Malattia da virus Marburg: cos’è e come si cura questa grave febbre emorragica virale

Scoperto per la prima volta nel 1967, il virus Marburg trova il proprio serbatoio naturale nei pipistrelli della frutta africani dai quali, in caso di contatto diretto, può passare anche all’uomo dando origine a una febbre emorragica virale molto grave. Si manifesta con nausea, vomito e diarrea e può anche condurre alla morte.
Entra nel nuovo canale WhatsApp di Ohga
Kevin Ben Alì Zinati 4 Aprile 2023
* ultima modifica il 04/05/2023

La malattia da virus Marburg è a tutti gli effetti una grave febbre emorragica virale causata dal contagio con il virus Marburg.

Appartenente alla stessa famiglia dell’ente virale responsabile dell’Ebola, le Filoviridae, Marburg è stato individuato e descritto per la prima volta nel 1967 quando tra Francoforte e Marburg (in Germania) e a Belgrado, in Serbia, furono registrate due epidemie con 31 infezioni e 7 morti.

La malattia da virus Marburg, per natura, è contraddistinta da una sintomatologia che la avvicina molto a Ebola: sebbene infatti, siano provocate da virus diversi, si tratta di due malattie clinicamente molto simili e spesso confuse tra loro.

Probabilmente questo virus ti suonerà molto familiare perché nelle ultime settimane l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha calamitato la propria attenzione su due Paesi africani, la Guinea Equatoriale e la Tanzania, dove si sarebbero accessi piccoli focolai di infezioni legate al marburgvirus.

Questi casi stanno preoccupando l’Oms (senza alcun allarmismo, va ribadito) perché si tratta dei primi focolai di malattia da virus Marburg registrati nella storia dei questi due Stati.

Come avviene il contagio

La maggior parte delle infezioni da virus Marburg avviene quando l’uomo entra in contatto con i serbatoi animali di questo agente virale, ovvero i pipistrelli della frutta africani (Rousettus aegyptiacus).

L’idea che i pipistrelli della frutta abbiano un ruolo decisivo nella trasmissione del virus e quindi del diffondersi della malattia è stato confermato nel 2007, quando il virus è stato isolato nel sangue di questi animali.

La malattia da virus Marburg può essere trasmessa anche da uomo a uomo e il contagio avviene quando le mucose degli occhi, del naso o della bocca o ferite aperte entrano in contatto diretto con sangue o altri fluidi corporei (quindi urina, saliva, feci, vomito) provenienti da un soggetto infetto.

Sulla sopravvivenza del virus di Marburg nei fluidi corporei non ci sono ancora dati approfonditi e certi: trattandosi tuttavia di un virus simile a quello responsabile dell’Ebla, è assai probabile che possa persistere nel fluidi, compreso lo sperma.

La trasmissione può verificarsi anche in caso di contatto indiretto con superfici o oggetti contaminati come strumenti medici, vestiti o lenzuola.

Puoi considerare “trascurabile” il rischio di trasmissione durante il periodo di incubazione dell’infezione mentre è decisamente più alto nelle ultime fasi della malattia, quando il soggetto infetto presenta già vomito, diarrea o emorragie.

Sintomi

Con un periodo di incubazione stimato tra i 5 e i 10 giorni (anche se sono stati registrati archi temprali compresi tra 2 e 21 giorni), la malattia da virus Marburg si presente nelle sue fasi iniziali con sintomi non specifici:

  • febbre alta 
  • forte mal di testa
  • brividi
  • dolori muscolari

A distanza di 3 giorni dalle prime manifestazioni possono poi comparire:

  • crampi
  • dolori addominali
  • nausea
  • vomito
  • diarrea

Dal quinto al settimo giorno, invece, la malattia può caratterizzarsi per l’insorgenza di rash maculopapulare.

Gli stessi sintomi si riscontrano, sostanzialmente, anche ne caso in cui a infettarsi fosse una donna in gravidanza. Devi tenere a mente che il virus Marburg può persistere all’interno della placenta, nel fluido amniotico e quindi pure nel feto. In fase di allattamento, invece, se ne possono ritrovare tracce anche nel latte materno.

