Intelligenza artificiale, editing genetico, app e nuovi vaccini: ecco le 11 sperimentazioni che porteranno la medicina nel futuro

La rivista Nature Medicine ha individuato 11 studi che già nel 2024 potrebbero concretamente offrire risultati promettenti per arrivare a conquistare una sanità sempre più all’avanguardia.
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Kevin Ben Alì Zinati 13 Dicembre 2023
* ultima modifica il 13/12/2023

Dalla gestione dei pazienti che arrivano in pronto soccorso alle diagnosi precoci del tumore la polmone, dallo sviluppo di vaccini per emergenza sanitarie come HIV e malaria fino alle applicazioni dell’editing genetico nel melanoma e al trattamento della salute mentale dei più piccoli.

Per arrivare a mettere un piede nel futuro della medicina non basta una sola strada: secondo Nature Medicine ce ne sono ben 11.

Come di consueto per la fine dell’anno, la prestigiosa rivista ha infatti puntato i riflettori su quelle che nei prossimi dodici mesi potrebbe essere le sperimentazioni già promettenti per una sanità sempre più all’avanguardia.

Il ruolo dell’Intelligenza Artificiale

Parlare di futuro significa sicuramente parlare di intelligenza artificiale. Diversi gruppi di ricerca ne stanno studiando l’utilizzo nei campi più diversi della medicina. Uno estremamente interessante riguarda i suoi potenziali benefici nel prevedere il rischio di mortalità entro 31 giorni per i pazienti che si presentano al pronto soccorso.

Sai bene che quando ti presenti in PS, in base alla tua condizione ti viene assegnato un codice di rischio clinico, che va da un punteggio basso fino a uno alto per i casi più gravi: identificare i pazienti più a rischio è fondamentale per il processo decisionale per la cura ma spesso succede che questi sistemi di triage non funzionano come dovrebbero.

Per la maggior parte di questi punteggi di rischio, infatti è stata valutata l’efficacia da un punto di vista diagnostico ma non ci si è mai concentrati sull’effettivo impatto clinico.

Il Maastricht University Medical Center ha quindi sviluppato un nuovo punteggio di rischio clinico, chiamato Riskindex, che sfrutta l’intelligenza artificiale per prevedere il rischio di mortalità a 31 giorni dei pazienti del pronto soccorso.

Sviluppato e valutato in quattro ospedali olandesi con dati prelevati da 266.327 persone e 7,1 milioni di risultati di laboratorio disponibili, lo studio ha lo scopo di determinare l’accuratezza diagnostica e, appunto, l’impatto effettivo dal punto di vista clinico del Riskindex.

L’IA è al centro anche di un altro studio, questa volta di origini inglese, che ha coinvolto 150mila pazienti in sei ospedali nel Regno Unito per provare a capire se modelli di intelligenza artificiale possano effettivamente aiutare a diagnosticare in anticipo il tumore ai polmoni, che in Italia rappresenta il 15% di tutte le diagnosi di tumore negli uomini e il 6% nelle donne.

Riuscirci può davvero salvare vite umane: il problema, tuttavia, è che tre quarti delle masse cancerose viene scoperta tardi, quando la malattia si trova già allo stadio 3 o 4.

Lo studio inglese vuole quindi provare ad applicare l’intelligenza artificiale alle radiografie del torace non appena vengono eseguite su un paziente per provare a capire se possibile ridurre il tempo necessario per una TAC e dunque il tempo per la diagnosi.

A proposito di tumore del polmone, un altro studio chiamato “4-In The Long Run”) sta cercando di verificare, attraverso un database di relativi a 26mila persone, se effettuare una TC di screening ogni 2 anni (con meno effetti sui pazienti e meno costi) è efficace nel prevenire le morti per cancro quanto i test annuali: diversi studi, infaatti, serbano suggerirlo.

Affidarsi all’editing genetico

Quello che è stato ribattezzato come il “taglia e cuci” del Dna potrebbe avere – e già ha – diverse applicazioni concrete nel trattamento di varie patologie.

Lo studio Heart-1 è il primo a livello globale condotto sull’uomo che vuole indagare se l’editing della base del DNA in vivo ha il potenziale per contrastare l’ipercolesterolemia familiare eterozigote.

Si tratta di una delle condizioni genetiche ereditarie più comuni che sappiamo essere provocata da mutazioni a carico del gene PCSK9, responsabile della scomposizione dei recettori delle lipoproteine a bassa densità (LDL), il famoso colesterolo cattivo da cui dipende l’insorgenza della malattia.

Le statine oggi possono ridurre il rischio di malattie cardiovascolari in questi pazienti ma la terapia cronica non raggiunge livelli ottimali di colesterolo LDL.

La scienza sta quindi lavorando a VERVE-101, un medicinale sperimentale progettato come trattamento a ciclo unico per modificare le basi di PCSK9 nel fegato, inattivarlo e ridurre così il colesterolo LDL per un lungo periodo.

Vaccini, sempre e ovunque

Dopo Sars-CoV-2, oggi sentir parlare di vaccini porta con il pensiero all’HIV, l’altra grande sfida sanitaria che in diverse parti del mondo, come l’Africa, è ancora una pandemia: più “silenziosa”, forse meno chiacchierata, ma comunque grave e pesante.

L’HIV Vaccine Trials Network statunitense, l'Istituto nazionale americano per le allergie e le malattie infettive e la Fondazione Bill & Melinda Gates sono al lavoro, tra gli altri, proprio su un vaccino per prevenire l’infezione da virus dell'immunodeficienza umana.

