Un’altra persona è guarita dall’infezione da HIV: anche in questo caso il merito è del trapianto di staminali per curare la leucemia

Il paziente di Dusseldorf, un uomo di 53 anni, si unisce al ristretto gruppo di persone oggi guarite dall’infezione da HIV. Come nei casi precedenti, anche lui era affetto da leucemia mieloide acuta ma dopo essere stato sottoposto a un trapianto di cellule staminali con una mutazione genetica che le rendeva resistenti al virus, è stato dichiarato guarito: quasi dieci anni dopo il trapianto e quattro dalla sospensione dei trattamenti antiretrovirali, era in remissione completa.
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Kevin Ben Alì Zinati 22 Febbraio 2023
* ultima modifica il 23/02/2023

È ancora troppo presto per parlare di «cura» per l’HIV. I casi di «guarigione» finora registrati sono troppo pochi e alcune di queste persone non hanno traccia del virus “solamente” da una manciata di mesi e non da anni.

Sarebbe anche sbagliato e illusorio farlo perché tutte le persone oggi «guarite» dall’infezione del virus dell’immunodeficienza umana hanno subìto trattamenti particolari (il trapianto di cellule staminali) per curare patologie particolari (la leucemia mieloide acuta): condizioni troppo circoscritte per poter parlare di una soluzione democraticamente accessibile a tutti.

L’ultimo caso di una persona dichiarata «guarita» perché in remissione completa dall’infezione causata dall’HIV, il cosiddetto “paziente di Dusseldorf”, non è quindi la prova che abbiamo trovato una soluzione a quella che in diverse regioni del Mondo è ancora una pandemia.

Quella descritta su Nature Medicine semmai è una bellissima notizia, una di quelle che ci fa sperare e sognare in grande. Avere una persona in più nel ristretto cerchio di coloro che hanno superato il virus dall’HIV dopo il paziente di Berlino, quello di Londra e i due casi statunitensi registrati nel 2022, è la prova concreta che prima o poi un modo per contrastare questa pandemia lo troveremo.

Infezione e cancro

La storia del paziente di Dusseldorf con il virus è iniziata nel 2008, quando gli è stata diagnosticata l’infezione da HIV. L’uomo si è subito sottoposto ai trattamenti a base di farmaci antiretrovirali e in poco tempo la sua carica virale è scesa notevolmente.

Qualche anno più tardi, però, il suo quadro clinico si è complicato perché tra le mani si è ritrovato una nuova diagnosi e una nuova malattia: la leucemia mieloide acuta.

Nel 2013 anche il “paziente di Dusseldorf” è stato così sottoposto a un innovativo trapianto di cellule staminali per curare la leucemia e, allo stesso tempo, provare a rafforzare l’organismo dell’uomo contro l’HIV.

Un team di medici dell’ospedale universitario di Düsseldorf, in sostanza, prima gli ha distrutto le cellule cancerose del midollo osseo per poi sostituirle con le staminali prelevate da un donatore con la mutazione CCR5Δ32/Δ321, una variante genetica molto resistente al virus.

Ancora le staminali

La storia sembrava dunque destinata a ripetersi. La condizione del “paziente di Dusseldorf” ricordava, infatti, quella dei primi due pazienti considerati guariti dall’HIV.

Anche Timothy Ray Brown, il “paziente di Berlino” e prima persona «guarita» dal virus, era stato sottoposto allo stesso trapianto di staminali per contrastare una forma di leucemia mieloide acuta.

L’idea di base era che siccome il virus dell’HIV utilizza la proteina della superficie cellulare CCR5 per entrare nelle cellule immunitarie, il ripopolamento di un organismo con staminali caratterizzate dalla mutazione genetica CCR5Δ32/Δ32, invece, avrebbe impedito l’espressione di questa proteina sulla superficie cellulare.

Il trattamento, in sostanza, avrebbe dovuto sbarrare la strada d’ingresso al virus. E così è stato. Dopo la procedura, il paziente di Berlino è stato in grado di interrompere l’assunzione di antiretrovirali ed è rimasto libero dall'HIV fino alla sua morte, avvenuta nel 2020.

Lo stresso trattamento terapeutico, nel 2019, aveva regalato la «guarigione» dall’HIV anche ad Adam Castillejo, il “paziente di Londra”, e nel 2022, e la remissione a due persone statunitensi.

La donna di New York e un uomo in California, infatti, non erano considerati guariti ma «in remissione» dal momento che tracce di HIV non erano rilevabili rispettivamente da 14 e 17 mesi. Troppo poco, insomma, per esserne certi.

La «guarigione» del paziente di Dusseldorf

Negli anni successivi al trattamento, il team di medici tedeschi ha prelevato campioni di tessuto e sangue dal paziente di Dusseldorf, continuando a rilevare cellule immunitarie che reagivano specificamente all’HIV.

Un indizio, si legge su Nature, che suggeriva come “un serbatoio” del virus fosse rimasto attivo da qualche parte nel corpo dell'uomo. Non era chiaro se queste cellule immunitarie avessero preso di mira particelle virali attive o un "cimitero" di resti virali.

Fatto sta che per capire meglio come funzionava il trapianto, il team ha eseguito ulteriori test tra cui il trapianto delle sue cellule immunitarie in modelli animali (topi) e qui hanno notato che il virus non era riuscito a replicarsi. L’HIV, in sostanza, non era più attivo.

Nel 2018 l’uso ha smesso di assumere le terapia antiretrovirale, somministrata per abbassare il virus a livelli quasi impercettibili e impedire la trasmissione, e da allora è rimasto libero dall’HIV.

Quasi dieci anni dopo il trapianto e quattro dalla sospensione dei trattamenti, era quindi in remissione completa.

Non è una cura

Come ti accennavo all’inizio, i contorni della storia del paziente di Dusseldorf non permettono di parlare di una vera e propria cura per l’HIV.

La sostituzione del midollo osseo con il trapianto di cellule staminali con una particolare mutazione genetica, infatti, resta una soluzione (comunque rischiosa) solamente in caso di leucemia mieloide acuta.

Tutte le persone con HIV che non soffrono di testa forma da cancro del sangue, oggi non potrebbero dunque accedere a un simile trattamento.

Diversi team di scienziati sparsi in tutto il mondo stanno testando la possibilità di estendere questa possibilità anche ad altri, così come si sta lavorando per un vaccino anti-HIV.

Ad oggi la strada resta ancora molto, molto lunga. Ma non infinita.

Fonti | "In-depth virological and immunological characterization of HIV-1 cure after CCR5Δ32/Δ32 allogeneic hematopoietic stem cell transplantation" pubblicata il 20 febbraio 2023 sulla rivista Nature Medicine

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