Il quadro clinico di una persona che abbia contratto il virus Marburg, purtroppo, può anche aggravarsi con la comparsa di sintomi tipici delle febbri emorragiche come petecchie, emorragie mucosali e gastrointestinali oltre a sanguinamento dai siti di prelievo venoso.

In molti casi possono insorgere anche altre complicanze come disturbi neurologici quali disorientamento, agitazione o convulsioni e anche condizioni ancora più gravi come una vasta coagulazione intravascolare, linfocitopenia e trombocitopenia.

Tasso di mortalità

Quella provocata dal virus Marburg è una patologia grave che può anche essere fatale. Secondo le stime il decesso avviene solitamente tra gli 8 e i 16 giorni dall’esordio a causa di un mix di disidratazione, emorragie interne e insufficienza multiorgano.

Il tasso di letalità stimato si aggira, oggi, intorno al 50% ma può variare in base alla gestione terapeutica dell’infezione. Come in molte patologie virali, il trattamento rapido e precoce può migliorare significativamente le possibilità di sopravvivenza.

Diagnosi e cura

La somiglianza della malattia da virus Marburg con l’Ebola molto spesso rende difficile una diagnosi clinica precoce e precisa.

In presenza di sintomi sospetti, ci sono diverse indagini di laboratorio che possono venire in tuo soccorso. Su tutti l’isolamento del virus, sebbene si tratta di una tecnica estremamente complessa per la quale sono necessari strutture ad alto bio-contenimento che pochi centri possiedono.

I test molecolari per la ricercare di tracce virali sono alternative valide e molto sensibili ed efficaci nella diagnosi: nelle prime fasi della malattia, vista la presenza di alti titoli virali nel sangue, si può anche fare una diagnosi attraverso la ricerca degli antigeni.

Cura 

Ad oggi non possediamo una vera e propria cura contro la malattia da virus Marburg  vaccini per la prevenzione.

Il trattamento standard consiste, perciò, in una terapia di supporto mirata al mantenimento dell’idratazione e degli elettroliti e coadiuvata da trasfusioni ematiche e ossigenoterapia.

Fare prevenzione in caso di focolaio di infezione da virus Marburg significa cercare di interrompere la trasmissione interumana il più velocemente possibile, mettendo in atto misure di controllo della diffusione del virus, l’identificazione precoce dei casi e il loro rapido isolamento.

Le febbri emorragiche virali

La malattia provocata dall’infezione da marburgvirus rientra nella grande categoria delle febbri emorragiche virali. Si tratta di un gruppo di malattie provocate da agenti virali e contraddistinte da un esordio improvviso e acuto e sintomi, appunto, emorragici.

Le febbri emorragiche virali sono causate virus a RNA che sopravvivono all’interno di serbatoi naturali, specialmente animali o insetti, da cui quali possono poi passare all’uomo dopo un contato diretto tra le due specie.

Sto parlando di virus appartenenti a:

  • Arenaviridae (febbre di Lassa, Junin e Machupo)
  • Bunyaviridae (febbre emorragica Congo Crimea, febbre della Valle del Rift, febbri emorragiche Hantaan)
  • Filoviridae (Ebola e Marburg)
  • Flaviviridae (febbre gialla, dengue, febbre emorragica di Omsk, malattia della foresta Kyasanur).

La letteratura scientifica racconta che queste malattie si verificano tendenzialmente nelle regioni tropicali e subtropicali del mondo: Marburg, come Ebola e la febbre di Lassa sono tipiche dell’Africa subsahariana, la febbre emorragica Congo Crimea si verifica nelle steppe dell’Asia centrale e nell’Europa centrale, in Africa meridionale e tropicale mentre la febbre della valle del Rift è frequente in Africa e si è recentemente diffusa in Arabia Saudita e Yemen.

Fonti | Istituto Superiore di Sanità; Ministero della Salute

Contenuto validato dal Comitato Scientifico di Ohga
Il Comitato Scientifico di Ohga è composto da medici, specialisti ed esperti con funzione di validazione dei contenuti del giornale che trattano argomenti medico-scientifici. Si occupa di assicurare la qualità, l’accuratezza, l’affidabilità e l’aggiornamento di tali contenuti attraverso le proprie valutazioni e apposite verifiche.
Le informazioni fornite su www.ohga.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.