La terapia per l’Hiv: perché è importante iniziare subito la cura

Se hai ricevuto una diagnosi di positività all’Hiv, dovresti iniziare subito una terapia antiretrovirale. Questi farmaci permettono prima di tutto di ridurre fortemente il rischio di mortalità e di trasformare la patologia in un’infezione cronica. Non solo, ma eliminano anche il rischio di contagio. Si tratta dunque di un comportamento responsabile nei tuoi confronti e in quelli delle persone che ti circondano.
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Giulia Dallagiovanna 2 Ottobre 2019
* ultima modifica il 12/06/2020
Con la collaborazione del Dott. Andrea Gori Direttore dell'unita operativa complessa di Malattie Infettive del Policlinico di Milano e presidente di Anlaids Lombardia

Era il 5 giugno del 1981 quando i Centers for Disease and Control Prevention di Los Angeles scrivevano per la prima volta in un report che si stava impennando il numero dei casi di polmonite da Pneumocystis carinii. Per la precisione, si contavano 422 pazienti, di cui 159 già deceduti. Circa un mese dopo, il New York Times segnalava un aumento delle diagnosi di un raro tumore, il sarcoma di Kaposi: 41 pazienti erano stati ricoverati e 8 di loro erano morti in meno di 24 ore. Entrambe queste patologie erano complicanze dovute all'Aids, ma allora non si conosceva ancora nulla del virus dell'Hiv. Cominciò così l'epidemia nei Paesi occidentali, la stessa che prosegue ancora oggi. Con una differenza: l'infezione da mortale è diventata cronica. Un traguardo raggiunto grazie alla terapia immessa sul mercato a partire dal 1996: i farmaci antiretrovirali.

A partire da quegli anni, la ricerca scientifica è andata avanti. Le medicine ora presentano meno effetti collaterali ed esistono diverse combinazioni che possono essere prescritte, ma a distanza di circa 13 anni è ancora questo l'unico possibile trattamento esistente. Se infatti dall'Hiv non si può ancora guarire, è pur vero che è possibile ottenere una buona qualità di vita e portare avanti i propri progetti, sia lavorativi che familiari. Della terapia antiretrovirale ti avevamo già parlato a proposito del secondo caso di paziente guarito da Aids, ma conoscerla meglio è importante per convincersi a intraprendere il prima possibile questo percorso, mettendo da parte vergogna e paura dello stigma sociale.

Cosa sono i farmaci antiretrovirali

I farmaci antiretrovirali sono l'unica possibile terapia contro l'Hiv al momento disponibile. Si chiamano così perché devono contrastare un retrovirus, come ti abbiamo già spiegato a proposito della differenza tra Hiv e Aids. Per riassumere brevemente, si tratta di un virus a Rna in grado di entrare nelle cellule dei linfociti T, riscriversi a Dna e stabilirsi nel tuo corpo per sempre, mimetizzandosi con i globuli bianchi che ha infettato. Questo meccanismo si chiama trascrittasi inversa e ti servirà per capire meglio come funziona la terapia, che potresti trovare indicata anche come HAART (Highly Active Anti-Retroviral Therapy) o cART (combined Anti-Retroviral Therapy).

Lo scopo è quello di bloccare la replicazione del virus nel plasma, cioè nella parte liquida del sangue, fino ad azzerare la sua carica infettiva. L'agente patogeno dunque rimane dentro di te, annidandosi nei linfonodi e nella milza, ma l'infezione non si espande più, perché non possiede un numero sufficiente di copie con le quali provocare danni al tuo organismo. E nemmeno tu sarai più infettivo: non rischierai di trasmettere l'Hiv al tuo partner durante un rapporto sessuale o, addirittura, a tuo figlio nel momento del concepimento o del parto.

In poche parole, si può dire che i farmaci antiretrovirali fanno in modo che l'Hiv se ne stia tranquillo e non raggiunga mai la fase conclamata della malattia, l'Aids. Se pensi alle tragiche morti avvenute tra la fine degli anni '80 e l'inizio del decennio successivo, anche tra personaggi molto famosi, ti renderai conto di quale svolta questo trattamento rappresenti.

Le classi di farmaci antiretrovirali

La terapia antiretrovirale non è la stessa per ciascun paziente, anzi è sempre necessario trovare la giusta combinazione in base alla risposta della persona. Esistono oltre 20 diverse tipologie di farmaci antiretrovirali, ma vengono organizzati in cinque classi in base al modo in cui agiscono:

  • inibitori della trascrittasi, cioè di quel meccanismo che porta le particelle di virus a diventare a Dna per stabilirsi in una tua cellula. A loro volta si suddividono in nucleosidici e non nucleosidici: i primi inibiscono l'enzima che dà il via alla trasformazione, i secondi lo legano.
  • inibitori della proteasi, che impediscono la scissione delle catene di enzimi e proteine in frammenti più corti di cui il virus ha bisogno per creare nuove copie di se stesso.
  • inibitori di fusione, che bloccano l'ingresso dell'agente patogeno nella cellula che vorrebbe infettare.
  • inibitori dell'integrasi, il cui compito è limitare l'inserzione del Dna dell'Hiv in quello della cellula dell'essere umano e quindi di metterlo nella condizione di potersi replicare.
  • inibitori del CCR5, il recettore al quale aderiscono i linfociti bersaglio del virus, che se viene reso inattivo non permette l'entrata dell'agente patogeno nella cellula.

