Con il poetico nome di "Sentiero del respiro" è stato inaugurato a Roma un percorso in cinque tappe per sensibilizzare su quella preziosa risorsa – tanto individuale quanto collettiva – che è il respiro. Il "Sentiero del respiro" si trova nella Riserva Naturale di Monte Mario, a Villa Mazzanti, sede dell’Ente Regionale RomaNatura, ed è un'iniziativa portata avanti da Gart, La Città di Isaura, FederParchi e RomaNatura, sotto il patrocinio dell’Università degli Studi RomaTre (Architettura), progetto Urban Re Tree. Questo progetto sposa l'idea di un'economia circolare e sostenibile, mettendo in comunicazione tra loro le realtà presenti sul territorio, come anche il mondo accademico e della ricerca, a quello del non profit, terzo settore, e degli enti pubblici. Spiegano gli organizzatori: “Fare insieme per immettere cambiamenti, buone pratiche e promuovere la cultura del verde”.
La scoperta arriva dagli scienziati dell'Università del Massachusetts e vogliono puntare a rivoluzionare il mercato dell'energia proveniente da fonti rinnovabili. La tecnologia si chiama "Generic Air-gen effect" e al momento c'è anche da dire che si trova alle prime fasi di sviluppo.
Dietro questa bellissima tecnologia (apparentemente) si cela un segreto. Il dispositivo che produce energia dall'aria deve essere sviluppato e costruito esclusivamente con materiali a nanopori dal diametro inferiore ai 100 nanometri. I fori devono dunque essere davvero microscopici. Perchè esiste questo vincolo non da poco?
La ragione è legata a un principio scientifico noto come “Mean free path”. In sostanza si tratta della distanza tra una molecola e l'altra in un composto, in questo caso dell'acqua nell'aria. Le molecole d'acqua che attraversano dall'alto il sottilissimo materiale del dispositivo hanno difficoltà a passare attraverso le pareti dei nanopori, pertanto la parte superiore viene attaccata da molecole molto più dello strato inferiore. L'energia si viene a creare perchè le molecole d'acqua sono cariche elettricamente e quindi si crea una differenza di potenziale. Un principio molto simile è quello dei fulmini.
L'anno giusto sarà il 2025 e finalmente avremo la possibilità di vedere la prima nave batteria in grado di trasportare tutta l'energia elettrica prodotta dagli impianti eolici offshore sulla terra ferma. L'idea geniale è arrivata da un'azienda giapponese, la PowerX nata per “cambiare il modo in cui il mondo consuma e trasmette energia rinnovabile”.
Dopo che il progetto fu presentato nel 2020, adesso in occasione dell’esposizione marittima internazionale “Bariship” ad Imabari, la società giapponese ha fornito caratteristiche dettagliato della futura “Battery Tanker”, così è stata soprannominata. Ricordiamo si tratta di una nave cisterna che verrà realizzata appositamente per trasferire l'energia immagazzinata in mare.
I primi test di affidabilità su acque nazionali e internazionali verranno compiuti tra il 2025 e il 2026. Volendo invece osservare le specifiche tecniche la nave batteria sarà lunga 140 metri e sarà equipaggiata da 96 sistemi d’accumulo elettrochimico containerizzate per una capacità complessiva di 241 MWh.
Agrivoltaico: una parola che fonde i concetti di agricoltura e di fotovoltaico. E i pannelli solari posso anche dare un ulteriore aiuto all'agricoltura rendendola ancora più resiliente contro la crisi climatica. Un nuovo studio dell’Università di Hohenheim, a Stoccarda, ha individuato come gli impianti agrivoltaici hanno la possibilità di attenuare gli effetti negativi della siccità sulle coltivazioni. Glistudiosi dell'Università di Hohenheim con il rapporto pubblicato sull'agrivoltaico hanno voluto sottolineare come l’ombreggiatura dei pannelli solari potrebbe ridurre le rese dei raccolti quando c'è una grande presenza d'acqua, ma potrebbero aumentare la stessa resa della coltivazione durante i periodi di siccità.
Casola Valsenio, che conta 2500 abitanti, è uno dei comuni più gravemente colpiti dalla pioggia delle scorse settimane. Diverse frane hanno provocato il crollo delle abitazioni e costretto a chiudere le strade: sono 92, al momento, i chilometri non percorribili, in attesa di essere rimessi in sicurezza. Tra le prime preoccupazioni dei cittadini sfollati c’è stata quella di non perdere di vista i propri animali: in altre località dell’Emilia-Romagna, infatti, molti sono morti – soprattutto quelli che si trovavano negli allevamenti intensivi – o si sono persi durante le operazioni di sfollamento.
“Il Sindaco, in risposta a questa motivata esigenza della popolazione, ha deciso di far costruire un canile temporaneo nel parco Pertini, uno spazio situato a 5 minuti a piedi dalla palestra che ospita le persone sfollate”, racconta la LAV.
Il nuovo canile d’emergenza potrà accogliere fino a 50 cani e rimarrà in funzione fino a quando animali e persone potranno finalmente rientrare nelle loro case o in rifugi più stabili. Al momento, secondo quanto riporta la LAV, sono già nove i cani che hanno trovato ospitalità all’interno del canile temporaneo. I padroni possono andare a trovarli quando lo desiderano, per prendersi cura di loro: un modo per sostenersi a vicenda, e vivere con più serenità questi giorni di paura e smarrimento.