è quella che mi ha insegnato di più" e l'ha fatta diventare la Alice che è oggi, segnata dalla forza e dalla paura "che io adoro, che amo e che mi rende fiera di lei". 

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