Il 2019 della Terra in numeri: le drammatiche fotografie scattate dai report scientifici

Dal consumo di suolo allo scioglimento delle calotte glaciali, dall’incremento degli incendi che devastano le foreste al problema dell’inquinamento atmosferico: i dati sullo stato di salute del nostro pianeta messi in evidenza dagli studi scientifici pubblicati nell’anno che sta per concludersi sono a dir poco preoccupanti.
Entra nel nuovo canale WhatsApp di Ohga
Federico Turrisi 30 Dicembre 2019

"La nostra casa è in fiamme", "ascoltate gli scienziati". Sicuramente queste frasi ti suonano familiari. A pronunciarle è stata Greta Thunberg, nominata persona dell'anno 2019 dalla rivista americana Time. E che cosa dicono gli scienziati? L'emergenza climatica e tutte le altre questioni ambientali di cui è responsabile l'uomo (deforestazione, inquinamento atmosferico, marine litter, solo per citarne alcune) non rappresentano una novità, sebbene solo di recente, anche grazie alla giovane attivista svedese, sono finite sotto i riflettori dei media di tutto il mondo: in realtà, sono decenni che vengono lanciati allarmi sull'aumento incontrollato del riscaldamento globale e sulle sue devastanti conseguenze per il pianeta e i suoi abitanti.

Nel 2019, però, è sicuramente cresciuta la consapevolezza generale su questi temi. In più quest'anno sono stati numerosi i report pubblicati da università, centri di ricerca, think tank e istituzioni che offrono un quadro completo della situazione. Sintetizzare però migliaia di pagine, piene di grafici e di dati, non è operazione semplice. Per cercare di capire allora com'è stato il 2019 della Terra dal punto di vista dei report scientifici, sfrutteremo i quattro elementi della natura: acqua, aria, fuoco, terra.

I dati sull'ambiente nel 2019

Acqua

L'acqua, si sa, è l'elemento che permette la vita sul pianeta. Una risorsa preziosissima, destinata a diventare sempre più scarsa a causa dell'aumento della temperatura globale e della conseguente desertificazione nella fascia tropicale e sub-tropicale. Il che vuol dire aumento dei conflitti per contendersi l'acqua. Secondo una cronologia curata dal Pacific Institute, che si occupa dell’analisi dell’approvvigionamento idrico, il numero di conflitti legati alla carenza d’acqua a livello globale è passato da 16 negli anni novanta a oltre 75 negli ultimi cinque anni, e 30 sono stati registrati nel solo 2019.

Uno dei report speciali di quest'anno elaborato dall'Ipcc, il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite, è stato dedicato proprio all'acqua, in particolare agli oceani e alla criosfera. Le prospettive future sono tutt'altro che rosee: i principali problemi che dovremo affrontare nei prossimi anni si chiamano aumento della temperatura marina (dovuto alla sempre più massiccia presenza di gas serra nell'atmosfera), acidificazione e innalzamento del livello dei mari.

Il fenomeno dello scioglimento delle calotte polari si sta aggravando: tra il 2007 e il 2016 la perdita di ghiaccio in Antartide è triplicata rispetto al decennio precedente, mentre in Groenlandia è raddoppiata. Situazione critica anche per i ghiacciai delle aree montuose: di questo passo per la fine del secolo perderanno fino all'80% della loro massa di ghiaccio.

Gli ecosistemi marini, infine, stanno soffrendo a causa dell'inquinamento da plastica. Solo nel mar Mediterraneo, fa notare una ricerca del Wwf, vengono riversate ogni anno 570 mila tonnellate di plastica. È come se ogni minuto finissero in mare 33.800 bottigliette. Si tratta di un problema che poi ritorna con gli interessi a noi esseri umani che siamo al vertice della catena alimentare. Secondo uno studio sempre commissionato dal Wwf e condotto dai ricercatori dell’Università di New Castle, in Australia, ingeriamo in media 2000 frammenti di microplastica ogni sette giorni, quantificabili in circa cinque grammi a settimana, l’equivalente di una carta di credito.

