Anche la Spagna dice addio al nucleare: qual è la posizione dell’Italia e dell’Europa

Il Consiglio dei ministri spagnolo ha approvato il nuovo piano generale per la gestione dei residui radioattivi e ha anche stabilito la definitiva uscita dalla propria era atomica entro il 2035. La Spagna entra così nel gruppo di paesi “contro” l’atomo, a differenza di nazioni come la Francia che invece si impegnerà per triplicare la produzione di energia elettrica dalle proprie centrali? L’Italia intanto investe sulle nuove tecnologie di IV generazione.
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Kevin Ben Alì Zinati 29 Dicembre 2023

La Spagna ha deciso ed è pronta a dire addio al nucleare.

Il Consiglio dei ministri, mercoledì 27 dicembre 2023, ha approvato il nuovo piano generale per la gestione dei residui radioattivi e stabilendo dove verranno stoccati i rifiuti nucleari dopo quasi otto anni di discussioni e rinvii, ha anche optato per la definitiva uscita dalla propria era atomica.

Ad oggi la Spagna è uno di quei paesi che, come la vicina Francia, soddisfa parte del proprio fabbisogno elettrico – circa un quinto – grazie alle attività delle proprie sette centrali nucleari, aperte nella seconda metà degli anni Ottanta.

Ora però il Governo del primo ministro socialista Pedro Sánchez spinge per il cambio di rotta entro il 2035, quando dunque la rete elettrica nel paese dovrà essere alimentata da fonti di energia rinnovabili.

Il piano prevede l’inizio dei lavori di pensionamento dei siti nucleari, il cosiddetto decomissioning, a partire dal novembre del 2027 con i due reattori di Almaraz, in Estremadura e a seguire con quelli di Cofrentes (vicino a Valencia), Trillo (Guadalajara), Ascó e Vandellós (entrambe vicine a Tarragona). Dopo 40 anni di vita utile, la Spagna spegne l’atomo insomma.

Osservando quando accade a qualche migliaio di chilometri più in là, ti stari domandando che cosa stia facendo l’Italia sul fronte nucleare e, più in generale, come si stia comportando l’Europa.

Da diversi anni, infatti, il potenziale ruolo dell’atomo nella transizione energetica è al centro di conferenze e discussioni internazionali determinate a vagliare tutti gli alleati possibili a una crisi climatica sempre più rapida, inarrestabile e vicina.

A livello europeo, parlare di nucleare significa osservare uno scacchiere ancora diviso in fazioni. Da un lato c’è il fronte del «» guidato dalla Francia e dai suoi oltre 50 reattori attivi e responsabili di qualcosa come il 70% dell’energia elettrica fornita al Paese.

Non a caso, il Governo di Emmanuel Macron si trova alla guida di quella famosa alleanza nucleare europea e a cui l’Italia, al momento, avrebbe partecipato solo come «paese osservatore».

Alla Francia devi aggiungere la Polonia, pronta a dare avvio ai lavori per la propria prima centrale nucleare nel 2026, la Bulgaria (che di reattori attivi ne possiede 2), la Finlandia (5), i Paesi Bassi (1), la Romania (2), la Repubblica Ceca (6), la Slovacchia (5), la Slovenia (1, in condivisione con la Croazia), la Svezia (6) e l’Ungheria (4).

Molti di questi paesi, tra l’altro, sono anche tra i firmatari di quell’accordo firmato durante la Cop28 di Dubai in cui si rafforza l’impegno per triplicare la capacità di produzione di energia nucleare globale entro il 2050.

Sullo sfondo, non devi dimenticare che nel 2022 la Commissione europea ha definitivamente approvato la tassonomia per la finanza sostenibile: l’elenco delle fonti energetiche che possono essere sostenute con risorse nazionali e comunitarie perché meritevoli dell’etichetta «green».

Un tentativo per spingere l’atomo che a detta di molti, come l’Eurodeputata e co-portavoce nazionale di Europa Verde Eleonora Evi, non appare sempre chiarissimo e trasparente.

E in Italia? Come avrai sentito, il nucleare sta gradualmente diventando un’opzione energetica sempre più concreta. Lo scorso ottobre, infatti, Giorgia Meloni aveva anche incontrato Rafael Mariano Grossi, direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica per parlare anche del possibile ritorno del nucleare a scopi civili per produrre energia.

In quell’incontro era emersa chiara l’intenzione del Governo italiano di provare a (ri)dare al nucleare un ruolo nella transizione energetica a cui siamo chiamati.

Una direzione sottolineata non solo dagli investimenti nella ricerca dedicata alla fusione o allo sviluppo di tecnologie di IV generazione come gli Smr e i microreattori, ovvero strutture facilmente adattabili alle necessità concrete di azienda o data center.

Importante, in questo senso, è anche la cosiddetta piattaforma per il nucleare sostenibile, un organismo che mette al tavolo enti pubblici di ricerca, associazioni scientifiche e soggetti statali al fine di definire tempi e progetti per la possibile ripresa dell’utilizzo dell’energia nucleare in Italia.

La Spagna rappresenta invece la new entry nel gruppo di paesi che, al contrario, non credono nel ruolo del nucleare nella lotta alla crisi climatica. «Capogruppo» di questa frangia dell’Europa è invece la Germania, che lo scorso aprile ha staccato la spina ai suoi ultimi tre reattori.

Fonte | Miteco