Nucleare in Italia: qual è la situazione e cosa potrebbe cambiare

La premier Giorgia Meloni ha incontrato a Roma Rafael Mariano Grossi, direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica per parlare anche del possibile ritorno del nucleare a scopi civili per produrre energia. Tra i temi affrontati il coinvolgimento del nostro Paese nella ricerca sulla fusione e la disponibilità delle nuove tecnologie di fissione, dagli Small Modular reattore ai microreattori.
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Kevin Ben Alì Zinati 19 Ottobre 2023

Il nucleare in Italia sta diventando un’opzione ogni giorno più concreta.

Tanto da aver ricevuto anche la «benedizione» di Rafael Mariano Grossi, direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica.

A Roma, ufficialmente per affrontare il tema delle crisi internazionali che vedono impegnata la Iaea, come i bombardamenti russi nei pressi della centrale ucraina di Zaporizhzhia, Grossi ha incontrato la premier Giorgia Meloni per parlare anche del possibile ritorno del nucleare a scopi civili, per produrre dunque energia.

Rafael Mariano Grossi, direttore dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, è stato a Roma per parlare con la premier Giorgia Meloni del possibile ritorno del nucleare in Italia.

L’intenzione del Governo di provare a (ri)dare all’atomo un ruolo da protagonista nella transizione energetica a cui siamo chiamati ormai è chiara.

In questo senso, è stata recentemente attivata anche la cosiddetta piattaforma per il nucleare sostenibile dove enti pubblici di ricerca, associazioni scientifiche, esponenti del mondo delle università e soggetti statali operanti nel settore della sicurezza nucleare si confronteranno in modo da definire tempi e progetti per la possibile ripresa dell’utilizzo dell’energia nucleare in Italia.

Sollecitato in una recente intervista a seguito dell’incontro, Grossi ha definito le iniziative e le azioni del nostro Governo comeinteressanti in entrambe le direzioni: fissione e fusione.

A parte di fusione, progetto-sogno a cui l’Italia partecipa con Iter ma anche con il Commonwealth Fusion Systems, iniziativa americana che si è prefissata il 2025 come deadline per arrivare all’energia delle stelle, Grossi e Meloni hanno parlato anche di cosa fare nel presente (se non immediato, visto che ci vorranno comunque anni, sicuramente più vicino rispetto al futuro in cui potremo vedere la fusione).

Tradotto, il direttore dell’Iaea e la premier si sono soffermati sulle nuove tecnologie di fissione che potrebbero sostanzialmente essere già disponibili, come gli Small Modular Reactors. Gli stessi che secondo il vicepremier Matteo Salvini potremmo avere già nel 2032, “magari a Milano” come si era augurato.

Oltre agli Smr, c’è interesse anche verso i cosiddetti microreattori, un’opzione ancora più accessibile dal momento che si tratta di strutture facilmente adattabili alle necessità concrete di una grande azienda o di un data center. Tutti progetti per cui la Iaea, ha continuato Grossi, potrebbe essere di grande utilità.

Il vicepremier Matteo Salvini è convinto che per il 2032 potremmo accendere una centrale nucleare di ultima generazione in Italia. E la vorrebbe a Milano.

Nemmeno il direttore dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica tra le criticità per un eventuale ritorno al nucleare in Italia vede la mancanza di eccellenza nella ricerca, che nonostante anni di “scarso allenamento” di cui ci aveva parlato Marco Ricotti continua comunque a contraddistinguere il nostro Paese.

Il problema più grande, semmai, è il consenso sociale che dopo la paura legata agli incidenti di Chernobyl e Fukushima e i due «no» dei referendum del 1987 e del 2011 sarebbe eventualmente da riconquistare.

Mentre l’Italia valuta come e cosa fare in fatto di atomo, nel frattempo l’Europa si muove. Non solo con la famosa alleanza nucleare guidata dalla Francia e a cui il nostro Paese ha partecipato, per ora, solamente come «osservatore».

È di poche ore fa, infatti, l’annuncio dell’accordo raggiunto tra i paesi Ue sulla riforma del mercato elettrico.

Dopo quattro mesi di stallo, dovuti allo staccamento tra il nucleare voluto dai francesi e le rinnovabili supportare dalla Germania, è stato finalmente trovato l’accordo per designare i contratti per differenza a due vie, con lo Stato a versare la differenza ai privati quando il prezzo è basso e viceversa quando il prezzo dell'energia è alto, come il modello obbligatorio di contratto quando sono coinvolti fondi pubblici.

Il risultato è, appunto, un compromesso un mix di investimenti in nuovi impianti di produzione di energia basati sull’eolico, sul solare, sulla geotermica, sull’idroelettrica senza serbatoio e, appunto, sul nucleare.

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