Aria

Chi vive nella Pianura Padana lo conosce molto bene. Lo smog e le polveri sottili, invisibili eppure onnipresenti, rappresentano uno di quei problemi ambientali che tornano ciclicamente al centro dell'attenzione di cittadini e istituzioni ma sembrano non trovare mai una soluzione. In un rapporto pubblicato lo scorso ottobre, l'Agenzia europea dell'ambiente (Eea) ha messo in rilievo che l'esposizione all'inquinamento atmosferico ha causato circa 372 mila morti premature nell'Unione europea nel 2016. L'Italia è tra gli stati peggiori, e occupa la prima posizione per quanto riguarda i decessi prematuri per biossido di azoto (NO2, 14.600 morti) e ozono (O3, 3000 morti) e la seconda posizione, dopo la Germania, per il particolato fine PM2,5 (58.600 morti).

A livello globale, la concentrazione di gas serra aumenta, anziché arrestarsi o diminuire, come mostrano i numeri del Greenhouse Gas Bulletin pubblicato dalla Wmo, l'Organizzazione mondiale meteorologica dell'Onu. Il livello di biossido di carbonio (la famigerata CO2) nell'atmosfera ha raggiunto nel 2018 un nuovo record: 407,8 parti per milione. Un dato superiore del 147% rispetto a quello relativo all'epoca pre-industriale.

Fuoco

Tra le conseguenze del riscaldamento globale ci sono le ondate di calore sempre più prolungate che portano le temperature ben al di sopra della media. Basta vedere quello che sta accadendo queste settimane in Australia, oppure quello che è accaduto in Europa la scorsa estate, con punte sopra i 40 gradi. Stando alle rilevazioni dell'agenzia federale americana Noaa (National Oceanic and Atmospheric Administration) che si occupa di oceanografia, meteorologia e climatologia, luglio 2019 è stato il mese più caldo mai registrato nel mondo negli ultimi 140 anni (da quando cioè sono iniziate le registrazioni climatiche), con una temperatura media globale di 0,95 gradi sopra il valore medio del 20esimo secolo; il mese scorso invece è stato il secondo novembre più caldo di sempre.

Il fuoco è anche e soprattutto quello degli incendi che hanno devastato intere aree dell'Amazzonia. Una notizia che ha fatto il giro del mondo. Ma ti ricordi come tutto era partito? Da alcuni dati pubblicati lo scorso agosto dall'Inpe, l'Istituto Nazionale di Ricerca Spaziale brasiliano, in cui si riportava che in Brasile tra il gennaio e l'agosto 2019 erano stati registrati circa 72mila incendi. Di questi oltre 39mila avevano interessato regioni coperte dalla foresta pluviale. L'incremento rispetto allo scorso anno era dell'84% per il Brasile e del 77% per l'area amazzonica.

Terra

Ancora una volta a farci da guida è l'Ipcc che quest'anno ha dedicato un rapporto speciale anche alla terra. O meglio, al rapporto tra cambiamento climatico e territorio. Uno dei principali problemi messi in luce dal report è il consumo di suolo. Un problema niente affatto trascurabile. Il suolo è preziosissimo per la vita sul pianeta. Serve ovviamente per produrre cibo e materie prime, ma anche per stoccare carbonio, filtrare l'acqua (difendendoci dalle alluvioni) e ospitare una ricchissima biodiversità.

Eppure, la cementificazione del territorio imperversa senza freni. In Italia, riporta l'Ispra, sono oltre 23 mila i metri quadrati praticamente sigillati da asfalto e costruzioni di vario tipo; una superficie pari a quella dell'intera Toscana. Il punto è che il suolo non è infinito e servono migliaia di anni per creare pochi centimetri di terreno fertile. Il cambiamento climatico non farà altro che aumentare gli impatti negativi legati a una gestione non sostenibile del territorio. Secondo le stime dell’Agenzia europea dell’ambiente (Eea), la perdita economica complessiva per l’agricoltura in Europa provocata dal riscaldamento globale raggiungerà il 16% entro il 2050.