Nel totonomi del nuovo Governo c’è da trovare anche il prossimo ministro della Salute: che eredità lascia Speranza?

Designato nel 2019, Roberto Speranza non sarà il prossimo ministro della Salute. Mentre continuano le trattative per la formazione del nuovo esecutivo abbiamo provato a fare un bilancio dei suoi 3 anni di mandato caratterizzato dalla pandemia, i finanziamenti per il sistema sanitario nazionale e la sanità territoriale e la concretizzazione dei primi passi del Pnrr.
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Kevin Ben Alì Zinati 11 Ottobre 2022
* ultima modifica il 12/10/2022

“Bisogna cercare di fare presto aveva detto Giorgia Meloni ormai qualche giorno fa a proposito delle tempistiche per la formazione del nuovo governo.

Quella appena iniziata potrebbe però diventare la settimana decisiva: alla fine di questi sette giorni di trattative, patti e incastri dovremmo (intra)vedere infatti che forma avranno il prossimo parlamento e soprattutto il prossimo esecutivo.

Tra i tanti, da trovare ci sarà anche il nuovo inquilino del ministero della Salute, che dovrà dunque raccogliere l’eredità di Roberto Speranza, destinato all’addio dopo 3 anni di mandato.

Il totonomi per la Salute si gioca sul dubbio se scegliere una figura politica o tecnica. Negli scorsi giorni si era fatto con insistenza il nome di Alberto Zangirllo, primario del San Raffaele e medico di personale di Silvio Berlusconi, che però si è presto defilato (“il mio no è definitivo” ha detto) sponsorizzando invece Guido Bertolaso, l’ex capo della Protezione civile.

Altri potenziali “candidati” sono Francesco Rocca, presidente della Croce rossa e Licia Ronzulli, parlamentare di Forza Italia.

Designato Ministro della salute della Repubblica Italiana dal 2019, Speranza è dunque pronto a salutare ma è comunque destinato ad anatrare nella storia per la gestione – positiva o negativa lo vedremo in seguito – della pandemia da Covid-19: la più grande emergenza sanitaria globale del nostro tempo.

Ma il suo mandato non può riassumersi solo in Sars-CoV-2. Perciò abbiamo provato a fare un bilancio del suo ministero tra finanziamenti mirati al potenziamento del sistema sanitario nazionale al rafforzamento della sanità territoriale fino alla concretizzazione dei primi passi del Pnrr.

La pandemia

Diciamo subito che l’Italia, come praticamente il resto del mondo, non aveva da parte un piano strategico e strutturato per la gestione un’emergenza sanitaria globale come la pandemia di Covid-19. Una mancanza gravissima che è stata – forse – un po’ lo specchio dello scarso ascolto (o fiducia?) verso la scienza.

Da anni, se non decenni, conoscevamo i rischi e la globalizzazione e l’espansione incontrollata per sfruttare ogni centimetro disponibile del Pianeta hanno così spinto l’uomo a sconfinamenti in ambienti e spazi “stranieri” e dominati da specie animali «sconosciuti».

I due mondi – uomo e animale – sono inevitabilmente finiti per incrociarsi, esponendo il primo a un aumentato rischio di spillover e zoonosi.

Non a caso già nel 2012, parlando di «Next Big One», la nuova grande emergenza, qualcuno si chiedeva se sarebbe stata causata da un virus e se si sarebbe manifestata in un mercato cittadino della Cine meridionale. Una riflessione che oggi, a posteriori, suona come una macabra profezia che tuttavia ha messo in mostra le fragilità di un mondo ceco e sordo.

Spalle al muro, ci siamo trovati dunque a gestire una crisi che non sapevamo nemmeno da che parte cominciasse. E Roberto Speranza, designato solo un anno prima al ministero della Salute dal Governo di Giuseppe Conte, si è di fatto trovato in prima linea con una difesa tutta da inventare.

Per arrestare la diffusione del virus e dare ossigeno al sistema sanitario il Governo ha messo in campo misure straordinarie come l’incremento del livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard (1.410 milioni di euro per il 2020) l’acquisto di impianti e attrezzature specificamente indirizzati alla cura dei positivi, il potenziamento dei reparti ospedalieri di terapia intensiva, soprattutto nelle regioni più colpite e l’allestimento di presidi sanitari temporanei.

Sono stati anni terribili, gli ultimi tre, ma alla lunga ha funzionato. Oggi, ottobre 2022, siamo fortunatamente arrivati a una convivenza virtuosa con il virus. Da più di 6 mesi ormai è caduto lo Stato di Emergenza e gradualmente sono state eliminate praticamente tutte le misure di precauzione e le limitazioni.

