Un 2019 all’insegna dell’ambiente: ecco le svolte green dell’anno appena trascorso

Greta Thunberg, attivisti per l’ambiente a tempo pieno, norme a favore del clima e contro la plastica monouso, ma anche incendi e alluvioni sintomo di una situazione precaria. Per l’ambiente il 2019 è stato un anno molto particolare. La cosa certa è che ha segnato un grande cambiamento in termini di percezione ma anche di riconoscimento.
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Sara Del Dot 28 Dicembre 2019

Anche se non ti sei mai interessato di questi temi farai sicuramente fatica a negarlo: clima e ambiente sono stati tra gli argomenti decisamente più discussi nel corso dell’intero 2019, al centro del dibattito mondiale e sotto i riflettori di una collettività che si è improvvisamente riscoperta più attenta e consapevole nei confronti del Pianeta. E anche se gli sforzi fatti, le parole spese e le azioni promosse non sono ancora sufficienti, di ambiente oggi si parla eccome. E, speriamo, se ne parlerà sempre di più.

Il 2019 è infatti stato un anno caldissimo (come presto diventerà il nostro Pianeta) per quanto riguarda i temi green, raccogliendo indubbiamente il testimone di un 2018 che si era concluso con il volto di Greta Thunberg, allora soltanto una coraggiosa ragazzina di cui tutti stavano iniziando a cercare di intuire le reali intenzioni. Un anno dopo, la piccola attivista svedese è sulla copertina del Time come persona dell’anno e milioni di persone in tutto il mondo si ispirano a lei, attraverso manifestazioni pubbliche ma anche e soprattutto nelle piccole azioni quotidiane.

Ma, giunti alla fine di un 2019 particolarmente intenso, potrebbe essere arrivato il momento di tirare una linea e fare un rapido bilancio. Cosa è stato l’ambiente nell’anno appena trascorso? Cosa ha rappresentato, in che modo si è manifestato? Quali gli avvenimenti che hanno caratterizzato questi 12 mesi e quali le immagini e i momenti che, non è difficile da credere, sono destinati a fare la storia?

L’onda verde dei giovani: i Fridays for Future

Nell’agosto del 2018 “Fridays for Future” era un’espressione utilizzata da pochi, coniata dall’allora quindicenne Greta Thunberg che aveva deciso di rinunciare alla scuola ogni venerdì per protestare davanti al Parlamento svedese, cercando di convincere i politici del suo Paese ad adottare politiche più stringenti in favore della lotta ai cambiamenti climatici. Oggi con “Fridays for Future” si indica un movimento globale che coinvolge milioni e milioni di persone in tutto il mondo, persone sensibili e attive che vogliono contribuire a un cambiamento reale per salvare il Pianeta. Greta è apparsa sui media del mondo a fine 2018. Ma è nel 2019 che i FFF hanno iniziato ad appropriarsi dei Comuni italiani. Brescia, Pisa, Roma, Milano, Torino e via via tutte le città hanno iniziato a vedere le loro piazze occupate ogni venerdì da decine di adolescenti (ma anche universitari, lavoratori e pensionati) armati di cartelli e slogan per migliorare la salute della Terra. Nel corso di queste giornate le iniziative si sono moltiplicate e ai semplici slogan hanno iniziato a sostituirsi delle vere e proprie attività. Dalle lezioni in piazza, all’arte di strada, alle campagne di sensibilizzazione fino alle azioni di pulizia, le iniziative di questi gruppi sono state (e sono tuttora) tantissime, culminate nei ben quattro Climate Strike organizzati da marzo a novembre. Il primo ce lo ricordiamo tutti. Il 15 marzo 2019 milioni (milioni!!!) di persone hanno sfilato in oltre duemila città sparse in tutto il mondo (solo a Milano erano 100.000) per dire basta all’indifferenza della politica nei confronti del declino climatico in corso. Questo è accaduto anche il 24 maggio, nel corso del secondo strike, e il 27 settembre in occasione del terzo. Il 29 novembre, lo strike si è invece focalizzato sui danni ambientali del Black Friday e del consumismo compulsivo, concludendo col botto un anno di instancabili proteste. Un anno ricchissimo per questi giovani attivisti e il prossimo non potrà che essere meglio.

