I cambiamenti della gravidanza non sono tutti positivi e spesso sono davvero complessi da monitorare. La pressione, per esempio, può vivere momenti oscillatori, molto bassa nei primi due trimestri, per poi risalire durante gli ultimi tre mesi. È molto importante che i valori non siano mai troppo alti, altrimenti la mamma potrebbe soffrire di quel disturbo noto come gestosi.
I valori normali di riferimento per una donna sono 120/80 mmHg, dove 120 è la pressione sistolica (la massima) e 80 è la pressione diastolica (la minima). Durante la gestazione talvolta questi valori si possono abbassare ed è abbastanza frequente avere anche 90/50 mmHg. Non è una condizione pericolosa per la gravidanza.
La pressione alta in gravidanza, invece, è un parametro da monitorare con molta attenzione perché può causare complicanze gravi sia alla mamma sia al bambino. Il problema subentra quando la donna ha una pressione arteriosa ≥ 140/90 mmHg, ma già livelli di 135/85 mmHg possono far scattare i livelli di attenzione. Nelle prime 20 settimane, quindi per i primi 5 mesi, una pressione elevata può essere sinonimo di una condizione di ipertensione esistente già prima del concepimento. Se, però, il disturbo si manifesta dopo la 21esima settimana ed è associata a proteinuria, si può parlare di gestosi.
La gestosi, nota anche come preeclampsia, è caratterizzata proprio dalla pressione alta e da proteinuria (> 0.3 g/24 ore) e edemi (potresti notare gonfiore soprattutto a piedi, viso e mani) dopo la ventesima settimana di gestazione. Ovviamente, la donna non deve avere una storia di ipertensione alle spalle. Questa condizione può essere più frequente in alcuni casi:
La causa principale dell’ipertensione in gravidanza è la gestosi, ma ovviamente anche seguire una dieta poco sana, avere un peso eccessivo, soffrire precedentemente di pressione alta, di diabete o avere una carenza nutrizionale. Purtroppo, l'ipertensione si presenta in circa il 6-8% di tutte le gravidanze ed è la seconda causa di decesso materno dopo il tromboembolismo, rappresentando circa il 15% di tutte le cause di morte in gravidanza.
I sintomi che possono manifestarsi a seguito della pressione alta in gravidanza sono simili a quelli che avresti anche senza essere incinta.
I rischi per il bambino sono numerosi. In realtà a essere a rischio è la gravidanza ma anche la mamma stessa. Sono frequenti i parti pretermine, il basso peso alla nascita, complicanze tali da dover ricoverare il bambino in terapia intensiva dopo il parto ma anche la morte fetale. Questa condizione è collegata a disturbi dell'apprendimento, a paralisi cerebrale, a epilessia, a cecità e a sordità. Con la prematurità arriva anche il rischio di un ricovero prolungato, piccole dimensioni gestazionali e l'interruzione di preziosi tempi di legame per le famiglie. Può sembrare una cosa da poco, rispetto a tutti gli altri rischi, ma per una neomamma e il suo bambino, essere separati dopo il parto, è un fortissimo stress, che per esempio può influire sull'allattamento.
Tra i rischi, inoltre, c’è l’acidosi. La preeclampsia compromette la placenta e il corpo del bambino inizia a limitare il flusso sanguigno agli arti, ai reni e allo stomaco, nel tentativo di preservare l'apporto vitale al cervello e al cuore. Se la riserva di ossigeno del bambino si esaurisce (quando la placenta si stacca o muore), il corpo del bambino può produrre troppo acido lattico. Se si accumula troppo acido lattico, il bambino svilupperà "acidosi" e diventerà incosciente e smetterà di muoversi. Il parto è essenziale a questo punto, anche se il bambino è prematuro.
Bisogna preoccuparsi sempre quando la pressione è alta, sia che si tratti di ipertensione cronica, ovvero quando la pressione arteriosa è elevata anche prima della gravidanza oppure prima della 20esima settimana, sia di ipertensione gestazionale, ovvero che si sviluppa dopo la 20esima settimana (soprattutto dopo la 37esima) e persiste per 6 settimane dopo il parto. Quali sono i rischi per la mamma? Entrambe possono provocare un aumento di rischio di preclampsia e eclampsia e di altre cause di mortalità materna o di morbilità, come l'encefalopatia ipertensiva, l'ictus, l'insufficienza renale e l'insufficienza ventricolare sinistra.
La terapia per la pressione alta in gravidanza è principalmente farmacologica. Non tutti i valori però sono uguali: se la minima è compresa tra 90 e 99 mmHg il trattamento è essenzialmente comportamentale. Il medico invita quindi a una dieta iposodica, a perdere peso, a evitare sforzi, a non fumare o bere. Se invece la minima supera i 100 mmHg, si utilizzano farmaci come alfa-metildopa, nifedipina, clonidina o labetalolo.
Quando la madre soffre di preeclampsia potrebbe anche essere necessaria l'ospedalizzazione e la programmazione del parto prima del termine. Il solfato di magnesio è utilizzato per la prevenzione dell'eclampsia. Ovviamente, è importante anche monitorare continuamente la pressione arteriosa, valutare i risultati degli esami di laboratorio che indicano le condizioni dei reni, del fegato o della capacità del suo sangue di coagulare. Altri test controllano quanto stia crescendo il nascituro e se sembra in pericolo. Quando la gravidanza è inferiore a 37 settimane, il caregiver di solito cerca di guadagnare un po' di tempo, ma se la donna ha superato le 37esima settimane, l’opzione migliore è il parto.
Prevenire la pressione alta non è semplice, soprattutto se hai una storia familiare alle spalle. Prima di rimanere incinta è importante fare una valutazione del tuo stato di salute e, in caso di ipertensione, cercare di correggere il proprio stile di vita: limitare il sale, fare sport, perdere peso se sei in sovrappeso e ovviamente evitare di fumare e di bere.
Fonti| NIH; Preeclampsia