Di solito, si trovano in formato compresse e dovrai assumerle tutti i giorni, secondo le dosi e le modalità prescritte dal medico che ti segue. Se aderirai in modo serio e costante alla terapia, noterai un miglioramento nella tua qualità di vita. Altrimenti, l'Hiv nel giro di qualche anno, che potrebbero diventare anche 10, diffonderà l'infezione all'interno del tuo corpo e a un certo punto avvertirai i primi sintomi, segno che l'Aids è ormai conclamata.

Quando iniziare la terapia antiretrovirale

Se la domanda è quando iniziare la terapia antiretrovirale, la risposta è: il prima possibile. Prima viene fermata la replicazione dell'agente patogeno, maggiori saranno le possibilità di ottenere una buona qualità di vita, di azzerare il rischio di contagio, e quindi fermare l'epidemia, e di evitare lo sviluppo di una resistenza ai farmaci. Tieni presente però che vige sempre la regola del consenso informato: nessuno può obbligarti ad assumerei farmaci, sarai tu a dover decidere quando iniziare il trattamento.

Le linee guida raccomandano di farlo il più presto possibile. In effetti, va detto che curarti è un'assunzione di responsabilità nei confronti di te stesso e degli altri. Naturalmente, non potrai farlo da solo. Dovrai parlarne con un medico Infettivologo. anche per capire quale combinazione dovrebbe essere più adatta a te. Inoltre, lo specialista ti seguirà durante tutto il percorso, anche nel caso sia necessario apportare dei cambiamenti nella terapia.

Come ti dicevo prima, affinché si rivelino efficaci, dovrai assumere i farmaci tutti i giorni, nelle dosi che ti verranno prescritte. Solo in questo modo rimarrà nel tuo organismo una quantità sufficiente di sostanza che tenga a bada il virus, pronto a tornare a replicarsi non appena cesserai di curarti nel modo corretto. In effetti forse oggi te lo sei dimenticato, proprio grazie all'esistenza di medicinali di ultima generazione, ma la terapia serve prima di tutto a ridurre la mortalità, rendendo l'infezione da Hiv una patologia cronica.

Per capire se la strada è quella giusta, periodicamente viene misurata quella che si chiama viremia, ovvero la carica virale. In poche parole, la concentrazione di agente patogeno nel tuo plasma. Di norma, se dopo sei mesi dall'inizio i risultati degli esami mostrano non più di 50 copie di cellule infette ogni millilitro di sangue, la terapia è considerata efficace. In alcuni casi, però, serve più tempo.

La resistenza ai farmaci antiretrovirali

Uno dei principali problemi nella lotta contro l'Hiv è che si tratta di un virus che muta molto velocemente. E questi costanti cambiamenti possono anche dare origine a ceppi resistenti ai farmaci antiretrovirali. Proprio per questa ragione è fondamentale iniziare subito a seguire la terapia ed evitare che l'agente patogeno possa replicarsi e modificarsi. Anche la maggior diffusione delle terapie è però una causa di questo problema: al momento si registra circa un 10% di persone sieropositive, cioè con diagnosi di Hiv, che non rispondono ai trattamenti utilizzati più di frequente.

Per questo motivo, esistono dei test di resistenza che devono essere effettuati periodicamente e che permettono di capire come variare la cura. Di solito, vengono fatti anche prima di cominciare con una qualsiasi combinazione di farmaci. Ne esistono di diversi tipi, sia per valutare una generica farmaco-resistenza, che per osservare da vicino come reagisce il virus al singolo medicinale. Sono importanti tanto quanto i trattamenti, perciò cerca di sottoportici anche tu.

I soggetti più a rischio rimangono in ogni caso quelli che ritardano nell'inizio delle cure e permettono alla carica virale di aumentare fino a rendere più problematica e lunga la sua soppressione.

Gli effetti collaterali della terapia per l'Hiv

Finora ne sono stati elogiati i vantaggi, ma la terapia per l'Hiv a base di farmaci antiretrovirali non è uno scherzo per il tuo corpo e presenta anche alcuni effetti collaterali. Ne potrai notare sia a breve che a lungo termine e dovresti parlarne con il tuo medico, per capire come ridurre il più possibile il fastidio. Tra quelli che potrebbero insorgere quasi subito ci sono un senso di debolezza, nausea e problemi intestinali, dolori muscolari e mal di testa. Più avanti esiste il rischio che si presentino anche disturbi dell'umore, sonnolenza, alopecia, vertigini e formicolii alle estremità. Infine, quelli considerati più gravi, sono epatite, pancreatite, alterazione delle funzioni renali e cardiopatie, cioè malfunzionamenti del cuore.