Il loro studio multicentrico di fase 1, randomizzato, in doppio cieco e controllato con placebo comprende adulti tra i 18 e i 55 anni, in buona salute generale e senza HIV, e ha lo scopo di valutare la sicurezza, la reattogenicità e l’immunogenicità del farmaco.

Ribattezzato VIR-1388, si tratta di un vaccino vettoriale a citomegalovirus. Significa che per istruire il sistema immunitario a produrre cellule T in grado di riconoscere l'HIV e segnalare una risposta immunitaria per impedirgli di stabilire un'infezione cronica, il farmaco utilizza un vettore del citomegalovirus, una versione indebolita di questo patogeno e quindi incapace di causare malattie.

Il citomegalovirus è presente in gran parte della popolazione mondiale e la maggior parte delle persone che ci convivono non presentano sintomi: siccome il virus resta rilevabile nel corpo per tutta la vita, i ricercatori sono convinti che abbia il potenziale per aiutare il nostro organismo a trattenere il materiale vaccinale contro l’HIV e a innescare una risposta di cellule T forte, prolungata e quindi potenzialmente capace di prevenire l'acquisizione dell’HIV.

A un (altro) vaccino si sta pensando anche per migliorare le nostre difese contro la malaria, l’altro osservato speciale del Global Fund insieme alla tubercolosi e, appunto, all’HIV.

Con la malaria, il problema è che i vaccini a nostra disposizione hanno spesso un’efficacia non troppo elevata. Per questo un gruppo di ricerca dell’Università di Oxford sta lavorando a R21/Matrix-M, un nuovo tipo di vaccino che, credono, potrebbe offrire un’efficacia migliore rispetto ai farmaci già esistenti, specialmente nei bambini.

Le app per la salute mentale 

Anche in Italia abbiamo riscontrato che molte volte manca un’adeguata ed efficace assistenza sanitaria mentale, spesso legata alla mancanza di professionisti qualificati.

Questa situazione, come puoi intuire, è esasperata e particolarmente grave nei paesi a basso e medio reddito.

Il Research and Innovation for Global Health Transformation del National Institute for Health and Care Research del Regno Unito, insieme a un team dell’Università di Liverpool, ha però sviluppato un’app che consente a una donna della stessa comunità, senza esperienza precedente nel settore sanitario, di fornire un intervento basato sulla terapia cognitiva alle donne nel secondo o terzo trimestre di gravidanza colpite da una forma di depressione maggiore.

I ricercatori metteranno a confronto l’efficacia dell’app con la versione standard della terapia in presenza del programma Thinking Healthy erogata in Pakistan, con l’augurio di trovare nei dispositivi digitali facilmente accessibili ed altamente diffusi un alleato anche in questo ambito così delicato.

Staminali per il Parkinson

C’è uno studio, chiamato STEM-PD, che vuole provare a prendere di petto il morbo di Parkinson soprattutto quando in una fase ancora moderata.

E vuole farlo trapiantando neuroni dopaminergici derivati da cellule staminali embrionali umane nel cervello di pazienti di età compresa tra 50 e 75 anni con malattia di Parkinson in forma moderata.

Si tratta di un approccio importante perché è la prima volta che una terapia con cellule staminali embrionali umane viene testata nel trattamento di questa patologia neurodegenerativa.

Immunoterapia per il melanoma

Al momento diversi studi hanno confermato che le terapie neoadiuvanti, quindi somministrate prima dell’intervento chirurgico o della radioterapia in modo da massimizzare l’effetto dell’approccio terapeutico scelto, risulta molto efficace: tuttavia servono ancora delle conferme prima che possa essere considerata un’opzione standard contro il melanoma.

Lo studio internazionale di fase 3 NADINA, in aperto, randomizzato e rivolto A 420 pazienti in Australia, Europa e Stati Uniti con melanoma primario cutaneo o sconosciuto allo stadio III vuole proprio confrontare l’efficacia di ipilimumab neoadiuvante più nivolumab con quella di nivolumab adiuvante nel melanoma macroscopico in stadio III.

L’obiettivo è trovare un rimedio per quella considerevole percentuale di pazienti che va incontro a una recidiva negli anni successivi alla dissezione linfonodale terapeutica.

Contro le metastasi cerebrali dl tumore al seno

La diffusione di un tumore al seno fino al cervello, con le metastasi, rappresenta una delle più gravi conseguenze di forme avanzate di questa neoplasia, tipica soprattutto delle pazienti HER2-positivi.

Oggi la Food and Drug Administration statunitense ha approvato solamente un trattamento per questa popolazione di pazienti ma lo studio DESTINY-Breast12 vuole valutare l’efficacia e la sicurezza di trastuzumab deruxtecan. Si tratta di una combinazione anticorpo-farmaco (ADC) che prende di mira HER2

La salute mentale dei bambini

Grossa parte dell’attenzione della scienza internazionale è dedicato anche alla popolazione più piccola, specialmente quella composta da bambini allontanati dalle proprie case a causa di abusi da parte di genitori o famigliari oppure perché abbandonati.

Per questo scienziati del Regno Unito stanno lavorando per trovare metodo di assistenza sempre più efficaci e in grado di ridurre il rischio, elevato, di suicidio, disoccupazione e incarcerazione insieme a a quelli legati ai problemi di salute mentale.

Fonte | Nature Medicine

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