L’Europa e l’Italia guardano con attenzione l’epidemia di Dengue in Argentina, Pregliasco: “Attenzione alta anche qui”

In Argentina dall’inizio dell’anno sono stati registrati oltre 41mila casi e 39 morti. Secondo il virologo la febbre Dengue, come molte altre arbovirosi quali Zika e Usutu, è sotto l’attento monitoraggio del Ministero della Salute e dell’Iss perché rappresentano questioni serie anche alle nostre latitudini, dove oggi sono più frequenti a causa della globalizzazione e dell’aumento globale delle temperature.
Entra nel nuovo canale WhatsApp di Ohga
Kevin Ben Alì Zinati 26 Aprile 2023
* ultima modifica il 20/03/2024
In collaborazione con il Prof. Fabrizio Pregliasco Virologo dell'Università degli Studi di Milano e Direttore Sanitario dell'Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano

Oltre 41mila casi, 39 morti. L’epidemia di febbre Dengue sta allarmando sempre di più l’Argentina dopo che in soli quattro mesi sono già stati registrati il 48,4% di casi in più rispetto al 2020, quando i decessi erano stati 26.

Un allarme che divampa anche a causa della forma “nuova” del virus responsabile del contagio, il sierotipo 2-Cosmopolitan, una variante tipica di zone come il Brasile e il Perù, apparentemente più contagitosa e aggressiva e mai registrata prima nel Paese.

Può sembrare lontano ma nel mondo iperconnesso in cui viviamo oggi, i riflessi dell’epidemia argentina sono già arrivati anche da questa parte dell’oceano, specialmente in Europa, dove hanno cominciato a far drizzare le antenne di esperti e istituzioni.

Appartenente alle cosiddette arbovirosi, cioè zoonosi causate da virus trasmessi dalle punture di vettori artropodi come le zanzare (in questo caso le aedes aegyptique), la Dengue rappresenta una questione seria anche per noi europei e lo sono già da tempo.

Il professor Fabrizio Pregliasco, virologo dell'Università degli Studi di Milano e Direttore Sanitario dell'Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano ci ha spiegato infatti che le infezioni da arbovirus “sono effettivamente un problema importante anche in Europa e in Italia, dove hanno determinato l’esigenza di un’attenzione e di una serie di sistemi di sorveglianza per monitorare il rischio di diffusione del punto di vista umano e animale”. 

Il Ministero della Salute insieme all’Istituto Superiore di Sanità, infatti, da anni tiene sotto un controllo “speciale” arbovirosi come la Chikungunya, la West Nile, l’Encefalite da zecca (Tbe) e le infezioni neuro-invasive da virus oltre a, appunto, alla Dengue, a Zika e a Usutu: protagoniste, queste ultime, di un aumento di segnalazioni negli ultimi anni.

“Prima queste infezioni non emergevano nel modo giusto ed era un problema perché abbiamo la possibilità di fare sorveglianza e prevenzione. Oggi se ne parla tanto anche perché veniamo dall’esperienza di una pandemia – ha continuato il prof Pregliasco -. Sebbene l’equilibrio tra una maggior attenzione verso il mondo degli agenti virali e un troppo facile allarmismo è sottile e precario, quella che riguarda la Dengue è comunque di una situazione da monitorare”. 

Alle nostre latitudini l’allerta era partita lo scorso anno, quando nel Sud della Francia era stato registrato un notevole aumento di casi autoctoni. “In Europa il pericolo c’è ed è reale. Il punto sono le attività di bonifica ambientale e sorveglianza verso questo di arbovirosi. Le forme emorragiche sono quelle più pesanti ma ce ne sono altre meno pesanti e virulente da cui guardarsi. Non è questione di creare panico ma di fare nostro con forza un insegnamento del Covid, inteso come maggior attenzione a questo tipo di problematiche”.   

Iperconnessione si diceva prima. Globalizzazione. Se queste malattie cominciano ad affacciarsi con maggior forza in aree dove non si erano mai viste prima, la colpa è dei viaggi e del turismo che ormai porta chiunque in qualsiasi parte del mondo.

Grossa parte di responsabilità, però, va anche ai cambiamenti climatici e all’aumento delle temperature a livello globale. Le nuove condizioni climatiche infatti alterano gli ambienti e animali come insetti o zanzare, trasportati dagli spostamenti di viaggiatori e merci, finiscono per insediarsi in zone nuove e più favorevoli, portando con sé le patologie di cui sono serbatoi.

“Rispetto ad altre situazioni registrate negli ultimi mesi, si tratta di un’allerta seria: non facciamo allarmismo – ha concluso il virologo – ma teniamo alta l’attenzione”. 

Le informazioni fornite su www.ohga.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.