Non dovrai però sacrificare tutto il resto del tuo corpo se vorrai iniziare una terapia antiretrovirale. Innanzitutto, tieni presente che ogni persona è diversa e quindi non puoi sapere quale tipo di risposta darà il tuo organismo: magari non noterai alcun peggioramento nella tua salute. Inoltre, dovrai sempre riferire tutti gli eventuali problemi al tuo medico, in modo che intervenga e ti consigli eventuali esami di controllo, ad esempio, a pancreas, reni e cuore. È moto importante da questo momento in poi prestare attenzione a tutti i segnali anomali provenienti dal tuo organismo, perché potresti risultare più a rischio di diabete, disturbi cardiocircolatori, ictus e ipertensione.

L'interruzione della terapia per l'Hiv

Una volta iniziato ad assumere farmaci antiretrovirali, non potrai interrompere la terapia. Almeno, non da solo. E di solito viene sconsigliata anche la cosiddetta interruzione strutturata, cioè quella decisa dal medico, perché aumenta il rischio che l'infezione torni a progredire e quindi mette in pericolo la tua vita. A volte però viene decisa lo stesso, soprattutto quando la carica virale è stabilmente bassa e i livelli di CD4 sono elevati. Se poi il tuo corpo non riesce proprio a sopportare questo tipo di medicinali è ovvio che non potrai assumerli. In entrambi i casi dovrai sottoporti a controlli davvero molto frequenti, per escludere ogni possibile complicanza.

Ed ecco che hai a che fare con una nuova sigla: i CD4. Si tratta di recettori presenti nei linfociti T helper, i bersagli prediletti del virus. Il loro monitoraggio è necessario per capire se l'infezione sta progredendo oppure no. Una persona sana dovrebbe avere tra i 500 e i 1.200 CD4 ogni millilitro di sangue, ma l'Hiv riduce la quantità del 4% per ogni anno che non vengono utilizzati i farmaci. Questo perché le particelle infette prendono il posto dei globuli bianchi e ne diminuiscono la presenza nel sangue. Una volta scesi sotto i 100, sarai fortemente esposto a contrarre un'infezione come, appunto, la forma di polmonite di cui ti parlavo all'inizio dell'articolo. Se invece rimani aderente alla terapia, il numero di linfociti aumenta di circa 50 unità ogni anno, fornendoti una maggiore protezione contro le possibili minacce esterne.

Tieni presente che non è mai l'Aids in sé a uccidere: si chiama Sindrome da immunodeficienza acquisita proprio perché riduce al minimo il tuo sistema immunitario e ti lascia senza difesa di fronte a infezioni opportunistiche, cioè provocate in persone immunodepresse. E saranno quelle a causare la morte.

Il parere dell'esperto

Abbiamo chiesto al professor Andrea Gori, direttore dell'unita operativa complessa di Malattie Infettive del Policlinico di Milano e presidente di Anlaids Lombardia, come si affrontano gli eventuali effetti collaterali della terapia per l'Hiv e in quale direzione stia andando la ricerca:

"Il presupposto da cui bisogna partire è che negli anni abbiamo assistito a un miglioramento eclatante per quanto riguarda la terapia antiretrovirale, che si concretizza prima di tutto nella possibilità di ottenere farmaci sempre meno tossici. Non solo, ma si è anche riuscito a comprimerli in un'unica pastiglia, per cui da un'assunzione di 15 dosi al giorno, oggi la maggior parte dei pazienti è passata a una sola. L'evoluzione di questo risultato sarà, nei prossimi anni, quello di utilizzare farmaci long acting che potranno essere somministrati nel corso di una sola iniezione, una volta al mese. O, al massimo, due ogni mese. Sono già stati effettuati dei test da cui sono stati ottenuti dei buoni riscontri. In questo modo il problema dell'aderenza alla terapia, che è davvero fondamentale in questo caso, si potrà gestire più facilmente.

Naturalmente, come tutti i farmaci. anche quelli antiretrovirali hanno una loro tossicità. Oggi però è davvero ridotta rispetto a quella che poteva essere in passato, quando i pazienti presentavano sempre uno o due effetti collaterali. Ora invece questo fenomeno non è più così generalizzato e, soprattutto, è legato a diversi fattori. Tra questi, il più importante è la condizione fisica del paziente: se si sta sottoponendo ad altre terapie in concomitanza, se ha sviluppato una patologia associata, se le sue caratteristiche lo predispongono ad avere effetti collaterali. A questo proposito ci stiamo indirizzando verso una medicina di precisione: non esiste una terapia che valga per tutti, ma abbiamo a disposizione diverse scelte terapeutiche e cerchiamo di ottenere l'individualizzazione del trattamento, elaborando una strategia mirata per il singolo paziente. 

Per quanto riguarda il vaccino, sono in corso diversi studi e trial, ma al momento non abbiamo dati che ci permettano di dire che la meta sia dietro l'angolo. Si stanno sicuramente compiendo sforzi importanti per l'elaborazione di vaccini che utilizzino anticorpi neutralizzanti e che sembrano piuttosto promettenti, ma per ora non abbiamo ancora niente di concreto."

Fonti| MSD Manuals; Lila

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