reinfezioni-covid

Perché ci reinfettiamo? Il prof Clementi: “L’immunità contro i coronavirus dura poco, ma per ora niente quarta dose per tutti”

Quasi fuori dalla pandemia, oggi l’attenzione è sui casi di reinfezione. Secondo il direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia all’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano per ora non rappresenterebbero un campanello d’allarme perché la maggior parte delle volte sono asintomatici e non farebbero pensare alla necessità di una quarta dose di vaccino, destinata invece ad equipararsi a quella influenzale.
Entra nel nuovo canale WhatsApp di Ohga
Kevin Ben Alì Zinati 25 Marzo 2022
* ultima modifica il 25/03/2022
In collaborazione con il Prof. Massimo Clementi Direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia all'IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano e professore ordinario di Microbiologia e Virologia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano

Prossimi a salutare lo Stato di Emergenza e a dire gradualmente addio al Green pass e alle ultime restrizioni alla vita quotidiana, oggi possiamo sentirci con più di un piede fuori dalla pandemia.

Che non significa, tuttavia, dimenticarci di Sars-CoV-2 o sottovalutarne i rischi. Ora semplicemente guardiamo alla pandemia con occhi diversi.

Mentre gli sforzi sono tutti indirizzati a rafforzare ancora di più la capillarità della vaccinazione, la nostra attenzione è puntata sui casi di reinfezione. Su quelle persone, cioè, che si infettano una o addirittura due volte nonostante abbiano già contratto l’infezione e superato il Covid-19.

Sarà capitato anche a te di vederlo scritto nei titoli delle cronache giornalistiche. Magari è successo a qualche persona a te vicina, che ha visto il proprio tampone rapido colorarsi con due lineette dopo una tosse strana o un raffreddore insolito.

Reinfettarsi con Sars-CoV-2 è possibile. L’ultimo rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità ha osservato che la percentuale di reinfezioni sul totale dei casi segnalati nella settimana precedente alla pubblicazione (18 marzo 2022) sarebbe del 3,2% e che a partire dal 6 dicembre 2021 (quando la variante Omicron ha cominciato a diffondersi) il rischio di contrarre nuovamente l’infezione sarebbe aumentato.

come-uscire-da-isolamento-covid

“Gli approfondimenti degli ultimi mesi di pandemia hanno confermato ancor di più come l’immunità nei confronti dei coronavirus sia di breve durata. Lo è sempre stata per gli altri coronavirus umani e Sars-CoV-2 non rappresenta un’eccezione” ha specificato il professor Massimo Clementi, direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia all'IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano e professore ordinario di Microbiologia e Virologia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano.

Clementi ha ricordato, infatti, che anche gli altri coronavirus “umani”, responsabili di raffreddori nelle stagioni fredde, non danno un’immunità duratura: “l’anno successivo ci si può reinfettare con lo stesso virus dell’anno precedente”.

L'immunità nei confronti dei coronavirus "umani" è di breve durata e Sars-CoV-2 non fa eccezione

Prof. Massimo Clementi, virologo Ospedale San Raffaele Milano

Questa caratteristica intrinseca dei coronavirus, che li differenzia ad esempio dal virus del morbillo, si rifletterebbe anche nei vaccini. “Questi hanno una copertura che dura tra i 5-6 mesi, dopo i quali serve una nuova dose per rinforzare l’immunità. Con le tre dosi siamo arrivati ad avere un’immunità piuttosto solida che ci ha coperti soprattutto dalla malattia e un po’ meno dall’infezione”.

I casi di reinfezione da Sars–CoV–2 a partire da ottobre 2021. La linea nera tratteggiata al 06/12/2022 rappresenta all’incirca la data di inizio circolazione della variante Omicron in Italia. Photo credit: Iss

Anche un altro elemento proprio della vaccinazione, secondo il professor Clementi, influirebbe nei ragionamenti sui casi di reinfezione. I vaccini largamente utilizzati oggi non generano la cosiddetta immunità mucosale. “È data dal passaggio del virus nella sede di infezione. I virus respiratori quando infettano per la via naturale stimolano la produzione di particolari anticorpi, detti IgA, presenti nelle mucose”.

Dal momento che il vaccino viene somministrato per via parenterale (con un’iniezione intramuscolo) non sarebbe dunque in grado di produrre questa particolare forma di protezione. “È la stessa differenza che c’è tra il vaccino antipolio Salk, somministrato per via parenterale, e il vaccino Sabin, che si assume invece per via orale”.

Le persone già vaccinate e guarite dal Covid-19, una volta venute di nuovo in contatto con il virus possono dunque infettarsi ancora. L’ISS, tuttavia, ha individuato quattro «categorie» di persone particolarmente suscettibili al rischio di reinfezione.

Accanto a chi ha avuto la prima diagnosi di Covid-19 da più di 210 giorni (quindi 7 mesi) e le persone non vaccinate o vaccinate con almeno una dose da oltre 120 giorni (4 mesi) ci sarebbero le donne, tradizionalmente più presenti in ambito scolastico dove vi è un’intensa attività di screening, i giovani dai 12 ai 49 anni più inclini a comportamenti e situazioni più rischiose e, infine, gli operatori sanitari.

Le tre dosi danno un’immunità solida che ci ha coperti dalla malattia e un po’ meno dall’infezione

Prof. Massimo Clementi, virologo Ospedale San Raffaele Milano

“Dal punto di vista della sintomatologia, poi, un diabetico, un iperteso, un grave obeso o una persona che ha una cardiopatia sono persone che nel caso di una reinfezione potrebbero avere una sintomatologia clinica importante ha aggiunto il professor Clementi.

quando-fare-un-tampone

L’aumento delle reifnezioni da SARS-CoV-2 oggi non rappresenterebbe un campanello d’allarme poiché nella stragrande maggioranza dei casi sono state tutte asintomatiche o causa di forme di malattia non grave.

Per il virologo del San Raffaele di Milano, al momento non farebbero nemmeno pensare alla necessità di una quarta dose di vaccino per tutta la popolazione. “Sarà da rinviare eventualmente a settembre-ottobre e si vedrà se limitatamente ad alcune categorie di persone oppure a una popolazione più ampia. Credo che l’orientamento prevalente in questo momento sia di proteggere le persone più fragili e quindi è più probabile che si vada verso una situazione simile a punto già facciamo con la vaccinazione antinfluenzale”.

Le informazioni fornite su www.ohga.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.