Greta Thunberg: persona dell’anno e simbolo per tutti

È passata dal trascorrere le mattine dei venerdì seduta da sola in una piazza svedese in compagnia soltanto del suo cartello, a viaggiare per il mondo (anche a bordo di una barca a vela che ha attraversato l’Atlantico) per presenziare a eventi mondiali e conferenze Onu, seduta accanto ai grandi leader globali. Tutto questo, in meno di un solo anno. Greta Thunberg, la ragazzina ambientalista con le trecce, affetta dalla sindrome di Asperger, con quello sguardo da alcuni giudicato un po’ freddo, molto amata ma anche tanto criticata per invidia e frustrazione (altrui), è diventata da giovane ragazzina piena di ideali ad ambasciatrice di coscienza di Amnesty International 2019 e “persona più influente del 2019”, come è stata nominata dal Time che le ha dedicato una copertina mentre si trovava alla Cop25 di Madrid.

Extinction Rebellion e la disobbedienza civile non violenta

Ma non solo Fridays for Future. Il 2019 ha visto nascere anche altri movimenti per l’ambiente, come Extinction Rebellion. Più radicali, più estremi, forse più “fisici”, gli attivisti di Extinction agiscono per la stessa causa dei giovanissimi Fridays ma con modalità diverse. Punto fondamentale del loro attivismo è infatti la disobbedienza civile non violenta, ovvero quella resistenza passiva che impone un dispiegamento di forze dell’ordine tale da risultare un costo eccessivo per l’amministrazione, obbligando la politica a prestare ascolto alle loro richieste. Nati in Inghilterra, sebbene esistano dal 2018, è nell’aprile di quest’anno che la cronaca mondiale ha iniziato davvero a prestare loro attenzione, quando per un’intera settimana migliaia di attivisti hanno bloccato i punti nevralgici della città di Londra impedendo il normale svolgimento delle attività quotidiane dei cittadini e lavoratori inglesi. A ottobre, poi, anche in Italia è stata organizzata la settimana della ribellione, anche se nel nostro Paese l’adesione a un genere di attivismo così determinato sembra andare un po’ a rilento.

L’emergenza climatica è diventata una cosa seria

La prima volta che è stato nominato il concetto di “emergenza climatica”, quest’espressione sarebbe potuta apparire a molti come una sciocchezza idealista. Nessuno avrebbe mai pensato che, una per una, per l’intero anno del 2019 centinaia di città in tutto il mondo avrebbero iniziato a dichiararla ufficialmente, per sottolineare il proprio impegno nella promozione di politiche a favore dell’ambiente. E non solo Comuni, ma anche Regioni e interi Paesi, prima tra tutti la Gran Bretagna. Da semplice espressione per indicare la presa di coscienza di una situazione drammatica, quindi, l’emergenza climatica è diventata una promessa, una promessa dedicata al Pianeta da parte dei politici del mondo, ma non solo. Questa dichiarazione è stata promossa anche da enti pubblici e privati, da diverse università e addirittura da Papa Francesco, a giugno, e dal Parlamento europeo a fine novembre. A testimoniare la sempre maggiore attenzione che non solo i cittadini ma anche tutte le realtà amministrative e istituzionali hanno nei confronti dell’ambiente c’è anche il sensibile aumento dello spazio televisivo concesso a queste tematiche dalle edizioni prime dei principali telegiornali nazionali, come emerge dal rapporto Eco-media 2019.

