Oscar 2024, Barbie e Oppenheimer sono la prova che abbiamo voglia di complessità, anche se a volte ancora solo al cinema

La complessità, secondo noi, è il minimo comun denominatore del fenomeno “Barbenheimer”, il successo che ha visto Barbie e Oppenheimer rientrare tra i film più visti del 2023 a livello mondiale. Entrambi hanno analizzato con occhio critico e nuovo due argomenti già molto noti come la bomba atomica e la bambola più famosa di sempre, rendendoli più complessi di come li conoscevamo. Ma uno dei due, purtroppo, non ha ricevuto riconoscenze agli Oscar 2024.
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Kevin Ben Alì Zinati 11 Marzo 2024

(Questo articolo è stato scritto a quattro mani con Evelyn Novello, che ha curato la parte di ricerca e analisi dedicata a Barbie) 

Abbiamo voglia di una società nuova, diversa. Sicuramente la vogliamo vedere al cinema, che da sempre ha la potenzialità di dar voce al cambiamento.

Questo desiderio è certificato da quanto appena accaduto ai premi Oscar 2024, dove Barbie e Oppenheimer sono stati protagonisti, anche se in modi diversi.

Le pellicole di Greta Gerwig e Christopher Nolan, a nostro parere, hanno dimostrato che non abbiamo più voglia di una narrazione stereotipata, dicotomica, figlia di una retorica (americana…) ormai anacronistica, così come ci sta ormai sempre più stretta una società esclusivamente uomo-centrica e maschilista, in cui le donne sono relegate al ruolo di statuine.

I due film hanno sfruttato il potere-ruolo del cinema per fare cultura, anzi educazione. Essi rivisitano due tematiche ampiamente note, la bomba atomica e un giocattolo simbolo di generazioni, presentandole però in un’ottica diversa.

I due argomenti sono culturalmente settorializzati: per "tradizione", Barbie è legata alle donne e il mondo della scienza e della guerra agli uomini ma la novità è stata condire le due aree con elementi a loro estranei dando così una rilettura in chiave più contemporanea, conseguenza di una mentalità innovativa del pubblico a cui vogliano parlare e di cui si fanno portavoci.

In questo caso, quindi, le sfumature psicologiche e morali hanno pervaso il personaggio di Oppenheimer mentre le tematiche socioculturali di genere si sono affiancate all’universo di Barbie. Il risultato è stato un accostamento di storia ed emotività da una parte, lotte civili e giocattoli dall’altra, che ha sbancato. Ha convinto.

Oppenheimer ha fatto incetta di Oscar, conquistandone ben 7 su 13 candidature (incluse miglior film, regia, attore protagonista e non protagonista). E Barbie? Solo uno, e neanche quello che ci aspettavamo.

Quanto accaduto al Dolby Theatre di Los Angeles, insomma, ci ha dimostrato anche che quando c'è da mettere in pratica questo mondo più complesso è ancora troppo facile inciampare. Come se quella voglia di una società diversa potesse esistere solamente confinata dentro una sala cinematografica, racchiusa in un tempo sospeso di una, due, tre ore e niente di più.

Le buone intenzioni ci sono, ce le raccontiamo da anni, ma qualche volta continuiamo comunque a poggiare i piedi sulle tante bucce delle banane che abbiamo lasciato per strada. E quando si cade in corsa, la botta fa un po’ più male.

Il riferimento, come avrai intuito, è la mancata candidatura all’ambita statuetta per Margot Robbie, opposta invece a quella del collega Ryan Gosling e più in generale a un senso di trascuratezza verso la pellicola dedicata alla bambola giocattolo più famosa del mondo.

La complessità di Oppenheimer…

Uscito nelle sale con una tempistica sinistramente azzeccata (e involontaria), all’indomani della guerra tra Russia e Ucraina e in anticipo di qualche mese sul terribile scontro Israele-Palestina, Oppenheimer è un film impegnato e impegnativo che consegna agli spettatori un messaggio forte e profondo.

Rievocando la costruzione della prima bomba atomica e il percorso che portò l'umanità a conquistare il potere di autodistruggersi, siamo convinti che Nolan voglia aiutare a ricordare che la storia dell’uomo la fa solamente l’uomo e che la scienza può e deve avere un ruolo nella conquista della pace.