A fine settembre non è stato prorogato nemmeno l’obbligo di indossare la mascherina sui mezzi di trasporto pubblici: resterà necessario solo negli ospedali e all’interno di strutture sanitarie fino alla fine del mese, a meno che il nuovo esecutivo non prenda una decisione diversa.

Certo: a questo equilibrio non ci siamo arrivati senza fatiche, sacrifici, errori e difficoltà. La normalità è costata. Per esempio: ricordi il drammatico caos dovuto ai ritardi nelle diagnosi e nelle prestazioni sanitarie? Il Covid ha finito per rallentare gli accessi alle terapie oncologiche e agli screening fino al meccanismo di donazioni di sangue.

Abbiamo vissuto un sistema ingolfatissimo dove tutto ciò che non era Covid sembra fosse stato dimenticato e messo in secondo piano. Il peso di quei ritardi in parte lo stiamo pagando ancora.

Se oggi però ci siamo ripresi la normalità gran parte del merito è della campagna di vaccinazione. L’investimento sull’acquisto dei vaccini è stato importante – secondo gli esperti dell’Altems della Facoltà di Economia dell'Università Cattolica a febbraio la spesa si aggirava intorno ai 3,2 miliardi di euro – e la forte spinta del Governo ha portato oggi a superare il 90% degli over12 vaccinati con prima e seconda dose e a oltre l’84% con la terza.

Non possiamo però dimenticare le incertezze organizzative che hanno contraddistinto l’avvio della campagna e, soprattutto, la mancanza di una comunicazione univoca e chiara. Comunicare una crisi non è cosa facile, anzi, ma le parole del Governo e dei suoi esponenti hanno spesso finito per accentuare le divisioni piuttosto che sanarle.

Il Pnrr e la sanità italiana

Negli oltre 220 miliardi di euro previsti dal Pnrr e il Fondo complementare, ben 18,5 miliardi sono stati indirizzati alla «Salute» con l’obiettivo di “rafforzare la prevenzione e i servizi sanitari sul territorio, modernizzare e digitalizzare il sistema sanitario e garantire equità di accesso alle cure”. A che punto siamo arrivati oggi?

Digitalizzazione 

Sul versante della trasformazione digitale, non deve sfuggirti lo stanziamento di oltre 610 milioni di euro per il Fascicolo Sanitario Elettronico. Di questi, 311 milioni saranno destinati al rafforzamento delle competenze digitali dei professionisti del sistema sanitario e quasi 300 milioni al potenziamento tecnologico dell’infrastruttura digitale.

Si tratta di un passo sicuramente utile che ci porta un po’ più vicini a un futuro sanitario strutturato sulle potenzialità di una vera telemedicina, su cui siamo ancora un po’ indietro.

Sanità territoriale

Il Pnrr porta con sé anche investimenti per l’assistenza di prossimità. Un rafforzamento cioè di quella rete sanitaria territoriale che, complice anche la pandemia, si trova sommersa da rallentamenti, vuoti e ritardi.

Il piano prevede un miglioramento dell’assistenza domiciliare, anche grazie alla telemedicina, e la realizzazione di nuove strutture e presidi sanitari sparsi sul territorio e in grado portare sempre più figure professionali “a casa” dei cittadini.

rapporto-medico-paziente

Un tassello fondamentale raggiunto oggi è la luce verde alla costituzione delle Case di Comunità. Te ne avevamo parlato: si tratta di ambulatori poli-specialistici al cui interno potrai trovare diverse figure professionali a disposizione sette giorni su sette.

A fronte di 2 miliardi di risorse a disposizione, l’obiettivo è quello di realizzarne almeno 1.350 entro il 2026 e oggi qualcuna è già nata, come a Milano.

Lo stesso discorso vale per i cosiddetti ospedali di comunità. Strutture sanitarie territoriali rivolte a pazienti che necessitano di “interventi sanitari a bassa intensità clinica potenzialmente erogabili a domicilio ma che necessitano di assistenza e sorveglianza sanitaria infermieristica continuativa, anche notturna, non erogabile a domicilio o in mancanza di idoneità del domicilio stesso (strutturale o familiare)”.

Ne sono previsti 400 entro il 2026, per un budget complessivo di 1 miliardo di euro.

Nei primi sei mesi del 2022 sono stati quindi adottati gli strumenti che definiscono i requisiti per queste nuove forma di assistenze. “In particolare – si legge nella relazione sullo stato d'attuazione del Pnrr del 5 ottobre 2022 – il Ministero della salute ha sottoscritto i Contratti istituzionali di sviluppo con le Regioni e le Province autonome relativi alle Case della comunità, agli Ospedali di comunità e all’assistenza domiciliare; ha inoltre approvato le linee guida contenenti il modello digitale per l'attuazione dell'assistenza domiciliare e il contratto istituzionale di sviluppo per l’ammodernamento del parco tecnologico e ospedaliero”.