L’onda plastic free

Sin da quando si è iniziato a parlare seriamente di cambiamenti climatici e difesa dell’ambiente, è balzato sugli agli onori della cronaca e della preoccupazione collettiva il tema dell’inquinamento, in particolare quello da plastica che sta soffocando i mari. Quante volte nel corso di quest’anno abbiamo sentito parlare delle otto milioni di tonnellate di plastica che ogni anno vengono scaricate in fiumi e mari di tutto il mondo? Solo io avrò riportato questo dato in almeno una ventina di articoli, anche di più. Questo perché si tratta di un problema grosso, reale, che non può più essere ignorato. Non si contano più gli animali marini trovati morti lungo le coste a causa dell’incredibile quantità di plastica contenuta nei loro stomaci, e nemmeno le altre creature ferite o morte perché rimaste impigliate e ferite in attrezzi da pesca, anelli porta lattine, contenitori, fili di nylon. Nella lotta a questo problema, il 2019 è stato un anno determinante, particolarmente attivo nella promozione di un nuovo concetto che è anche e soprattutto un nuovo modo di concepire la propria quotidianità, l’amministrazione locale e le attività commerciali. Si chiama Plastic Free. In Italia, il concetto di Plastic Free è attivo già da anni all’interno di diversi esercizi commerciali che si occupano di fornire servizi di spesa sfusa o spesa al peso, rinunciando al packaging e spingendo i clienti a utilizzare contenitori riutilizzabili come borse di stoffa, scatole di latta o flaconi vuoti. Dal punto di vista politico, già nell’estate del 2018 il ministro dell’Ambiente Sergio Costa aveva lanciato la Plastic Free Challenge, sfidando le amministrazioni a rinunciare alla plastica monouso nei loro comuni. Così, poco alla volta, diverse realtà hanno iniziato a sostituire stoviglie, piatti, bicchieri e sacchetti in polietilene con alternative compostabili. Le città e le Regioni che soprattutto nel corso di quest’anno hanno deciso di aderire sono già diverse. Ma non solo le sole. L’espressione Plastic free ha infatti investito anche luoghi come Montecitorio, il Vaticano, le Università e le scuole. E anche il resto del mondo non è da meno. Tanzania, il mar Rosso, New York e tanti altri luoghi hanno compiuto scelte a difesa dell’ambiente, e così hanno fatto anche alcune realtà in cui la plastica monouso è sempre stata presente e preponderante, come ad esempio le compagnie aeree. Emirates e Air New Zealand hanno infatti dichiarato di voler eliminare i prodotti di questo genere dai loro voli, risparmiando al Pianeta migliaia di tonnellate di rifiuti all’anno. Una tendenza, questa, che segue quella già dettata da chi, da anni, ha scelto di seguire uno stile di vita “Zero Waste”, cercando di ridurre sempre di più la propria produzione di rifiuti. Una scelta individuale che, se sommata alle migliaia di altre scelte individuali, potrebbe contribuire a fare un’enorme differenza in termini ambientali.

Foreste in fiamme

Il 2019, però, non è stato caratterizzato solo da belle notizie per quanto riguarda l’ambiente. L’estate passata, infatti, il mondo è stato segnato dalle terribili immagini delle foreste dell’Amazzonia divorate dalle fiamme, quasi 7000 focolai che hanno colpito aree protette distruggendo migliaia di ettari di alberi e spazzando via la preziosa biodiversità della zona. Così è accaduto anche in Australia a novembre, dove gli incendi hanno comportato gravissimi danni colpendo in particolare le colonie di koala.

Venezia sott’acqua

E dal fuoco passiamo all’acqua, quell’acqua che a novembre ha quasi sommerso la città di Venezia arrivando a raggiungere i 187 centimetri, la seconda cifra più alta nella storia dopo l’alluvione del 1966. Questi episodi, in cui il cambiamento climatico ricopre un ruolo predominante, hanno risollevato la questione del Mose, la barriera che dovrebbe proteggere la città dai casi di acqua eccessivamente alta, e il tema dell’innalzamento del livello del mare dovuto allo scioglimento dei ghiacciai, di cui città come Venezia saranno le principali vittime.

L’ambiente in politica

Come ho già accennato con la questione Plastic Free, anche a livello di scelte istituzionali nel 2019 l’ambiente è entrato a gamba tesa. Il caso forse più noto tra tutti è quello dell’Unione Europea, che ha visto approvare definitivamente a maggio 2019 la direttiva che mette al bando a partire dal 2021 i dieci oggetti di plastica monouso maggiormente reperiti sulle spiagge comunitarie e le microplastiche nei cosmetici. La direttiva è stata adottata anticipatamente da diverse realtà tra cui l’Italia, attraverso l’adozione della già citata Plastic Free Challenge lanciata dal ministro dell’Ambiente Sergio Costa, che quest’anno si è davvero impegnato nel lanciare iniziative a favore dell’ambiente sul territorio e nel mare italiano. A questo proposito è giusto citare il decreto End of Waste per il trattamento dei rifiuti derivanti da prodotti come pannolini e assorbenti per farli diventare materia prima grazie ad appositi impianti. Ma anche SalvAmare, il decreto finalizzato a consentire ai pescatori italiani di portare a riva i rifiuti che si impigliano nelle loro reti invece di ributtarli in mare. O ancora il discusso Decreto Clima, che contiene nuove disposizioni per migliorare la viabilità dal punto di vista delle emissioni (corsie preferenziali per mezzi pubblici, scuolabus ibridi ed elettrici), incentivi per i negozi sfusi e spinta al verde urbano. Insomma, sembra che il clima e l’ambiente nel 2019 siano entrati ufficialmente e in modo concreto a far parte dell’agenza politica e speriamo che non l’abbandonino mai.