Cillian Murphy ha vinto l’Oscar 2024 per la sua interpretazione in Oppenheimer, dove ha prestato occhi e volto al noto fisico statunitense.

Senza mancare di strizzare l’occhio all’entertainment hollywoodiano, il film però supera un’altra asticella altissima. Nolan ha portato sul grande schermo tre ore dense e dialoghi sofisticati, ricchi di riferimenti, nomi e rimandi imprescindibili per una completa comprensione della storia.

Ha costruito una struttura narrativa su più livelli temporali e psicologici mescolati tra loro in una racconto quasi labirintico e alternando l’immagine a colori e il bianco e nero ha guidato lo spettatore rispettivamente dentro la realtà soggettiva di Oppenheimer e quella più oggettiva e storica attribuita alla visione del suo avversario: Lewis Strauss interpretato da Robert Downey Jr.? Il maccartismo? L'individualismo stesso della società?.

Christopher Nolan ed Emma Thomas hanno vinto l’Oscar 2024 per Oppenheimer, premiato come Miglior Film.

Il regista inglese ha chiamato lo spettatore a uno sforzo, gli ha chiesto di fare “fatica” per tenere il passo della complessità della storia a cui sta assistendo perché la realtà che vive non è così semplice come ce la raccontano.

Non lo è il nostro rapporto con la scienza e con il mondo atomico, anch'esso intriso di ambivalenza. Da Hiroshima e Nagasaki siamo passati alle centrali nucleari per alimentare intere città e soddisfare il fabbisogno energetico di interi Paesi (pensa alla vicina Francia).

Il rafforzamento del sistema sanitario globale con le tecniche di medicina nucleare ha fatto i conti con i disastri di Chernobyl e Fukushima e oggi trema di fronte al fantasma di un conflitto nucleare. Accettando l'impotenza univoca delle fonti rinnovabili contro l'avanzamento dei cambiamenti climatici, abbiamo smorzato l‘effetto indignazione tipico della narrazione moderna sul nucleare per lasciare spazio alla rivalutazione del suo potenziale ruolo di alleato alla transizione energetica.

J. Robert Oppenheimer fu il capo del Progetto Manhattan per lo sviluppo della bomba atomica statunitense. Photo Credit: Wikipedia.

Gli ultimi tre anni di emergenza sanitaria globale che ci costretto tutti a fare i conti con quelle cose che spesso tendiamo a sottovalutare – paura, senso di responsabilità, rischi e conseguenze di ogni nostra singola azione, rapporto con quella scienza – hanno suggerito a Nolan che il mondo aveva imparato la lezione, addirittura masticandola e digerendola.

Siamo arrivati a pretendere qualcosa di più da noi stessi, dalla cultura, dalla società e anche dai film e il miliardo di dollari al botteghino e le 7 statuette gli hanno dato ragione.

L’uomo e la Storia vivono di incertezze e dubbi, di ambivalenza e tridimensionalità ed è impossibile e ingiusto, limitato e rischioso ridurre la loro narrazione a una semplicistica lotta tra «bene o male», «giusto o sbagliato», «buoni o cattivi».

Anche Robert Downey Jr. ha ricevuto la statuetta per la sua performance nel film.

J. Robert Oppenheimer ha vissuto ingabbiato in un paradosso morale struggente dove concetti come «bene o male», «colpevole o innocente» si erano ormai impastati in un groviglio indecifrabile. Attraverso i suoi occhi, Nolan ha ridato vita al gigantesco dilemma che permeò la nascita della bomba atomica e lacerò la scienza e la politica, i fisici e gli uomini.

Ha portato sullo schermo, in maniera magistrale, quella spaccatura morale che lo stesso Oppenheimer visse e patì e che cristallizzò in una frase: «I fisici hanno conosciuto il peccato, e questa è una conoscenza che non possono perdere».

Emily Blunt interpreta Kitty, la moglie del fisico statunitense. Anche per lei è arrivata la candidatura agli Oscar a la statuetta per la miglior attrice non protagonista è andata a Da’Vine Joy Randolph per "The Holdovers – Lezioni di vita".

Oppenheimer è un film capace di arricchire con autorevolezza (la consulenza scientifica nei film di Nolan è una presenza constante) ciò che sui libri di testo è raccontato in termini di mera cronaca nozionistica – cos’era il progetto Manhattan, chi lo guidò, quali furono le sue conseguenze – e per questo crediamo possa diventare uno di quei film da mostrare a scuola.