Si è dato insomma il via alla ristrutturazione ma l’accelerata decisiva spetterà al nuovo esecutivo.

Il nuovo contratto per medici e infermieri

Un bel risultato ottenuto dal ministero della Salute sotto la guida di Roberto Speranza è il nuovo contratto che avranno 545 mila lavoratrici e lavoratori del comparto Sanità.

Va ammesso: la categoria era rimasta da tempo fuori dalle rivoluzioni virtuose e la pandemia altro non ha fatto che accentuare le carenze e le lacune di un sistema nevralgico indispensabile come quello sanitario.

Il nuovo contratto garantirà maggiori diritti e tutele a tutto il personale del comparto sanitario, oltre chiaramente a un incremento della retribuzione: “Per i circa 270 mila infermieri c’è una valorizzazione con aumenti tra i 146 e i 170 euro al mese. È un passo avanti importante che indica la direzione giusta” aveva spiegato Speranza in un post social.

Nei termini dell’accordo rientrerebbero anche un nuovo insieme di classificazione del personale, oltre a un nuovo sistema degli incarichi e delle indennità. Infine ricordo un altro importante obiettivo raggiunto nel contratto: la regolamentazione del lavoro agile.

Altre attività

Nell’ottica di una prevenzione collettiva e di una sanità pubblica basata sull’approccio «one health» sotto Speranza è arrivata la firma sul provvedimento per l’istituzione del Sistema Nazionale Prevenzione Salute dai rischi ambientali e climatici (il SNPS) per la salute, la prevenzione e il controllo dei rischi sanitari legati al clima.

Per la ricerca in campo sanitario, invece, è prevista l’entrata in vigore del decreto legislativo per la riorganizzazione degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (gli IRCCS). L’obiettivo è quello di migliorare la qualità e l’eccellenza del Servizio sanitario nazionale anche se secondo molti sarebbero condizioni necessarie ma non ancora sufficienti per un impianto di ricerca sanitaria sostenibile ed attrattivo.

Il precedente Cdm ha comunque approvato in maniera preliminare il decreto attuativo lo scorso 28 settembre 2022: il nuovo governo dovrà quindi portare avanti le trattative e la ricerca dell’intesa con le regioni e le Province autonome.

Nel mese di giugno il ministro Speranza aveva poi celebrato il riconoscimento dell’osteopata come una professione sanitaria e la nascita di un suo ordine professionale, a settembre ha poi firmato il decreto per istituire l’Ordine dei Fisioterapisti e la Federazione nazionale degli Ordini della professione sanitaria di fisioterapista.

Già nel mese di maggio Speranza aveva firmato il decreto per attivare il bonus psicologo mentre a settembre sono arrivate le 17.400 borse di studio in medicina finanziate in un solo anno, “il doppio delle borse di due anni prima e il triplo di tre anni prima” per contrastare l’imbuto formativo e le 900 borse di formazione aggiuntive all’anno fino al 2025 per i Medici di Medicina Generale.

I tagli

C’è qualcosa però che non ci piace. Sì, perché anche la sanità italiana subirà importanti riduzioni di fondi che dal 2023 dureranno fino al 2025.

Durante il periodo emergenziale le risorse per il Servizio Sanitario Nazionale erano infatti aumentate e da 114 miliardi siamo passati a 124: “mai prima era stato fatto un salto così in un tempo così breve” aveva spiegato Speranza. Un aumento inevitabile e necessario per gestire una crisi sanitaria senza precedenti, che ha permesso l’introduzione delle misure straordinarie di cui ti ho parlato prima.

Ora però per la sanità italiana sembra destinata a un’inversione di tendenza. La pandemia fa meno paura e il picco di risorse subirà quindi una spuntata perché già dal 2023 il Fondo sanitario si ritroverà con una dotazione  più bassa.

Nella Nota di aggiornamento al Def appena pubblicata, infatti, si legge che il ridimensionamento dovrebbe portare la spesa per la Sanità a 131,7 miliardi nel 2023 e a 128,7 miliardi nel 2024 per poi prevedere un piccolo rialzo nel 2025 fino a 129,4 miliardi.

“Si sottolinea che questa dinamica della spesa è coerente con gli andamenti medi registrati negli anni precedenti, anche per la prosecuzione degli interventi di razionalizzazione dei costi già programmati a legislazione vigente” è scritto nella relazione del Governo, dove si spiega che dopo tre anni di emergenza e una convivenza ormai equilibrata come il virus la pandemia rappresenta un costo decisamente minore.

Ecco, insomma qual è l'eredita che lascia Roberto Speranza al suo successore. Un pacchetto di ritardi, traguardi raggiunti, piccoli passi avanti, qualche passo falso da cui prendere spunto e un sistema sanitario da traghettare in fretta nel futuro.

Fonti | Pnrr Salute – Governo 

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