Perché abbiamo bisogno di ricordarci un'altra cosa: le sfumature di cui siamo fatti. Non dobbiamo scordarcele se vogliamo interpretare correttamente il passato, giocare bene il presente e orientare meglio il futuro.

…e la complessità (snobbata) di Barbie

Tra casette e auto rosa, accessori pacchiani e imponenti feste da ballo improvvisate, Barbie è il connubio perfetto tra il caro vecchio ricordo delle bambole che tutte amavamo e una critica non troppo nascosta alla società d’oggi. In una prima lettura Barbie sembra un film di una superficialità quasi ridondante ma è in tutta questa apparenza ostentata che si nasconde la forza del suo messaggio: non solo il patriarcato è ovunque e impregna qualsiasi nostra idea e azione, ma è così insito in noi che nemmeno ce ne rendiamo conto.

È paradossalmente la protagonista, Barbie stereotipo – alias Margot Robbie – che all’improvviso si ritrova catapultata da Barbieland, un villaggio in cui vige una politica matriarcale, al nostro mondo reale, in cui ai tavoli dei piani più alti delle aziende siedono solo uomini. Barbie non solo si sente spaesata, ma si ritrova a subire catcalling e a non essere mai presa sul serio, mentre Ken scopre cosa vuol dire contare qualcosa solo per il fatto di essere uomo.

Margot Robbie
Margot Robbie – alias Barbie stereotipo – è la protagonista di Barbie il film

Può sembrare una banalità ma il messaggio è molto più complesso. È un palese e feroce rimprovero alle leggi non scritte a cui ci ha abituato la cultura, così come la presa di coscienza della necessità di un cambio di rotta. Questo sbalordisce per un film pensato per essere un blockbuster, destinato quindi al grande pubblico che spesso non ha voglia di sentirsi giudicato mentre sta fruendo di un mezzo di intrattenimento.

Immaginare un personaggio così stereotipato come Barbie comunicare un messaggio di così scottante attualità come la disparità di genere ha fatto sì che quella fetta di pubblico già fan di Barbie ne rimanesse sbalordito, e chi invece già snobbava il personaggio ne restasse indignato, incapace di accettare che quella critica potesse arrivare, semplicemente, da una bambola. A mio avviso, il problema di questa seconda fetta di pubblico è che forse non si indigna abbastanza per il mondo in cui viviamo.

Oscar 2024
La regista Greta Gerwig e l’attrice Margot Robbie alla cerimonia degli Oscar 2024

Nonostante questo, nonostante l’incredibile successo per biglietti venduti in tutto il mondo, né la regista Greta Gerwig né la protagonista Margot Robbie sono state candidate agli Oscar, se non la prima per la sceneggiatura e la seconda per la produzione. Candidati solo gli attori non protagonisti Ryan Gosling e America Ferrera, premio che alla fine non hanno ricevuto.

Se consideriamo Ken, sostanzialmente, il co-protagonista, capiamo subito come l’unico da aver ottenuto, almeno, una nomination per un ruolo principale sia stato proprio Gosling. Quel Ken che, come si ripete spesso nel film, senza Barbie non esiste, se non nel mondo reale, dove, appunto, ha potere solo per merito del genere a cui appartiene.

Ryan Gosling Oscar 2024
Ryan Gosling era candidato agli Oscar 2024 come Miglior personaggio non protagonista

La mancata candidatura di Robbie e Gerwig significa, ancora una volta, non voler ammettere che le donne possono essere valide non solo a livello creativo ma anche in un'ottica economica, proprio perché trattasi delle persone che hanno reso questo film il successo che è stato. Che l'Academy sia al centro di critiche meritate per questioni legate alla diversità non è cosa nuova, anzi. Uno studio del 2020 dell'Emerson College ha rilevato che i vincitori della categoria Miglior film hanno quasi il doppio delle probabilità di avere attori protagonisti maschi.

D'altra parte, questo è dimostrato anche dalle candidature come Miglior film straniero in cui, per l’Italia, compare “Io Capitano” di Matteo Garrone ma non “C’è ancora domani” di Paola Cortellesi. Guarda caso, un altro inno al femminismo e all'emancipazione femminile.

È vero: Barbie e Oppenheimer sono la prova che apprezziamo la sfumature della complessità. A volte però (ancora) solo al cinema.